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Immagine parità salariale 1130x580Oggi, 18 settembre, è l’International Equal Pay Day, giornata internazionale della parità salariale indetta dall’ONU per sensibilizzare sull’importanza di un’equa retribuzione. 

Ad aprile il Consiglio ha adottato la direttiva europea per la trasparenza salariale: le imprese europee dovranno dare informazioni sulle retribuzioni e intervenire se il divario retributivo di genere supera il 5%.

Secondo l’Onu nel mondo il divario salariale si può stimare in una media del 20% e sebbene il diritto alla parità retributiva tra donne e uomini, a parità di lavoro o per lavori di pari valore, sia uno dei principi fondamentali a livello UE, la sua effettiva attuazione rappresenta ancora una sfida e oggi il divario retributivo di genere nell’Unione Europea si attesta intorno al 14%.

In Italia, secondo i dati Eurostat (2021) si attesta, nelle imprese sopra i 10 dipendenti, in media al 5% la qual cosa esclude una larga fetta dell'occupazione italiana, se si considera che il 43,7% delle lavoratrici e dei lavoratori in Italia è assunto da una microimpresa, ovvero una di quelle aziende con meno di dieci dipendenti esclusi dalla rilevazione. Divari che, al di là della percentuale, si ripercuotono anche sul sistema previdenziale

Non è comunque facile rintracciare dati completi su un tema così complesso, anche perché non c'è molta trasparenza sull'effettivo importo dei salari in molti settori di lavoro dove persiste la forte presenza di lavoro nero. 

Immagine la parita di salario diritto ma non realtaIn Italia, dal 3 dicembre 2021 è in vigore la Legge sulla parità salariale (L. 162/2021), che ha introdotto nel  Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006) la previsione secondo cui le aziende che impiegano più di 50 dipendenti devono predisporre a cadenza biennale il Rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile. Tale rapporto, che deve essere inviato al Ministero del lavoro, alle Organizzazioni sindacali, alle Consigliere regionali di parità e al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, deve specificare, a titolo esemplificativo:

  • il numero degli occupati, specificando genere, categoria, livello, tipologia contrattuale, orario di lavoro, eventuale svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile e/o fruizione di congedi di maternità, paternità o parentale, lavoratori in somministrazione, ore di straordinari;
  • il numero di entrate, uscite e trasformazioni, per categoria e genere, e le ragioni dell’uscita; 
  • il numero di ore di formazione, per categoria e genere;
  • eventuali processi e strumenti di selezione e reclutamento, criteri per la progressione di carriera, accesso alla qualificazione professionale e manageriale, strumenti e misure per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo;
  • le retribuzioni iniziali, per categoria e genere;
  • le retribuzioni annue lorde, con specificazione delle componenti accessorie (straordinari, superminimi, premi, ecc.), per categoria e genere.

Alle aziende inottemperanti agli obblighi di redazione e presentazione del rapporto è concesso un termine di 60 giorni per provvedervi. In mancanza, trova applicazione una sanzione amministrativa da 515 a 2.580 euro e, qualora l’inadempimento si protragga per oltre 12 mesi è prevista in ogni caso l’applicazione della sanzione della sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti. Nel caso di rapporto mendace o incompleto, trova applicazione una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro. Il prossimo Rapporto sulla situazione del personale dovrà essere inviato tra il 1° gennaio 2024 ed il 30 aprile 2024 e sarà relativo agli anni 2022 e 2023.

Secondo l'Istat (luglio 2023)  quasi 5 milioni di occupati (il 21% del totale) sono nonstandard e, tra questi, 802 mila sono doppiamente vulnerabili. Il termine non-standard identifica i rapporti di lavoro che mancano di uno o più elementi che caratterizzano il lavoro tradizionale, quali la sua regolarità, i requisiti assicurativi minimi e la copertura assicurativa generalizzata, un adeguato livello di protezione sociale in caso di perdita di lavoro o la congrua contribuzione pensionistica, tanto per citarne alcuni. E per quanto riguarda i soggetti con doppia vulnerabilità lo sono sia rispetto alla durata sia rispetto all’intensità di lavoro. Tra i dipendenti, le donne single giovani (in età inferiore ai 35 anni) hanno il doppio della probabilità di cadere in uno stato di povertà reddituale rispetto ai single maschi di pari età e la differenza è di quasi 3 punti percentuali anche tra i single adulti (35- 64 anni). Tra i monogenitori, quasi tutte donne, l’incidenza è decisamente elevata, si attesta al 18,5% e sale al 23,6% se in famiglia è presente almeno un figlio minore.

goal 8 Lavoro dignitosoIn un mercato del lavoro così povero e diseguale, dove avere un lavoro non garantisce la possibilità di sottrarsi alla povertà,  in un momento con l’inflazione crescente che erode il potere d’acquisto, con alta disoccupazione e lavori sottopagati che colpiscono milioni di italiani e con la discussione aperta sul salario minmo, la strada per la parità salariale sarà sempre più ardua, seppur necessaria. 

Non a caso l'Agenda 2030 , per il Goal 8 - Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti, al traguardo  8.5 prevede di "Garantire entro il 2030 un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per donne e uomini, compresi i giovani e le persone con disabilità, e un’equa remunerazione per lavori di equo valore."

Per la Redazione - Serena Moriondo