Hermann Flohn (1912-1997), uno dei maggiori climatologi del Novecento, già nel 1941, aveva pubblicato un articolo dal titolo “Le attività dell’uomo come fattore climatico”. Molte delle sue osservazioni, presentate a distanza di decenni, sono ancora valide e in molti casi hanno trovato piena conferma. In quel testo, per esempio, vi era correttamente delineato lo scenario di aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, allora a 345 parti per milione (ppm) mentre nel 2019 ha superato la soglia delle 415 parti per milioni a seguito dei crescenti bisogni energetici di una popolazione che contava poco più di quattro miliardi e oggi sfiora gli otto. Nel 1941 non solo non esisteva ancora l’ONU ma le nazioni non avevano ancora preso coscienza della necessità di individuare obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Nel 2015, nel GOAL 13 - LOTTA CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO dell’Agenda 2030 è indicata chiaramente la necessità di “Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze”.
Misure che, nel 2021, assumono un carattere particolarmente urgente: dopo la flessione record registrata nei mesi di lockdown, a maggio scorso si è infatti osservata una decisa ripresa dei consumi elettrici e dell’inquinamento. Questi dati rendono evidente perché il Piano per la ripresa e la resilienza (PNRR) debba essere orientato ad un forte aumento degli investimenti a favore della transizione energetica e industriale, un processo che nei prossimi tre decenni potrebbe esercitare effetti benefici sul clima e la qualità della vita, sull’occupazione, come si prefigge anche il Green Deal in Europa.
Per conseguire i nuovi obiettivi europei, come è stato indicato nel Rapporto 2020 di ASviS, è indispensabile:
- aumentare in modo considerevole gli investimenti nella transizione energetica, nell’efficienza e nel risparmio energetico, nello sviluppo delle FER e nell’autoproduzione di energia, nella elettrificazione dei trasporti passeggeri e merci, nelle tecnologie per l’idrogeno green e per la cattura e il sequestro del carbonio;
- assumere il modello circolare di economia ed effettuare investimenti nei processi e nei prodotti industriali, per prolungarne la durata, migliorarne la riparabilità e le possibilità di riuso, per renderli più facilmente riciclabili e per aumentare l’impiego di materie prime seconde;
- puntare in modo deciso sulla mobilità dolce, sull’idrogeno verde, sulle celle a combustibile per il trasporto pesante e sulle facility pubbliche e domestiche per la ricarica delle batterie, accompagnate da un programma di costruzione di stazioni di ricarica ad alta potenza. Occorre, inoltre, una ulteriore promozione del trasporto ferroviario, passeggeri e merci, e l’introduzione dell’obbligo di veicoli elettrici per la logistica merci “dell’ultimo chilometro”, anche attraverso misure che facilitino il ricambio del parco veicolare in circolazione. Per i trasporti extraurbani, invece che aumentare la rete stradale, bisogna puntare sulla manutenzione del capitale infrastrutturale già costruito. Tutto ciò anche alla luce degli effetti molto ampi in termini di economie di sistema, risparmio energetico, riduzione della mobilità delle persone prodotti dalla pratica dello smart working;
- ridefinire in chiave climatica la strategia agroalimentare secondo la proposta europea Farm to Fork per garantire la sostenibilità della produzione e la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, per promuovere un consumo alimentare sostenibile e ridurre le perdite e gli sprechi.
Per combattere la crisi climatica è utile conoscere anche quello che accade nel mondo. Sul piano internazionale, dunque, segnaliamo una notizia di rilievo che riguarda la Francia: mercoledì scorso, il tribunale amministrativo di Parigi ha emesso la sentenza nella causa intentata da un gruppo di organizzazioni non governative ambientaliste (Our Common Affair, Greenpeace, Oxfam e Nicolas Hulot Foundation) verso lo Stato francese. La sentenza è storica perché, per la prima volta, la giustizia francese riconosce che lo Stato si è dimostrato incapace di rispettare i suoi impegni per ridurre i gas serra Ci sono volute 2 milioni di firme, raccolte in meno di un mese, e una mobilitazione senza precedenti in Francia per denunciare quella che è stata definita “l’inerzia climatica” dello Stato. La sentenza afferma, infatti, che l'inazione è un atto illegale perché causa un danno ecologico.
E l’Italia come si posiziona sullo scenario internazionale? Piuttosto male: dopo rifiuti e depurazione nuove procedure di infrazione sono state avviate dalla Commissione Europea contro l’Italia in materia ambientale e, in particolare, sul superamento dei limiti di inquinanti dell’aria. Nel pacchetto d’infrazioni si legge che ”quando i valori limite dalla direttiva vengono superati, gli Stati membri sono tenuti ad adottare piani relativi alla qualità dell'aria che comprendano misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile.” I dati disponibili per l'Italia fino ad ora dimostrano il contrario tanto che, sin dal 2015, il valore limite per il PM 2,5 non è stato rispettato in diverse città della pianura padana, dove vive il 40% della popolazione italiana. Oltre 23 milioni di persone esposte al materiale particolato, un inquinante che può influire sulla funzione polmonare e causare o aggravare malattie cardiovascolari e respiratorie, infarti cardiaci e aritmie, pregiudicare il sistema nervoso centrale, il sistema riproduttivo e provocare il cancro. Dati ulteriormente confermati dal Report annuale Mal’aria di città 2021 di Legambiente: su 96 capoluoghi di provincia analizzati nel 2020 ben 35 sono andati oltre i limiti stabiliti dalla legge per la concentrazione giornaliera di polveri sottili (Pm10). Tra le città fuorilegge ci sono Torino (98 giorni di sforamenti), Venezia (88), Padova (84), Rovigo, Treviso ma anche Milano, Avellino, Cremona, Frosinone, Modena e Vicenza. Legambiente ha lanciato una petizione on line in cui sintetizza le sue richieste per città più vivibili e pulite invitando i cittadini a firmarla alla quale si affianca anche una mobilitazione social attraverso la quale chiede a tutte le persone di scattarsi un selfie in primo piano con una mascherina bianca, sulla quale scrivere il claim #noallosmog, davanti alla finestra aperta o in un luogo simbolo della propria città (statua, piazza, ecc). E di pubblicare la foto sui propri profili e pagine social taggando @Legambiente e usando gli hashtags #malaria e #noallosmog.
Prossimi appuntamenti sul tema:
- il movimento delle giovani generazioni Fridays for future, preoccupato che i fondi del Next generation UE - ancora insufficienti per le energie rinnovabili - rischino di finire alle aziende e alle attività più inquinanti o si limitino a rifinanziare vecchi progetti, ha indetto, per il 19 marzo, uno sciopero globale per il clima;
- l’Italia sarà impegnata nell’organizzazione del vertice internazionale COP 26 - la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, rimandata di un anno a causa della pandemia - che si svolgerà a Novembre in Glasgow (Scozia) e nell’evento preparatorio che si svolgerà a Milano dal 28 settembre al 2 ottobre 2021e vedrà il raduno internazionale delle giovani generazioni Youth4Climate2021: Driving Ambition;
- come Paese detenente la presidenza del G20, l’Italia ospiterà anche il vertice aRoma il 30 e 31 ottobre 2021 con il clima e l’ambiente come punti centrali dell’agenda politica.
Per la Redazione - Serena Moriondo