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Foto foresta AmazzonicaDopo 14 anni, i Paesi facenti parte della Amazon Cooperation Treaty Organization (ACTO), Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela, tornano a riunirsi per salvare la foresta Amazzonica, il polmone della Terra. 

Dopo le massicce deforestazioni durante il governo di estrema destra di Jair Bolsonaro, che aveva boicottato l'azione dell'organizzazione socio-ambientale, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva rilancia il suo impegno per fermare la devastazione operata da parte di compagnie private, con lo scopo di rilanciare politiche di sviluppo che salvaguardino la foresta  amazzonica e i 50 milioni di persone, inclusi centinaia di gruppi di indigeni, che ci vivono. Quest’ultimi, in particolare, sono stati le principali vittime delle distruzioni ambientali, spesso condotte da organizzazioni criminali e accompagnate da vari traffici illegali. 

Dal Brasile che, lo ricordiamo,  ospita circa il 60% dell'intera foresta parte una sfida globale col fine ultimo di contrastare il cambiamento climatico, che può essere affrontata solo grazie alla sconfitta delle forze conservatrici nelle ultime elezioni politiche. Ora che tutti i paesi ACTO sono guidati da governi di sinistra, ad eccezione dell’Ecuador, il progetto di salvaguardia può infatti riprendere.

Infografica tasso deforestazione Amazzonia 2009 2022Nel 2022 si stimava che circa un quinto della foresta pluviale fosse scomparso per sempre, compromettendo irreversibilmente la capacità dell’Amazzonia di assorbire anidride carbonica. Il dato è stato aggravato dal governo Bolsonaro, dal momento che dal 2019 al 2022 c’è stato un aumento del 75% delle deforestazioni medie annuali rispetto al decennio precedente, mentre le emissioni registrate nel 2020 erano aumentate del 117% rispetto al periodo 2010-2018. 

Da gennaio a luglio di quest'anno, dopo i primi provvedimenti assunti dal Governo di Lula, la deforestazione è già scesa del 42% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ma non è ancora sufficiente: ricordiamo infatti che, negli anni del governo di Bolsonaro, il Brasile, attraverso lo sfruttamento illimitato delle risorse ambientali, è diventato il primo produttore al mondo di semi di soia e il secondo di carne di manzo, prodotta in allevamenti intensivi. Due primati che hanno fatto crescere l’economia nazionale, anche se i restanti nove stati dell’Amazzonia brasiliana sono rimasti tra i più poveri di quest'area del mondo, creando enormi squilibri economici e sociali. 

Foto amazzonia incendi deforestazioneSecondo un Rapporto pubblicato a maggio dalla Banca Mondiale le gravi perdite finanziarie, le battute d'arresto sociali e la perdita di biodiversità causate dalla deforestazione nell'Amazzonia brasiliana potrebbero essere prevenute cambiando il modello di crescita del Paese e rafforzando il controllo su quell'area. il Brasile potrebbe, quindi, continuare a crescere economicamente e contemporaneamente preservare le proprie foreste, grazie a un’agricoltura più sostenibile e a un sistema produttivo non basato esclusivamente sulle materie prime e lo sfruttamento incondizionato del suolo. Secondo un altro studio, a cura del World Resource Institute, un più efficiente utilizzo del suolo, della produzione energetica, un ricorso alla bioeconomia e ad investimenti nell’agricoltura sostenibile potrebbero non solo far crescere il PIL degli stati dell’Amazzonia ma creare anche centinaia di migliaia di posti di lavoro per le popolazioni locali. Ricetta che dovrebbe essere seguita da tutti i Paesi del mondo.

Per questo la proposta che avanzerà il Brasile durante il summit è la creazione di una task force di polizia internazionale per la regione amazzonica e di un gruppo di ricerca scientifica sulla base dell’Intergovernmental panel on climate change (IPCC), l'agenzia dell’ONU che studia il surriscaldamento globale. Il summit, inoltre, rappresenta anche una prova generale per la COP30, che si terrà sempre a Belem nel 2025. Il vertice di Belem, capitale dello stato dell’Amazzonia Parà, servirà per coordinare le politiche regionali ed armonizzarle in virtù degli imminenti divieti europei di importare materie prime e prodotti derivanti dalla deforestazione.

Al vertice sono stati invitati i Paesi europei che contribuiscono economicamente al Fondo Amazzonia, il piano di finanziamenti per progetti di salvaguardia della foresta che ha recentemente incorporato anche l’Unione Europea, la Gran Bretagna e la Svizzera. Presenti anche i delegati di Congo, Repubblica democratica del Congo e Indonesia, nazioni che hanno a loro volta importanti foreste tropicali da proteggere dentro i loro confini nazionali. Il documento finale del summit sarà sottoposto all’attenzione delle Nazioni Unite e servirà come punto di discussione per le prossime riunioni internazionali sugli effetti dei cambiamenti climatici nel Pianeta. (Fonte: ISPI)

Copertina documentario deforestazione made in italySul tema è stato prodotto un documentario dal titolo "Deforestazione Made in Italy", della durata di  1h 07’, prodotto da Francesco De Augustinis. La produzione dell'inchiesta nasce da un crowdfunding che ha permesso l'uscita del reportage nel 2019, con viaggi in Italia, Europa e Brasile, per raccontare da una prospettiva inedita la forte dipendenza di molte eccellenze del Made in Italy rispetto alle commodity legate alla deforestazione tropicale. Una storia che mette in discussione il concetto di “eccellenza” - nella produzione di prodotti famosi in tutto il mondo come mobili, abbigliamento, gastronomia - indagando angoli bui di un sistema di produzione globalizzato basato sullo sfruttamento delle risorse ambientali e umane. (Per approfndire e vedere il video: QUI)

Per la Redazione - Serena Moriondo