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Disegno negazionismo climaticoIl 97% delle pubblicazioni scientifiche a livello mondiale trova nelle attività umane la principale responsabilità del climate change mentre più del 90% dei documenti dubbiosi sul cambiamento climatico provengono da think tank vicini ad ideologie conservatrici, sotto la pressione di ricchissime lobby - a partire dagli anni ’80, negli Stati Uniti - che fanno per lo più capo ad aziende di combustibili fossili. Ma, come scrive la scrittrice canadese Naomi Klein: "non è l’opposizione ai fatti scientifici del cambiamento climatico a spingere i negazionisti, quanto l’opposizione alle implicazioni concrete di questi fatti" (Il mondo in fiamme, ed. Feltrinelli 2019).

Così, grazie all’azione di interessi di parte, il cambiamento climatico è diventato gradualmente un’opinione politica a prescindere dai risultati scientifici ottenuti in decenni di ricerche e osservazioni sui cambiamenti globali. Qualcuno è arrivato a sostenere che il 'verde' inteso come green economy, è il nuovo 'rosso', ovvero, una sorta di evoluzione moderna della minaccia socialista all’attuale sistema economico. Tutto ciò costituisce una sfida anche per quella parte della sinistra che predilige procedere per timidi aggiustamenti piuttosto che mettere in discussione il modello economico fondato sul mito della crescita infinita. Oggi sono i movimenti giovanili come Fridays for Future a sostenere azioni sul cambiamento climatico finalizzate a superare la logica del profitto per il bene comune ma molti governi, come ad esempio quello italiano, si dimostrano insensibili, addirittura scettici tanto che, più si avvicina la scadenza per il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile definiti dall'ONU, dal negazionismo si sta passando a qualcosa di ancora più subdolo: il fatalismo.

Fabio Deotto, scrittore e giornalista, il 17 ottobre ha scritto un articolo dal titolo "Contro il falalismo climatico" per Lucy, una rivista multimediale che si occupa di cultura, arti e attualità nel quale spiega che: Nel caso della crisi climatica purtroppo non esistono uscite d’emergenza. Bisogna tenerne conto, perché se tre liceali che chiacchierano per strada possono innescare una crisi bancaria, centinaia di migliaia di persone che vanno in giro dicendo che l’umanità è spacciata possono fare ben di peggio. Chi si occupa di disinformazione climatica prevede che, di qui ai prossimi anni, con l’intensificarsi delle ricadute della crisi climatica e il restringersi della finestra di tempo utile, il fatalismo sia destinato a soppiantare il negazionismo: del resto è più subdolo, più arduo da disinnescare, più socialmente accettabile, e non è difficile immaginare che prenda piede anche in modo bipartisan.

Per la Redazione - Serena Moriondo