Ricordiamo, in premessa, che dopo 26 anni di attesa e 17 proposte finite nel nulla tre anni fa è stata annunciata la riforma per l’assistenza a 3,5 milioni di anziani non autosufficienti che vivono a casa . Finalmente a marzo la riforma ha visto la luce, ma presenta molte ombre.
L' Associazione Nuove Ri-Generazioni ha in più occasioni affrontato i temi che riguardano da vicino le persone anziane e gli aspetti critici emersi dai lavori della Commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana presieduta da Monsignor Vincenzo Paglia. Nomina voluta dall'ex ministro Speranza, a suo tempo alquanto criticata, anche dalla Consulta Bioetica, per aver posto un alto esponente del Vaticano alla guida di una commissione statale (segnaliamo, a titolo di esempio: "In Italia vi sono 2,7 milioni di anziani in grave difficotà: che novità!" del 15.10.2021; "L'obiettivo è la ricostruzione di un tessuto sociale e relazionale che porti alla felicità" del 15.03.2021).
Grazie, ora, ad una sinergia fra i progetti FAMI 2014-2020 e Spoke-5 Age-it, il 14 giugno scorso si è tenuto un dialogo interdisciplinare che vede il proprio punto di partenza nella legge delega 33/2023, la nuova legislazione del 23 marzo 2023 che mira a semplificare le attuali politiche per gli anziani e promuovere il coordinamento dell'assistenza.
Il webinar "ATTENZIONE...AL LAVORO", organizzato dal Centro di ricerca per le Aree Interne e gli Appennini (ArIA), è stata introdotto da una relazione della professoressa Luisa CORAZZA dell'Università del Molise e componente del Comitato Scientifico dell'Associazione Nuove Ri-Generazioni. Il Centro di ricerca, lo ricordiamo, mira allo sviluppo e alla conservazione delle Aree Interne. ArIA rappresenta un polo di studio, ricerca e innovazione, che grazie ad una lettura scientifica, innovativa e multidisciplinare dei fenomeni, fornisce supporto alla società civile e agli organi politici e tecnici delle amministrazioni contribuendo alla definizione degli strumenti di governance e policy territoriale.
Hanno preso parte al pannel Cecilia TOMASSINI (Università del Molise), Sara ZANIBONI (Università di Bologna), Silvia BORELLI (Università di Ferrara), William CHIAROMONTE (Università di Firenze), Riccardo SALOMONE (università di Trento). Ha concluso i lavori Madia D'ONGHIA (Università di Foggia).
Il webinar - è stato illustrato nell'introduzione - è uno dei prodotti derivanti dal progetto che l'Università del Molise porta avanti da un anno e mezzo con la Prefettura di Campobasso, che ne è capofila, progetto che si rivolge allo studio dei termini dello sfruttamento lavorativo. In questo contesto finale, i promotori si sono resi conto che uno dei temi centrali per affrontare le questioni dello sfruttamento lavorativo è quello che coinvolge anche l'ambito del lavoro di cura.
Da qui è derivato un interesse, una ricerca per questo tema e per le intersezioni che il lavoro di cura e il tema delle immigrazioni e dello sfruttamento lavorativo comportano tra loro. Questo interesse si è poi intrecciato con un altro interesse che è quello della Rivista "Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali". Per la centralità del tema che questa nuova prospettiva - introdotta dalla legge n. 33 - poteva lanciare sia sul piano del welfare sia sul piano del mercato del lavoro, alla luce delle interessanti novità, si è deciso che era opportuno promuovere un itinerario di ricerca, cioè un itinerario che nella tradizione della Rivista, portasse avanti nel corso di più volumi, una serie di analisi su questi temi. Da qui l'organizzazione del webinar, che vuole rappresentare una riflessione interdisciplinare.
A conclusione di un ricco dibattito, si è voluto ribadire il fatto che il Paese, e anche gli esperti, stanno approcciando a questo tema con notevole ritardo. Un aspetto, confermato dagli interventi che si sono succeduti, è che questo tema richiede necessariamente un approccio interdisciplinare, dove risultano essenziali l'integrazione e la prevenzione. C'è dunque una duplice prospettiva quando guardiamo alle persone anziane: l'anziano come soggetto destinatario della cura ma anche chi presta la cura verso l'anziano.
Inoltre l'anziano non è solo bisognoso di cure ma rappresenta anche una risorsa. La persona anziana può contribuire alla vita sociale, attraverso l'invecchiamento attivo, ma anche quando è ancora una lavoratrice, un lavoratore. Ci sono esperienze interessanti in sede di contrattazione collettiva: a tal proposito infatti esistono contratti aziendali che promuovono il dialogo tra senior e giovani, ad esempio, nel trasferimento delle competenze. Al lavoratore anziano deve essere data possibilità non solo di mettere a sistema le proprie competenze ma, nella logica di diverse modalità di organizzazione del lavoro, valorizzare le residue competenze, anche in termini di una maggiore attenzione al tema della sicurezza per fronteggiare le esigenze differenti di un lavoratore che ha raggiunto un'età avanzata, per esempio nella valutazione dei rischi.
E' stato segnalato che esistono delle leggi regionali che hanno individuato delle misure di promozione della persona anziana, non come soggetto bisognoso di cure ma come soggetto attivo nella società, che richiederebbero una mappatura.
Circa la dimensione della cura: il tema delle risorse - e in questo caso dell'insufficienza delle risorse messe a disposizione dalla legge delega - è molto importante. Significa dimostrare di avere (o, come nel caso del Governo in carica, di non avere) una determinata visione della società che richiede scelte politiche e investimenti; significa creare posti di lavoro con un ritorno non di breve periodo ma in prospettiva.
Le conclusioni del webinar segnalano che la legge delega manca di una visione di sistema. Non si occupa, ad esempio, di caregiver, rinviando a provvedimenti successivi e questo non è un bene perchè questi temi, come è stato più volte rimarcato nei vari interventi, non possono essere disgiunti. Parrebbe esistere un investimento serio in termini di coinvolgimento del privato ma, questa valorizzazione, potrebbe scontare non una vera integrazione ma una supplenza del pubblico. In questo momento storico, lo abbiamo visto con l'assegno di inclusione, l'offuscamento del pubblico a vantaggio dei privati parrebbe una scelta precisa.
Per quanto riguarda chi si occupa dell'assistenza, vi sono prospettive duplici: circa il lavoro retribuito, la normativa del lavoro domestico risale a metà degli anni cinquanta e richiede una riscrittura; c'è poi il tema dell'irregolarità, quando parliamo di lavoro di cura parliamo di lavoro sommerso (il lavoro domestico rappresenta, infatti, la percentuale più alta tra le casistiche del lavoro irregolare). C'è il tema dei migranti: a tal proposito, dal punto di vista sociologico, quando si esamina la situazione badanti si registra una certa tolleranza verso l'irregolarità perchè le famiglie, in una società che invecchia, hanno particolarmente bisogno di loro; se però parliamo di irregolarità tra i migranti in agricoltura il fenomeno viene denunciato come schiavismo. C'è infine il lavoro di cura volontario, che apre il problema dei tempi di lavoro e di cura, in particolare delle donne, e di mancanza di misure di welfare, che hanno pesanti ricadute anche sul piano previdenziale.
In conclusione, si segnala il tema delle professionalità e della formazione. E' emersa, nel corso dei lavori, la necessità di ripensare ai nostri ordinamenti professionali, alla formazione universitaria, alla formazione continua. Temi non più rinviabili dato che stiamo per affrontare nei prossimi decenni il fatto che la popolazione sarà composta prevalentemente da persone anziane e il nostro Paese è assolutamente impreparato ad affrontare questa realtà.
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Per la Redazione - Serena Moriondo