Un percorso tra memoria, presente e futuro, in cui la riflessione etica si intreccia con le risposte politiche, con l’elaborazione scientifica e con l’azione della società civile con un’attenzione particolare, poco nota ai più e questa è una specificità del volume, dell’importante contributo portato dalle chiese in orizzonte ecumenico nel promuovere la forte valenza culturale e un approccio integrato alla "questione ambientale e dell’affermarsi del paradigma della sostenibilità come risposta al fallimento del modello di sviluppo industrialista e consumista."
Nelle prime due sezioni il volume ripercorre il contesto politico-culturale, i documenti elaborati e cosa hanno rappresentato gli appuntamenti di Stoccolma e Rio de Janeiro, anche attraverso la testimonianza diretta di chi quegli eventi li ha vissuti personalmente. È singolare ricordare come già nel 1972 lo slogan della conferenza di Stoccolma “Una sola Terra” richiamava ad un impegno comune per l’ambiente globale, la casa comune dell’umanità (Grazia Francescato), e la messa in discussione del mito della crescita con la pubblicazione del rapporto al Club di Roma su “I limiti della crescita” evidenziava l’incredibile complessità della questione ambientale (Gianfranco Bologna). Temi che si accompagnano con la riflessione del movimento ecumenico che a Nairobi nel 1975 alla quinta Assemblea generale della Cec introdurrà l’espressione “società giusta, partecipativa e sostenibile”, una terminologia che costituirà in riferimento per il pensiero etico sociale per gli anni a venire (Simone Morandini).
Rileggendo i contributi della prima sezione intitolata “la scoperta dell’ambiente” si coglie come già allora emergevano in modo evidente i segnali dell’insostenibilità del modello di sviluppo industrialista e consumista fondato su una cultura antropocentrica ed estrattivista nei confronti della natura, avviando le prime timide risposte a livello organizzativo e legislativo. Risposte che non saranno però in grado di contenere l’onda di piena della “grande accelerazione”, dello sviluppo industriale indiscriminato, dell’esplosione del consumismo e della mobilità privata che nel giro di pochi decenni cambieranno radicalmente i delicati “equilibri” ecosistemici a livello planetario.
Vent’anni dopo a Rio de Janeiro viene istituzionalizzata la riflessione sullo sviluppo sostenibile. Una riflessione che, in continuità con i risultati di Stoccolma, prende forma negli anni ’80 anche in questo caso attraverso un cammino parallelo della riflessione socio-politica, rappresentata (non in modo esclusivo) dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo e di quella etico-sociale che vede il movimento ecumenico promuovere il processo conciliare su “giustizia pace e salvaguardia del creato” che sfocerà nella assemblea ecumenica europea di Basilea (1989) e mondiale di Seul (1990) (Letizia Tomassone). L’appuntamento del 1992 segna un punto di svolta con la sottoscrizione delle due convenzioni internazionali che rappresentano i due pilastri della questione ecologica: la Convenzione sulla diversità biologica e quella contro il cambiamento climatico (Edo Ronchi). Negli anni a seguire il progressivo avanzamento del paradigma della sostenibilità porterà all’elaborazione di una serie importanti di strumenti a livello giuridico e politico (Stefano Piazza), scientifico e culturale che gettano le basi per progettare e praticare modalità di sviluppo differenti orientate a promuovere un approccio integrato alle diverse dimensioni – economica, sociale e ambientale - che determinano l’evoluzione e il progresso delle società tanto del Nord che del Sud del mondo.
Nella terza sezione vengono richiamate tre questioni cruciali la cui risposta è necessaria per consentire uno spazio sicuro per la vita umana sulla Terra: il rapporto tra ambiente e salute (Liliana Cori), la perdita di biodiversità (Giorgio Vacchiano e Chiara Bottaro) e la crisi climatica (Paola Mercogliano). Nella quarta, infine, i contributi segnalano l’avanzamento della riflessione etica e politica in particolare con l’approvazione dell’Agenda 2030, che rappresenta nello stesso tempo una vision e un piano d’azione per attuare processi multilivello e multiattore (Matteo Mascia), e la pubblicazione dell’enciclica Laudato si’, che rimette al centro della riflessione la relazione intrinseca tra giustizia sociale e giustizia ambientale (Bruno Bignami). Si tratta di due documenti in profonda sintonia che esprimono una visione positiva nella possibilità del cambiamento a partire dalla fiducia nelle persone e nelle istituzioni e che promuovono l’affermarsi nel dibattito pubblico della transizione ecologica e sociale e dell’urgenza di agire per cambiare rotta evidenziando come in Italia tale processo è non solo realizzabile e in parte già in atto, ma anche socialmente desiderabile (Ermete Realacci).
In questa prospettiva la rivista vuole contribuire alla conoscenza delle radici politiche, scientifiche e culturali che sono alla base delle scelte e delle sfide a cui oggi siamo chiamati dalla transizione ecologica. Inoltre, intende mettere in luce l’importanza strategica, oggi come allora, dell’alleanza tra mondi culturali e sociali, così come degli intrecci di saperi scientifici e sapienziali necessari per comprendere ed interpretare la realtà di questa nostra Terra fragile e minacciata, frutto dell’inestricabile e complessa interazione tra sistemi naturali e sistemi sociali.
Certo se dopo la Conferenza del 1992 - scrivono gli autori - si fosse data attuazione agli impegni assunti dall’Agenda 21 e dalle Convenzioni internazionali adottate per contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, avremmo avuto più tempo per governare le necessarie e indifferibili trasformazioni riducendo sensibilmente le sofferenze di chi vive oggi sul pianeta e delle future generazioni.
La posta ora in gioco è molto alta, perché richiede una profonda trasformazione del sistema capitalistico fondato sulla “cultura dello scarto” verso le persone e la natura e sull’uso dei combustibili fossili per la produzione e il consumo illimitato di beni e servizi. È del tutto evidente che cambiare un modello di sviluppo economico, sociale e culturale che ha radici profonde nella storia umana, che è stato esportato in tutto il mondo e che pervade ogni aspetto della nostra vita, non è semplice ed immediato, ma richiede tempo e lunghi processi di rigenerazione e di trasformazione culturale prima ancora che economica e sociale.
Nel volume emerge con chiarezza l’importanza dell’alleanza tra mondi culturali e sociali, così come degli intrecci di saperi scientifici e sapienziali necessari per comprendere ed interpretare la realtà di questa nostra Terra fragile e minacciata. Ma volgere lo sguardo al passato aiuta anche comprendere che le cose possono cambiare, che siamo ancora in tempo per invertire la rotta, per rimanere all’interno dei confini planetari, in quello spazio sicuro che può garantire il mantenimento di una vita buona per le presenti e future generazioni.
Per la Redazione - Serena Moriondo