Il 9 ottobre 2023 il premio Nobel per le Scienze economiche è stato assegnato ad una economista nonché co-direttrice del gruppo Gender in the Economy dell’NBER (National Bureau of Economic Research), che insegna all'Università di Harvard.
Storica dell’economia ed economista del lavoro, Claudia Goldin, inizia i suoi studi sulle disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro negli anni ‘80. In quest’ambito si specializza sulla condizione delle donne nell’economia statunitense, analizzando, in particolare, l’impatto della sfera personale (matrimonio e famiglia) sulla carriera femminile, gli effetti della diffusione delle scuole miste (coeducation) nell’istruzione superiore, l’impatto dell’uso degli anticoncezionali sullo sviluppo della carriera e sulle decisioni matrimoniali, la scelta del cognome dopo il matrimonio come indicatore sociale, il sorpasso femminile in termini di partecipazione ai corsi universitari e il nuovo ciclo di vita dell’occupazione femminile.
Claudia Goldin è diventata la terza donna a vincere il Premio Nobel per l'Economia e la prima a vincerlo da sola, senza condividerlo con un uomo. Un doppio successo.
Fino a oggi, infatti, il Nobel per l’Economia è stato assegnato a 93 economisti, 90 Uomini e 3 donne, due delle quali lo hanno condiviso con colleghi uomini. Ma la cosa ancora più interessante, però troppo lunga da esaminare in questo articolo, sono le motivazioni che hanno portato all'assegnazione dei Nobel, solo in pochi casi con una particolare attenzione alle ingiustizie sociali. Basta dire che, nel 2019, nel caso di Esther Duflo l'ambito riconoscimento le è stato assegnato con i suoi colleghi Abhijit Banerjee e Michael Kremer per l'approccio sperimentale nella lotta alla povertà globale e, nel 2009, a Elinor Ostrom, con il collega Oliver Williamson, per la sua analisi della governance in economia, in modo particolare del bene collettivo.
Ma Claudia Golin ha riscosso con questo premio sulle differenze tra uomini e donne in termini di partecipazione al mercato del lavoro e di retribuzioni un terzo successo: il premio Nobel per l'economia, infatti, non viene solitamente assegnato per la generazione di nuove conoscenze, ma privilegia invece nuovi metodi teorici e concettuali. Goldin ha contribuito sia con nuove prospettive sia con metodi innovativi attraverso il suo stile di indagine, in cui ha perlustrato gli archivi storici e prestato attenzione alle storie personali delle donne per dare un senso ai dati. Le esperienze vissute e le storie personali sono spesso escluse dalla scienza. Il lavoro della Goldin afferma che l'economia, in quanto scienza sociale, le ritiene necessarie.
Per scoprire le ragioni dei divari di genere ancora esistenti, Goldin ha analizzato la cultura del lavoro contemporanea, per identificare il fenomeno malsano del cosiddetto "lavoro avido", dove sono richiesti orari eccessivi e disponibilità 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo crea un divario di genere penalizzando quei lavoratori - prevalentemente donne - il cui ruolo di cura si scontra con il sistema capitalistico.
Le sue ricerche, racchiuse anche nella sua ultima pubblicazione del 2021, "Carriera e famiglia: il Secolo delle Donne - Viaggio Lungo l'Equità" (Princeton University Press, 320 pp.) spiegano, ad esempio, come le leggi antidiscriminatorie e le direzioni aziendali imparziali, sebbene preziose, non sono sufficienti; spiegano perché dobbiamo apportare modifiche fondamentali al modo in cui lavoriamo e al modo in cui apprezziamo il caregiving se vogliamo raggiungere l'uguaglianza di genere e l'equità di coppia.
Un aspetto pratico della ricerca di Goldin è che i divari di genere nei risultati economici non possono essere attribuiti semplicemente alle "scelte" o alle "preferenze" delle donne. Il suo lavoro esauriente dimostra che questi divari di genere derivano da un'interazione di fattori, tra questi: le norme sociali, le scoperte tecnologiche, le strutture istituzionali e le impostazioni politiche che attraggono o respingono in direzioni diverse la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.
Le donne - ha scritto la Goldin - “hanno dato vita alla moderna economia del lavoro” ma studiare la loro partecipazione al mercato non è semplice. Spesso i dati nelle indagini nazionali non sono disaggregati per sesso e una progettazione imprecisa ha portato per lungo tempo ad una sottostima del lavoro femminile. Questo divario - ha spiegato la Goldin - è poi aggravato dalla tendenza a “enfatizzare le attività generatrici di reddito”, con il risultato che spesso sottovalutano la produzione di sussistenza (spesso dominata dalle donne).
Capire che il gender gap esiste è un primo passo, ma comprendere perché esiste è ciò che realmente mette la politica nelle condizioni di cambiare le cose.
Per la Redazione - Serena Moriondo