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MAPPA UNESCO La Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, come è noto, include luoghi di un valore eccezionale per tutta l'umanità sia dal punto di vista naturalistico sia culturale.

In base alla Convenzione, l'agenzia delle Nazioni Unite (al 9 febbraio 2023) ha riconosciuto un totale di 1157 siti (900 siti culturali, 218 naturali e 39 misti) presenti in 167 Paesi del mondo.

Attualmente l'Italia con 58 siti detiene il maggior numero di riconoscimenti inclusi nella lista dei patrimoni dell'umanità. Di questi 58 siti 5 sono siti naturali (Isole Eolie, Monte San Giorgio, Dolomiti, Monte Etna, Antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa) e, nell’ambito dei rimanenti 53 siti del Patrimonio Mondiale, 8 sono paesaggi culturali: Costiera Amalfitana, Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto), Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum, Velia e la Certosa di Padula, Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia, Val d’Orcia, Ville e giardini medicei in Toscana, Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato, Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.

Il primo sito ad entrare nella lista UNESCO è stato, nel 1979, l'Arte rupestre della Valcamonica, l'ultimo nel 2021, i Portici di Bologna. Ma la situazione si sta facendo critica per quello che è considerato uno dei più bei siti al mondo: Venezia.

CARTOGRAFIA UNESCO VENEZIAQuest'anno, infatti, l'UNESCO ha nuovamente raccomandato di inserire Venezia nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo. “Il continuo sviluppo, gli impatti dei cambiamenti climatici e del turismo di massa rischiano di provocare cambiamenti irreversibili all’eccezionale valore universale” di Venezia, rileva l’Unesco attraverso il World Heritage Centre. Pertanto se ne “raccomanda l’iscrizione nell’elenco dei patrimoni dell’umanità in pericolo
Già due anni fa, era stata chiesta l’iscrizione nella cosiddetta “danger list” evitata in extremis da una serie di misure adottate per preservare la città soprattutto dopo i livelli record dell’acqua alta raggiunti nel 2019. In una sola settimana infatti, tra il 12 e il 17 novembre, la marea superò il livello di 140 cm per ben quattro volte. Tra queste misure, c’era anche la messa in funzione del sistema Mose, di cui però manca ancora il rapporto sull‘impatto ambientale. Poi, la decisione del governo di vietare l’accesso alle grandi navi nel canale San Marco per contenere il fenomeno del turismo di massa e soprattutto la promessa di varare un ambizioso piano di conservazione della città lagunare.

Secondo il World Heritage Centre dell’UNESCO si tratta, però, di provvedimenti finora insufficienti per lottare contro il deterioramento della situazione a Venezia a causa, in particolare, del turismo di massa che invade la Serenissima e dei cambiamenti climatici.
Il World Heritage Centre, ritiene, tra l’altro, che “edifici alti", che possono “avere un notevole impatto visuale negativo” sulla città lagunare, dovrebbero essere costruiti lontano dal centro di Venezia. Mentre l’aumento “del livello del mare” e altri “fenomeni meteorologici estremi” legati al riscaldamento climatico “minacciano l’integrità” del sito. Sempre secondo gli esperti, la risoluzione di questi problemi “annosi ma urgentivieneostacolata dall’assenza di una visione strategica comune globalenonché unascarsa efficacia e coordinamento” tra le autorità locali e nazionali dell’Italia.

Gli esperti del WHC ritengono che Venezia si trovi oggi di fronte a un “rischio reale” di alterazione permanente, da cui la raccomandazione di iscrivere la città lagunare nella lista dei beni in pericolo, dove affiancherebbe siti come Cirene (in Siria), Assur (in Iraq) e la città vecchia di Gerusalemme.

Foto laguna di veneziaVenezia si estende su 118 isole, In questo mare interno sorge una delle aree edificate più spettacolari del Medioevo: da Torcello, a Nord, fino a Chioggia, verso Sud, quasi ognuna delle minuscole isole vantava un insediamento, una cittadina, un villaggio di pescatori e un centro di produzione artigianale. Venezia e il suo paesaggio lagunare sono dunque il risultato di un processo dinamico che dimostra l’interazione nel tempo tra gli abitanti e l’ecosistema naturale. Quando iniziò a perdere il proprio potere sui mari, Venezia esercitò la propria influenza grazie ai suoi grandi pittori: Bellini e Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese e Tiepolo. L’intervento umano si è distinto per le elevate capacità tecniche e creative nella realizzazione di opere idrauliche e architettoniche nell’area lagunare, che hanno reso Venezia un’opera d’arte e che le hanno consentito di esercitare un’influenza notevole sullo sviluppo dell’architettura e delle arti monumentali. Nell’area mediterranea, la Laguna di Venezia rappresenta, inoltre, un esempio eccezionale di habitat semi-lacustre, reso vulnerabile da cambiamenti naturali e climatici irreversibili. In questo ecosistema interconnesso, in cui le barene (terreni fangosi ora sopra ora sotto il livello del mare) rivestono la stessa importanza delle isole, è necessario proteggere le abitazioni costruite sui pali, i villaggi dei pescatori e le risaie tanto quanto i palazzi e le chiese.
"Venezia è al tempo stesso tra le città più visitate e tra le più fragili del pianeta". (Fonte: ONU Italia)

Per questo -  a fronte dei ritardi negli interventi da parte delle Istituzioni italiane - ora saranno i 194 Stati Membri che ne fanno parte, a decidere, alla prossima riunione fissata a Ryad per il 10-25 settembre, se Venezia entrerà davvero in questa lista con il rischio che il sito, in un successivo momento, possa essere rimosso completamente dalla lista del patrimonio mondiale.

Infografica Contributi allUnescoPer capire meglio come funziona, è necessario precisare che:

  • quando assegna a un sito il titolo di “patrimonio mondiale dell’umanità”, l’UNESCO ha l’obiettivo dichiarato di preservarlo e aiutare a tramandarlo alle generazioni future. Tra i sotto-obiettivi che l’organizzazione si pone – e che i 194 stati che hanno firmato la Convenzione del 1972 hanno detto di condividere – c’è l’assistenza comune ai siti in pericolo e la cooperazione internazionale, anche sul piano di aiuti economici, nella conservazione del patrimonio culturale e naturale globale. Negli anni, il programma UNESCO ha ottenuto qualche successo di alto profilo: ha esercitato sufficiente pressione da bloccare la costruzione di un’autostrada vicino alle piramidi di Giza in Egitto, un progetto per l’estrazione del sale in un’area dedicata alle balene grigie in Messico e la proposta di creare una diga sopra alle cascate Vittoria, tra Zambia e Zimbabwe. Con i suoi fondi – versati da ogni Nazione aderente – ha assunto ranger per vari parchi nazionali, costruito centri per i visitatori, acquistato terreni e restaurato luoghi come la città vecchia di Dubrovnik in Croazia, la miniera di sale di Wieliczka in Polonia e l’antico tempio khmer di Angkor Wat in Cambogia;
  • l’opinione dell’UNESCO non è vincolante, quindi la massima leva che l’organizzazione può esercitare quando ritiene che uno dei siti della lista sia messo in pericolo da fattori come un progetto di ristrutturazione urbana particolarmente intrusivo o il cambiamento climatico, è minacciare di rimuovere il sito dalla lista. Negli ultimi cinquant’anni è accaduto tre volte: il santuario dell’Orice d’Arabia dell’Oman è stato rimosso nel 2007, dopo che anni di bracconaggio avevano estinto quasi completamente la popolazione di orici e il governo aveva ridotto il territorio del santuario del 90 per cento dopo il ritrovamento di petrolio nella regione e di trivellazioni per il gas. Nel 2009 successe lo stesso alla valle dell’Elba attorno alla città tedesca di Dresda, dopo la costruzione di un ponte attraverso il sito, molto contestato dalle associazioni ambientaliste. E nel 2020 il centro storico di Liverpool, in Inghilterra, diventò il terzo sito a perdere il titolo di patrimonio dell’umanità, dopo un progetto di riqualificazione che comportò, secondo l’UNESCO, una grave perdita di autenticità storica;
  • la designazione di alcuni siti a Patrimonio Mondiale è riuscita indiscutibilmente ad attrarre visitatori in luoghi isolati, spesso economicamente svantaggiati. Tuttavia i risultati si sono rivelati contrastanti quando si tratta di evitare che il flusso di turisti diventi un diluvio. Ad esempio, il tranquillo villaggio di Hoi An, sulla costa centrale del Vietnam, ora affronta una calca di visitatori che le sue strade strette non possono accogliere. Alcune località sono riuscite a gestire da sole l'eccessivo turismo, come Dubrovnik, in Croazia, che, sotto la pressione dell'UNESCO, ha limitato il numero di visitatori nel suo centro storico. Poi ci sono i templi cambogiani del XII secolo ad Angkor Wat, un tempo accessibili solo ai sacerdoti. I templi attiravano 22.000 visitatori all'anno quando furono inscritti come sito del Patrimonio Mondiale nel 1992. Oggi, quel numero è di cinque milioni e dovrebbe raddoppiare entro il 2025. (Angkor Wat, il più grande complesso religioso del mondo, è sacro a due fedi). Il turismo di massa ha minacciato la falda freatica della regione, che a sua volta ha messo in pericolo la stabilità dei templi stessi;
  • l'isolamento e la protezione dei siti del patrimonio mondiale da attacchi indiscriminati è al di là delle capacità dell'UNESCO. Il saccheggio e la distruzione dei tesori culturali di un paese come dimostrazione di belligeranza militare è stato fin troppo comune, da Aleppo, in Siria, a Sana'a, nello Yemen. Notoriamente e tragicamente, l'azione diplomatica dell'UNESCO non è riuscita a fermare la distruzione da parte dei talebani degli imponenti Buddha di Bamiyan in Afghanistan nel 2001.

Proteggere un singolo monumento è un'azione impegnativa ma possibile, proteggere un'area urbana tutt'altro che statica come, ad esempio, molte città storiche europee è una cosa piuttosto complicata. Di recente l’UNESCO ha minacciato di cancellare dalla lista anche il centro storico di Vienna, dove il governo locale vorrebbe costruire una pista permanente di pattinaggio sul ghiaccio: le contrattazioni sono ancora in corso.

Il tentativo di proteggere i siti storicamente importanti da conflitti militari, disastri naturali, saccheggi e, non ultimo, da pressioni economiche molto forti, continuano ad essere, per l'UNESCO, un imperativo da cui non derogare. Ma ora anche il cambiamento climatico minaccia i siti del Patrimonio Mondiale. Nel 2007 è stato pubblicato un articolo scritto da scienziati che allertavano sulle crescenti minacce in 26 diversi siti del Patrimonio Mondiale. Questi includevano ghiacciai e hotspot di biodiversità, ma anche punti di riferimento archeologici come la tentacolare città di terra preispanica a Chan Chan, in Perù, a causa delle intense precipitazioni portate da El Niño. Anche su questo fronte l'organizzazione dispone di strumenti limitati. Un esempio è la leggendaria Grande Barriera Corallina australiana, Patrimonio dell'Umanità dal 1981. L'anno scorso, l'UNESCO ha minacciato di inserire il vasto ecosistema di coralli nell'elenco dei "dei siti in pericolo" se il governo australiano non si fosse impegnato in modo più adeguato per ridurre le sue emissioni di gas serra. Dopo intense pressioni da parte degli australiani, il comitato ha rinviato la sua decisione fino alla fine del 2022. A marzo, l'UNESCO ha inviato una squadra di monitoraggio sulla barriera corallina. Sebbene il governo australiano abbia promesso circa 125 milioni di dollari per proteggere la barriera corallina, resta da vedere se l'avversione storica dell'Australia, per una politica climatica nazionale responsabile, verrà invertita.

Una constatazione finale: l'UNESCO ha avuto finora la tendenza ad avere una influenza considerevolmente maggiore nei Paesi meno ricchi, come, ad esempio, il Belize, dove la seconda barriera corallina più grande del mondo languiva nella lista dei siti in pericolo  dal 2009, fino allo scorso giugno, quando, il Comitato ha riconosciuto al piccolo Stato del Belize (377.968 abitanti) gli ingenti e innovativi sforzi per gestire meglio la sua costa. Ma per quanto imperfetto, a volte impotente e sicuramente oneroso, il programma del Patrimonio mondiale dell'ONU rimane rilevante, se non altro per il principio che sostiene, tanto semplice quanto scomodo per i Paesi più industrializzati del pianeta che non si fanno scupoli nel voler guadagnare dal patrimonio culturale e paesaggistico senza poroteggerlo adeguatamente per le generazioni future.

Link: Allegato - Unesco

 Per la Redazione - Serena Moriondo