Proseguiamo con l'esame dei documenti presentati durante le audizioni presso le Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato sul testo della legge di Bilancio 2024 e bilancio pluriennale 2024-2026, segnalando le principali problematiche evidenziate da parte di organizzazioni di rappresentanza sociale, istituzioni, associazioni:
ANCI - secondo l'Associazione nazionale dei Comuni italiani, il testo della proposta di legge di bilancio 2024 affronta alcuni aspetti di interesse degli enti locali, ma lascia aperte questioni di grande rilievo e reintroduce tagli di risorse che destano grande preoccupazione alla luce del contesto socioeconomico nazionale e internazionale. L'ANCI chiede attenzione sull’esigenza di interventi di razionalizzazione e potenziamento dei finanziamenti relativi a politiche abitative e servizi sociali e delle regole per l’assunzione di personale. Per ciò che riguarda gli investimenti, sui quali è atteso ed auspicabile un provvedimento apposito, appare in primo luogo necessario disporre le misure necessarie per assicurare la completa continuità degli investimenti che potrebbero essere definanziati dal PNRR e sostenuti da altri programmi, non appena risulterà più chiara l’effettiva dimensione della nuova dislocazione. Rientrano nella legislazione, dopo sette anni, dispositivi di taglio di risorse a carico degli enti territoriali. La norma prevede tra il 2024 e il 2028 un taglio di 200 milioni annui a carico dei Comuni e di 50 milioni annui a carico di Città metropolitane e Province che si aggiungeranno ai 100 mln per i Comuni e 50 mln per le CM previsti dalla L.178/2020 per il triennio 2023- 25. Pertanto, nei prossimi anni le risorse disponibili per gli enti locali diminuiranno per oltre 1,5 mld di euro. Tra gli altri aspetti evidenziati, due sono i punti di particolare preoccupazione per i Comuni: a) i prezzi sono aumentati in media di oltre il 15% negli ultimi 24 mesi esponendo i bilanci comunali ad incrementi corrispondenti sulle spese intermedie (acquisto di beni e servizi, contratti di servizio), che per l’intero comparto superano i 30 miliardi di euro. Anche ipotizzando che solo la metà di queste spese siano incise dall’incremento dei prezzi, c’è un rischio di aggravio tra il 2024 e il 2025 di oltre 2 miliardi di euro in spesa corrente, a parità di servizi resi; b) gli oneri contrattuali sono stati tutti sostenuti dagli enti locali, per un valore di oltre un miliardo di euro, di cui circa 500 milioni per l’ultimo rinnovo, i cui oneri incideranno dal 2024. Il risultato di questa dinamica comporta l’erosione dei margini assunzionali stabiliti con la riforma del 2020 e che si basa sul rapporto tra spesa di personale ed entrate correnti locali. Infine, l'ANCI auspica che la legge di delega per la riforma del TUEL, in corso di esame presso il Consiglio dei ministri contenga principi e criteri incisivi per una vera riforma della disciplina delle crisi finanziarie degli enti locali, oggi caratterizzata da norme farraginose e inefficaci. I Comuni in crisi finanziari, infatti, sono oggi 480 di cui molti già fuoriusciti da precedenti crisi e nell’impossibilità di assicurare un equilibrio strutturale. Nei primi otto mesi del 2023 si registrano 37 nuove crisi, di cui 16 dissesti e 21 piani di riequilibrio (pre-dissesti). La riduzione di interventi statali a supporto degli affitti e più in generale del welfare produce forti tensioni sui servizi sociali, accentuate da una dinamica – osservata negli ultimi anni – di forte incremento delle richieste di affido giudiziarie (minori e famiglie in difficoltà) e di disabilità scolastiche oggetto di presa in carico per il servizio di assistenza. Il mantenimento della nuova card “Dedicata a te” per 600 mln. di euro (art. 2 del ddl Bilancio) è un intervento limitato per la ristrettezza dei criteri di accesso (di fatto famiglie con almeno un minore) e per l’utilizzo pressoché esclusivo a fini di acquisti alimentari. Per quanto riguarda il disagio abitativo occorrono politiche integrate e azioni su più livelli, che devono riguardare i fondi disponibili per il welfare abitativo, gli investimenti per l’ampliamento dello stock immobiliare e della manutenzione, la disciplina legislativa (dall’edilizia residenziale pubblica agli affitti): i Comuni devono quindi essere dotati di tutti gli strumenti e le leve utili per realizzare politiche e dare risposte coerenti con le esigenze specifiche e i bisogni espressi dai territori. La principale azione in questo campo - scrive l'ANCI - dovrebbe essere il rifinanziamento dei Fondi Affitti e Morosità Incolpevole che hanno rappresentato, fino ad oggi, gli unici strumenti continuativi di supporto agli affitti, l’unica forma di sostegno economico per le famiglie in difficoltà. Gli oneri crescenti per i servizi sociali comunali sono tra le principali preoccupazioni dei sindaci. Le scelte di abbattimento dei sostegni universalistici, quali il Reddito di cittadinanza, producono una immediata maggiore pressione sui Comuni che in molti casi non hanno le possibilità giuridiche e finanziarie per adeguare le prese in carico. È necessario istituire un Fondo sociale nazionale unico. Analogamente i Comuni chiedono di istituire un unico “Fondo Nazionale per la sicurezza urbana”, pari a 300 milioni di euro, che unifichi i molteplici strumenti di finanziamento esistenti e che possa far fronte alle complesse richieste di sicurezza che i cittadini rivolgono ai Sindaci. (TESTO AUDIZIONE)
REGIONI e PROVINCE AUTONOME - premesso che le Regioni e le Province autonome hanno chiesto che non fossero pregiudicati i livelli attuali dei trasferimenti alle Regioni e alle Province autonome, pur prendendo atto dell’inserimento nei provvedimenti della manovra 2024 degli articoli concordati nell’Accordo Governo – Regioni del 16 ottobre 2023, denunciano la richiesta di un contributo alla finanza pubblica, non concordato e aggiuntivo a quello già previsto a legislazione vigente di 200 milioni di euro annui (di cui circa 175 milioni per le regioni a statuto ordinario) dal 2023 al 2025, per un totale nel 2024 di 550 milioni. Tali tagli non previsti, incidono pesantemente sugli equilibri dei bilanci regionali di parte corrente già in forte tensione per: il mancato contributo per il caro dei prodotti energetici al comparto; la restituzione della quota annua della compensazione per le minori entrate da accertamento e controllo causa Covid-19, unico comparto per cui è stata prevista la restituzione delle risorse‐; i rimborsi connessi ai versamenti della compensazione della tassa automobilistica da parte delle Regioni allo Stato previsti fino al 2029; le minori entrate per la rottamazione delle cartelle esattoriali; effetti di incertezza del quadro economico – finanziario; gli oneri del rinnovo del contratto del personale pubblico 2022‐ 2024, con rivalutazione legata all’inflazione (a carico dei singoli enti nel rispetto degli equilibri di bilancio ‐ d.lgs.118/2011 e L.243/2012). ll contributo agli obiettivi di finanza pubblica negli anni è ancora più rilevante alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale (da ultimo la sentenza n.103/2018) che hanno chiarito che i tagli agli enti territoriali devono avvenire sulla base del principio di temporaneità e transitorietà delle misure di contenimento della spesa pubblica, al contrario di ciò che è avvenuto sino ad ora. Regioni e Province Autonome fanno inolotre rilevare che le singole misure di contenimento della spesa pubblica devono presentare il carattere della temporaneità e richiedono che lo Stato definisca di volta in volta, secondo le ordinarie scansioni temporali dei cicli di bilancio, il quadro organico delle relazioni finanziarie con le Regioni e gli enti locali, per non sottrarre al confronto parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici delle singole manovre di finanza pubblica. Concludono auspicando una soluzione alternativa a questo contributo di finanza pubblica. (TESTO AUDIZIONE)
CORTE DEI CONTI - per il 2024, le maggiori entrate previste ammontano a 8,5 miliardi; di simile entità le minori spese (8,6 miliardi), di cui 5,8 di parte corrente e 2,8 in conto capitale. Tra le prime, la gran parte è rappresentata dagli effetti riflessi delle misure di spesa concernenti la riduzione del cuneo fiscale e i fondi per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici (oltre il 63 per cento del totale), nonché il gettito stimato dagli interventi di lotta all’evasione (1,3 miliardi). Sul fronte delle minori spese (8,6 miliardi), le coperture per il 2024 sono, in primo luogo, costituite dai definanziamenti e dalle riprogrammazioni dell’utilizzo delle risorse (2,8 miliardi) appositamente accantonate per la manovra con il d.l. 145/2023, cui si aggiunge il ricorso al Fondo avvio opere indifferibili e a quello perequativo infrastrutturale (complessivamente 2,2 miliardi), cioè prevalentemente minori spese in conto capitale, cioè meno investimenti salvo l'avvio dei lavori riguardanti il Ponte sullo stretto di Messina. Sono, poi, disposti interventi di riduzione di spesa per 3,1 miliardi, attraverso le misure di spending review (complessivamente pari a 1,6 miliardi), consistenti in riduzione dei trasferimenti alla RAI S.p.A. a fronte della riduzione del canone (430 milioni), l’abrogazione di tre fondi nel settore della disabilità per 232 milioni finalizzati alla costituzione del Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità di pari importo, nonché la rideterminazione in senso sfavorevole del meccanismo di indicizzazione delle pensioni elevate con risparmi di 135 milioni annui (77 milioni al netto degli effetti riflessi sulle entrate). Nel 2025 e 2026 le principali fonti delle crescenti riduzioni di spesa sono costituite dagli interventi (4,1 miliardi nel 2025 e 9,7 miliardi nel 2026), da un lato, attraverso le riprogrammazioni del fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, nonché di minori investimenti nel settore ferroviario e stradale; dall’altro lato, per effetto dei definanziamenti (0,9 miliardi nel 2025 e 0,8 miliardi nel 2026) e dalle misure di spending review, con profilo crescente nel biennio (1,5 miliardi nel 2025 e 3,1 miliardi nel 2026 per effetto anche dello slittamento di alcuni programmi della Difesa). Le misure di riduzione della pressione fiscale vanno lette congiuntamente alle modifiche apportate alla tassazione Irpef dal decreto legislativo oggi all’esame del Parlamento (Atto n. 88) in attuazione della riforma dell’imposizione per la quale il Governo ha ottenuto delega dal Parlamento. A tal proposito la Corte dei conti fa presente che gli effetti erratici della combinazione di sgravi contributivi e modifiche della base imponibile, l’interazione tra detrazioni da lavoro dipendente, trattamenti integrativi e decontribuzione e l’applicazione di nuove franchigie non potranno non aumentare la complessità di un sistema già ampiamente provato dai regimi tributari differenziati applicabili a diverse categorie di redditi. Anche la riproposizione del trattamento fiscale particolare del c.d. “welfare aziendale” desta preoccupazione (si prevede che il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate agli stessi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa e per gli interessi sul mutuo prima casa, non concorrono a formare il reddito imponibile entro il limite di 1.000 euro, innalzato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli, e la riduzione al 5 per cento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività per l’anno 2024). Si tratta di misure che, seppur destinate ad una attenuazione dell’onerosità del prelievo o ad interventi a sostegno di particolari situazioni di difficoltà, aumentano il numero già consistente di interventi frammentari che hanno introdotto regimi sostitutivi, deroghe ed eccezioni; misure che alimentano un livello eccessivo di complessità del sistema, determinando anche un aumento dei costi diretti e indiretti in termini gestionali. Una tendenza che vede il progressivo svuotamento di quanto sottoposto a tassazione progressiva e che presenta elevati rischi di instabilità in senso prospettico, anche in ragione delle dinamiche demografiche e salariali che interesseranno il Paese nei prossimi 20 anni. In merito alle misure per il contrasto dell’evasione fiscale volte all’emersione delle basi imponibili e al potenziamento della riscossione, l'intervento del Governo - pur utile per la regolarizzazione delle basi imponibili fiscali - non sembra risolutivo ai fini del ridimensionamento del fenomeno, che non si sviluppa tanto con l’occultamento dei redditi in presenza di una sostanziale regolarità contributiva, ma che frequentemente si realizza attraverso il radicale occultamento del rapporto di lavoro sia sul piano contributivo che fiscale o, anche, l’occultamento di una parte dei compensi sia ai fini contributivi che fiscali. In merito al Fondo sanitario nazionale sono due gli aspetti rilevati. Nonostante l’aumento previsto dal d.d.l. di bilancio, il fabbisogno sanitario a cui concorre lo Stato si conferma in rapporto al prodotto in
graduale ma netta flessione: nel triennio di previsione si riduce di tre decimi di punto (dal 6,3 del 2023 al 6 per cento a fine periodo). Inoltre, dei nuovi fondi 2,4 miliardi sono destinati al rinnovo dei contratti per il personale, mentre circa 500 milioni nel 2024 (che crescono a 1,5 miliardi nel 2025) sono “vincolati” a specifici interventi. Risultano pertanto pressocché nulli i margini disponibili per adeguare la spesa ai fabbisogni crescenti. In sostanza, secondo la Corte dei conti, la manovra finanziaria per il prossimo triennio si muove all’interno di un sentiero molto stretto in cui devono trovare un difficile equilibrio spinte ed esigenze diverse: rispondere alle difficoltà delle famiglie di fronte alla forte crescita dei prezzi; adeguare gli stipendi pubblici senza innescare una spirale negativa prezzi-salari; rafforzare un sistema dei servizi sanitari, assistenziali ma non solo, provato dall’emergenza pandemica; assicurare una maggiore flessibilità nelle scelte previdenziali; mantenere adeguati ritmi di investimento nel processo di ammodernamento infrastrutturale del Paese. Tutto ciò garantendo il percorso di riequilibrio dei conti e un graduale rientro del rapporto debito Pil. L’equilibrio tra i diversi fabbisogni che viene descritto rimane quindi molto esposto alle intemperie di una congiuntura economica e sociale difficile. Se appare corretto l’implicito richiamo in tutte le aree dell’azione pubblica ad un più attento utilizzo delle risorse, il quadro è soggetto al pericolo di non riuscire a mantenere la qualità dei servizi offerti, rischiando di vanificare, specie nel caso delle fasce più deboli della popolazione, il beneficio monetario che ci si propone di dare. Già dal prossimo anno, le scelte che sono state prese, spesso a carattere temporaneo, richiederanno, per essere confermate, decisioni non semplici in termini di razionalizzazione della spesa. Scelte che dovranno trovare un importante sostegno da una decisa lotta all’evasione e da un efficiente ed efficace attuazione delle riforme e degli investimenti previsti dal PNRR. (TESTO AUDIZIONE)
Per la Redazione - Serena Moriondo