È stata la prima stazione ferroviaria italiana, ma da tempo non era nient’altro che un parcheggio, in stato di incuria e degrado. Dalla società Bayard, che ne seguì la costruzione nel 1839, la stazione di Napoli al Carmine o stazione di Bayard, all’epoca costituiva il capolinea urbano del tronco Napoli-Portici, prima linea del trasporto ferroviario del nostro Paese.
Quando il 3 ottobre di quell’anno dalla stazione partì il primo treno d’Italia (nell’allora Regno delle Due Sicilie), a bordo c’era anche re Ferdinando II, che aveva caldeggiato il progetto. In città nel ’43 inaugurava anche la stazione di Porta Nolana, capolinea della ferrovia per Caserta, ma ancora nel 1860, la stazione situata in via dei Fossi, odierno corso Garibaldi, costituiva il fulcro della vita cittadina, e accolse nei suoi salottini d’attesa l’ingresso di Garibaldi a Napoli. Quando una ventina d’anni più tardi, nel 1866, debuttò la scalo di Napoli Centrale, la stazione Bayard fu declassata a impianto di servizio e l’edificio diventò officina e deposito per la Società per le Strade Ferrate Meridionali, poi Dopolavoro con annesso “teatro”. Nel corso del Novecento, la struttura avrebbe subito prima i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale (e la devastante esplosione della nave da guerra Caterina Costa nel porto di Napoli) e poi il terremoto del 1980.
Nello stesso anno la stazione fu acquistata dal Comune di Napoli, ma tutti i progetti di riqualificazione proposti non hanno mai trovato compimento tanto che nel tempo è stata ricoperta dalla vegetazione, a rischio di crolli ulteriori e oggetto di abusivismo.
Ma ora, grazie al sequestro disposto dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli su delega della Procura della Repubblica di Napoli, per impulso del gruppo intersezionale per la tutela penale dei beni culturali, per “reati di invasione di terreni ed edifici e omissione di lavori in edifici che minacciano rovina, distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito dei beni culturali”, potrebbe essere rigenerata e diventare un museo.
Con l'art.9, i padri e le madri Costituenti scelsero di investire su cultura e progresso scientifico, addirittura annoverandoli tra i principi fondamentali. Ciò perchè erano consapevoli della loro importanza come strumenti di emancipazione e motore di sviluppo per la rinascita socio-economica del Paese. Nostro compito è ora quello di non disperdere questo patrimonio.
Per la Redazione - Serena Moriondo