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Immagine cartografia terremoto turchia siriaUna zona ad alta pericolosità sismica quella tra la Turchia sudorientale e la Siria settentrionale dove ha avuto luogo il terribile terremoto che ha provocato migliaia di vittime.

Il terremoto che ha fatto tremare l’Anatolia, insieme a gran parte del Levante, è stato caratterizzato da oltre 30 scosse di terremoto è stato percepito fino in Groenlandia. Tre sono state di portata eccezionale: la prima di magnitudo 7.8 a Kahramanmaraş (Turchia centro-meridionale), la seconda di magnitudo 7.5 a Ekinozu (provincia turca di Elazige) e la terza di magnitudo 6.0 a Göksun (provincia di Kahramanmaraş).

Secondo quanto dichiarato dai sismologi dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), la Turchia si trova in una zona altamente sismica attraversata da numerosi sistemi di faglia: l’area interessata dal terremoto di domenica notte, è considerata a pericolosità sismica molto elevata. Infatti in quell’area ci furono precedenti tragici esempi: nel 1939, il terremoto di Erzincan (7.8 della scala Richter) che causò la morte di 33 mila persone; nel 1999 a Izmit (7.6 della scala Richter) che provocò 17 mila morti.

Lungo questa faglia - ha spiegato il sismologo Alessandro Amato dell'INGV - avviene un movimento orizzontale, ossia di tipo "trascorrente", cioè caratterizzato dallo scorrimento reciproco tra la placca anatolica, che si sposta verso Sud-ovest per effetto della collisione in atto con la placca euroasiatica, e la placca araba che si spsota verso Nord. La differenza dei moti relativi alle due placche si manifesta in un moto laterale che fa sì che tutta l'area lungo, o nelle vicinanze di questo confine tettonico. sia estreamente sismica con freuqneti scosse anche di intesità sostenuta, come quelle che si sono verificate.

Foto sismografo Inoltre quanto accaduto domenica notte non è sismologicamente significativo solo per la Turchia e la Siria ma anche a livello globale: non si è mai registrato un terremoto di queste dimensioni qui da quando abbiamo installato sismometri in tutto il mondo per il monitoraggio, dal 1900 circa. Si sono osservate anomalie nel livello del mare in tre punti, in Turchia e a Cipro che hanno fatto scattare l’allarme tsunami. Tant’è che anche l’Italia è stata interessata dall’allerta tsunami “rosso”. Alle 2:26, ora italiana, di lunedì 6 novembre, il Dipartimento di Protezione Civile aveva diramato un’allerta tsunami relativo al rischio di una possibile onda di maremoto con un’altezza s.l.m. superiore a 0,5 metri e/o un run-up (la quota topografica raggiunta dall’onda durante l’inondazione) superiore a 1 metro, allerta che, per fortuna, si è chiusa senza conseguenze.

Ma oltre all’imprevedibilità della natura contro la quale non è possibile intervenire, secondo gli esperti forse se questo terremoto fosse avvenuto in un Paese dove ci sono regolamenti edilizi più severi, come in Giappone ad esempio, il danno sarebbe stato molto meno diffuso. Probabilmente alcuni edifici sarebbero comunque crollati, è comune nella maggior parte dei terremoti, ma non avremmo avuto una devastazione così diffusa. Nel 2012 il governo turco ha varato una legge per avviare un rinnovo del patrimonio edilizio, ma occorreranno anni prima che possa produrre effetti.

In breve due considerazioni sulle conseguenze dirette e indirette:

  • Si registrano (al momento) oltre 21mila morti, un numero incalcolabile di feriti e, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS), circa 23 milioni di persone potrebbero essere colpite - anche indirettamente - da questo terremoto. Tra questi, 5 milioni di persone vulnerabili. Migliaia di bambini e bambine sono all’aperto con temperature molto rigide, dormono all’aperto con la paura che la terra possa ancora tremare. Il gelo da Est sta conquistando tutti gli stati orientali europei e parte del Mediterraneo, questo rende ancora più complesso il lavoro di soccorso e di assistenza per le tantissime persone che possono ancora trovarsi intrappolate sotto le macerie. La situazione è molto diversa in Turchia rispetto alla Siria settentrionale. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA): “Le comunità siriane sono attualmente colpite contemporaneamente da un’epidemia di colera in corso e da gravi eventi invernali, tra cui forti piogge e nevicate nel fine settimana. I danni alle infrastrutture sono difficili da valutare al momento e le strade sarebbero bloccate sia in Foto terremoto siria 3Turchia che nella Siria nord-occidentale”. La croce rossa internazionale e altre Organizzazioni umanitarie stanno concentrando il loro lavoro principalmente nelle aree della Siria in cui la capacità e l’abilità delle autorità locali è significativamente inferiore a quella della Turchia. Ma la situazione in Siria è molto meno chiara a causa del conflitto in corso, soprattutto nelle aree non controllate dal governo e già prima del terremoto, nella regione c’era una grave carenza di cibo, medicine e forniture igieniche a causa del lungo conflitto. Una volta soddisfatti i bisogni più urgenti, l’azione dovrà essere rivolta alla ricostruzione delle case e delle infrastrutture danneggiate. Il governo di Ankara solo nelle prime ore dal disastro ha riportato il crollo di 2.824 edifici. Tra questi anche l’antico castello di Gaziantep, costruito dagli ittiti prima e successivamente ampliato dai romani
  • Immediatamente dopo il catastrofico terremoto che ha colpito Turchia e Siria si è assistito alla messa in moto di una imponente macchina degli aiuti internazionali. Ma quanto incidono i fattori geopolitici in questo slancio di solidarietà? Ciò che è successo in quella area del mondo non rappresenta esclusivamente un dramma umanitario: potrebbe avere, infatti, importanti conseguenze geopolitiche. Dalla risposta al sisma dipende in buona parte, secondo il Direttore della rivista Limes, Lucio Caracciolo, "l’esito delle prossime elezioni che potrebbero riconfermare Erdoğan al vertice della Repubblica Turca oppure segnare la fine del suo regno ormai ventennale. Se Erdoğan fosse spodestato dal voto popolare — ciò che fino al terremoto appariva improbabile— i riflessi sulla regione sarebbero rilevanti." La tragica notizia assume rilevanza geopolitica sia per quanto riguarda le offerte di aiuto internazionale diretto sia per quanto attiene alla conduzione delle operazioni belliche della potenza anatolica nel vicino levantino. Un primo discrimine tra i due paesi è dato dal fatto che la Turchia ha ampio accesso alle risorse necessarie per affrontare l’emergenza, mentre la Siria è teatro di guerra da quasi dodici anni ed è colpita dalle sanzioni economiche occidentali. Interessante sarà osservare se il regime sanzionatorio applicato a Damasco sarà temporaneamente alleviato per permettere anche al paese del presidente Bashar al-Asad di accedere agli aiuti internazionali e affrontare con più efficacia il dramma umanitario. Offerte di assistenza alla Turchia stanno giungendo da molti paesi, dall’Europa, dalla Russia dagli Stati Uniti, dalla Cina, dall’Ucraina, dalla Svezia a da Israele. “Ma mentre Mosca punta a convergenze tattiche con la sovrana degli Stretti, Washington – scrive Caracciolo - vuole mostrare vicinanza all’ondivago alleato della Nato. Anche Kiev si è detta pronta ad aiutare Ankara, sebbene il proprio paese sia devastato da una guerra e gli aiuti difficilmente potranno essere erogati. D’altronde, le autorità ucraine vogliono mostrare gratitudine per le armi fornite dal partner anatolico e continuare ad avervi accesso. Particolarmente interessante è l’immediata offerta di aiuto di Stoccolma ad Ankara. La Svezia si augura che un intervento umanitario possa far superare i recenti attriti diplomatici e far decadere il veto della Turchia all’ingresso del paese scandinavo nell’Alleanza Atlantica. La diffusa devastazione prodotta dalla sequenza sismica nella Turchia orientale e in Siria potrebbe mettere in pausa l’assertività militare di Ankara, che certamente sarà assorbita dal problema degli sfollati interni e della necessaria ricostruzione.”

Immagine EMERGENZA TERREMOTO 2023 2 2048x1152Si spera che la devastazione causata dal sisma possa essere colta come una lezione per tutti i Paesi, per imparare a gestire meglio fenomeni del genere in futuro. Ci si dovrà interrogare come costruire edifici in condizioni di sicurezza e con criteri e materiali sostenibili, se le linee guida per le emergenze che ogni Paese ha adottato sono corrette e se i servizi sono davvero preparati, al di là dello slancio generoso di molti volontari, ad affrontare queste emergenze.

Naturalmente, ciò che queste parole e questi numeri non dicono è il dolore e la perdita che in questo momento stanno vivendo le popolazioni. I numeri non ci raccontano la situazione di pericolo che ora, intere famiglie, devono affrontare.

Questo è il momento in cui dobbiamo unirci in solidarietà.

Per la Redazione - Serena Moriondo