Ogni nuova ondata di progresso tecnologico intensifica i dibattiti sull’automazione e sull’occupazione.
Il Rapporto “Gmyrek, P., Berg, J., Bescond, D. 2023. Generative AI and Jobs: A global analysis of potential ef- fects on job quantity and quality, ILO Working Paper 96” https://doi.org/10.54394/ FHEM8239, pubblicato ad agosto, valuta l’impatto dell’intelligenza artificiale generativa sulla quantità e qualità del lavoro.
I dibattiti attuali sull’intelligenza artificiale (IA) e sul lavoro - spiega lo studio - ricordano quelli dei primi anni del 1900 con l’introduzione della catena di montaggio mobile, o anche quelli degli anni ’50 e ’60, che seguirono l’introduzione dei primi computer mainframe. Anche se ci sono stati alcuni cenni agli aspetti che trattano l’alienazione che la tecnologia può portare attraverso la standardizzazione e il controllo dei processi lavorativi, nella maggior parte dei casi i dibattiti si sono concentrati su due punti di vista opposti: gli ottimisti, che vedono nella nuova tecnologia il mezzo per sollevare i lavoratori dai compiti più pesanti, e i pessimisti, che lanciano l’allarme sull’imminente minaccia ai posti di lavoro e sul rischio di disoccupazione di massa.
Ciò che è cambiato nei dibattiti tuttavia, sono le tipologie di lavoratrici e lavoratori interessati. Mentre i progressi tecnologici all’inizio, alla metà e anche alla fine del 1900 si concentravano principalmente sui lavoratori che svolgevano lavori manuali, lo sviluppo tecnologico a partire dagli anni 2010, in particolare il rapido progresso del Machine Learning (ML), si è concentrato sulla capacità dei computer di eseguire “perform non-routine, cognitive tasks” cioè “compiti cognitivi e non di routine” e di conseguenza potenzialmente influenzano i cosiddetti colletti bianchi o i lavoratori della conoscenza.
Il Rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro - l'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere la giustizia sociali e i diritti umani con particolare riferimento a quelli riguardanti il lavoro - suggerisce che la maggior parte dei lavori e delle imprese sono solo parzialmente esposti all’automazione e hanno maggiori probabilità di essere integrati piuttosto che sostituiti dall’ultima ondata di intelligenza artificiale generativa, come chatGPT. Pertanto, è probabile che l’impatto maggiore di questa tecnologia non sia la distruzione di posti di lavoro ma, piuttosto, i potenziali cambiamenti nella qualità dei posti di lavoro, in particolare l’intensità del lavoro e l’autonomia.
Il lavoro d’ufficio è risultato essere la categoria con la maggiore esposizione tecnologica, con quasi un quarto delle mansioni considerate altamente esposte e più della metà delle mansioni con un’esposizione di livello medio (con il 24% delle mansioni d’ufficio considerate altamente esposte e un ulteriore 58% con un’esposizione di livello medio).In altri gruppi professionali – tra cui manager, professionisti e tecnici – solo una piccola parte delle mansioni è risultata altamente esposta, mentre circa un quarto presentava livelli di esposizione medi. In sostanza, secondo l’OIL, per gli altri gruppi professionali, la quota maggiore di mansioni altamente esposte oscilla tra l'1 e il 4%, mentre le mansioni mediamente esposte non superano il 25%.
Lo studio, di portata globale, documenta notevoli differenze negli effetti sui Paesi a diversi livelli di sviluppo, legate alle attuali strutture economiche ed occupazionali e ai divari tecnologici esistenti. Dal Rapporto si evidenzia che nei Paesi a basso reddito solo lo 0,4% dell’occupazione totale è potenzialmente esposto agli effetti dell’automazione, mentre nei Paesi ad alto reddito la quota sale al 5,5%.
Gli effetti sono fortemente legati al genere, con più del doppio della percentuale di donne potenzialmente colpite dall’automazione. Ciò è dovuto alla sovrarappresentanza delle donne nel lavoro d’ufficio, soprattutto nei Paesi ad alto e medio reddito. Poiché i lavori d’ufficio sono stati tradizionalmente un’importante fonte di occupazione femminile man mano che i Paesi si sviluppano economicamente, uno dei risultati dell’intelligenza artificiale generativa potrebbe essere che alcuni lavori d’ufficio non si configureranno mai come un’opportunità di lavoro nei Paesi a basso reddito.
L’impatto maggiore deriva dall’incremento dell'applicazione della tecnologia, che potrebbe colpire il 10,4% dell’occupazione nei Paesi a basso reddito e il 13,4% dell’occupazione nei Paesi ad alto reddito. Tuttavia, tali effetti non tengono conto dei vincoli infrastrutturali, che ne impediranno la possibilità di utilizzo nei Paesi a basso reddito e probabilmente aumenteranno il divario di produttività.
Inoltre, le probabili conseguenze sulla qualità del lavoro potrebbero avere ricadute maggiori rispetto agli impatti quantitativi, sia per quanto riguarda i nuovi posti di lavoro creati grazie alla tecnologia, ma anche per i potenziali effetti sull’intensità del lavoro e sull’autonomia quando la tecnologia è integrata nel posto di lavoro. Per questo motivo, l'OIL sottolinea la necessità del dialogo sociale e della regolamentazione per sostenere un’occupazione di qualità.
In conclusione, si ribadisce il fatto che l’analisi non fornisce stime precise, ma piuttosto che alcune deduzioni forniscono la natura dei possibili cambiamenti. Le stime globali indicano un futuro in cui il lavoro sarà trasformato, ma sarà ancora molto presente.
Tali deduzioni possono, anzi dovrebbero, incoraggiare i governi e le parti sociali a progettare in modo proattivo politiche che supportino “un orderly, fair and consultative transition”, piuttosto che affrontare il cambiamento in modo reattivo.
Inoltre, le probabili conseguenze sulla qualità del lavoro potrebbero avere conseguenze maggiori rispetto agli impatti quantitativi, sia per quanto riguarda i nuovi posti di lavoro creati grazie alla tecnologia, ma anche per i potenziali effetti sull’intensità del lavoro e sull’autonomia quando la tecnologia è integrata nel posto di lavoro.
Per questo lo studio dell’OIL rimarca la necessità del dialogo sociale e della regolamentazione per sostenere un’occupazione di qualità e ribadisce che le forme di rappresentanza degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, la loro formazione professionale e un’adeguata protezione sociale saranno fondamentali per gestire la transizione. Altrimenti c’è il rischio che solo in pochi trarranno vantaggio dalla nuova tecnologia.
In conclusione, gli autori fanno notare che “i risultati della transizione tecnologica non sono predeterminati. Sono gli esseri umani che stanno dietro la decisione di incorporare tali tecnologie e sono sempre gli esseri umani che devono guidare il processo di transizione”.
Per la Redazione - Serena Moriondo