Dal 4 al 29 ottobre, 464 partecipanti (365 membri e 54 donne per la prima volta con diritto di voto), si sono riuniti a Roma per discutere del futuro della Chiesa. Il senso anzitutto è come questo “camminare insieme” - come ricordato in apertura - si realizza oggi. Un cammino in cui "ciascuno ha qualcosa da imparare."
I temi del Sinodo sulla sinodalità sono tanti e alquanto delicati, sulla morale sessuale, la partecipazione dei laici, come la Chiesa dialoga e impara da altre istanze della società: il mondo della politica, dell’economia, della cultura, la società civile, i poveri...; come vengono ascoltati i Laici, in particolare giovani e donne; come la comunità sostiene i propri membri impegnati in un servizio nella società (impegno sociale e politico, nella ricerca scientifica e nell’insegnamento, nella promozione della giustizia sociale, nella tutela dei diritti umani e nella cura della Casa comune, ecc.); come si identificano gli obiettivi da perseguire, la strada per raggiungerli e i passi da compiere; come viene esercitata l’autorità all’interno della Chiesa; il ruolo delle donne nella Chiesa cattolica mondiale.
Un evento di discernimento e ascolto che tutto è tranne che – secondo le parole del Papa – un “parlamento” o un “parlatoio”. E mentre gli ultraconservatori attaccano il Papa con i propri dubbi tra i quali il 4° Dubium che si domanda se è ancora valido l’insegnamento della lettera apostolica di San Giovanni Paolo II "Ordinatio Sacerdotalis", che insegna come verità da tenere in modo definitivo l’impossibilità di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, al Sinodo in corso si impone il tema delle discriminazioni patite dalle donne nella Chiesa cattolica.
Marinella Perroni, tra le fondatrici, nel 2003, del Coordinamento teologhe italiane, docente al Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e autrice di molte opere di teologia, sostiene che "La Chiesa ha sempre parlato del femminile, ma vi si è sempre riferita come a una categoria ideale, descrivendo quello che la Donna avrebbe dovuto essere e significare, mentre con il femminismo le donne, nella loro concretezza storica, hanno contestato quella visione “pensata da uomini per le donne” che aveva la pretesa di andar bene per tutti, maschi e femmine. La Chiesa ha negato il confronto, almeno ufficialmente, e ne è derivata un imponente scisma silenzioso di donne dalle parrocchie. Ma, tra quelle che sono rimaste ci sono anche quante fanno proprie le rivendicazioni del femminismo. Io, per esempio, sono diventata femminista all’interno del mio percorso di formazione come teologa, non altrove. Lo sono diventata, incoraggiata ad approfondire quegli studi dai miei professori di teologia, che, negli anni dopo il Concilio, avevano compreso che di lì passava la Storia. Accettare il confronto con il pensiero di genere anche oggi richiede coraggio, perché implica rivedere il giudizio su una lunga serie di temi dati per scontati. E da interlocutrici che hanno studiato anche loro nelle facoltà di teologia, e che perciò ne sanno quanto i colleghi uomini, quasi tutti clerici."(..) "Non servono modelli idealizzati - spiega la Perroni - gli uomini capiscano di essere una parte della storia."
Le donne, in sostanza, faticano in ogni Chiesa; per essere ancor più precise, dentro e fuori le Chiese. Insomma il problema preme e non è un problema astratto.
Lungo questo percorso, parallelamente alla nascita e diffusione dei vari movimenti femministi e delle donne all'interno della società, nel 2003 è stato creato il Coordinamento teologhe italiane, che raccoglie quante ne vogliono fare parte, cattoliche e delle chiese riformate. I temi sul tavolo sono per tutte gli stessi: l’attacco alla struttura di potere che esclude le donne dal sacerdozio dove le donne ormai sono pastore ed episcope.
"Le religiose nella Chiesa mondiale - sostiene Ritanna Armeni, giornalista scrittrice, già impegnata a Noi donne e al Manifesto e oggi collaboratrice del giornale del Vaticano Donna Chiesa Mondo - sono 650mila (gli uomini 400mila): nel servizio sono determinanti, ma il riconoscimento dei diritti è lento. Il Papa di “ministre” non parla (..) Papa Francesco ha cambiato molto, anche se si muove con uno stile suo, trasversale. Dice che il clericalismo è un problema, ma poi sul diaconato permanente, il primo gradino della gerarchia (nel 2019 era stato chiesto per le donne che in Amazzonia reggono le comunità indigene), la decisione non c’è stata. Quel potere ancora non si discute."
E il calo delle vocazioni, fenomeno in aumento, inizia a preoccupare la Chiesa. "Il calo delle vocazioni delle religiose - spiega ancora Marinella Perroni - certo rientra nel calo generale delle vocazioni ma fa anche parte dell’esodo delle donne dalla Chiesa, e questo è il problema. Il mondo delle donne è talmente cambiato da circa 150-200 anni a questa parte, ed è talmente in ebollizione, che non si può pretendere di riportarlo all’ordine, di normarlo, di farlo stare dentro le categorie, i modelli precedenti solo un po’ svecchiati. Qui non si tratta di rinnovare il guardaroba, ma di ascoltare le voci femminili, non quelle ammaestrate, ma di andare ad ascoltare correnti di pensieri diversi. Pensiamo a cosa è stato il rapporto fra Vaticano e suore americane, quello è stato un vulnus per il mondo femminile della Chiesa; non è possibile mettere le donne le une contro le altre, le rigide contro le progressiste, non è questa la strada. Uno scisma nascosto delle donne va avanti da decenni".
Ma come succede talvolta per le donne in politica (anche se ancora troppo poco), anche nella Chiesa molte suore non sono interessate a diventare ministre ordinate per ripetere la stessa logica che ha governato il sistema dal punto di vista sacerdotale maschile. Un aspetto importante su cui riflettere e agire per centrare l'importante traguardo dell'Obiettivo 5 dell'Agenda ONU 2030, raggiungere l’uguaglianza di genere e l'emancipazione di tutte le donne e le ragazze, nessuna esclusa.
Link: Il sito ufficiale del Sinodo 2021 - 2024 è disponibile in tre lingue (italiano, inglese e spagnolo).
Per la Redazione - Serena Moriondo