L’Unione europea mette in discussione il modello del “prendere, produrre, smaltire” dannoso per il nostro pianeta, la nostra salute e la nostra economia.
Parlamento e Consiglio hanno concordato un aggiornamento del cosiddetto regolamento sulla "progettazione ecocompatibile" che mira a migliorare vari aspetti dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita per renderli più durevoli e affidabili, più facili da riutilizzare, aggiornare, riparare e riciclare, utilizzare meno risorse, energia e acqua.
I requisiti di progettazione ecocompatibile dovranno affrontare anche le pratiche associate all'obsolescenza prematura (quando un prodotto diventa non funzionale o meno performante a causa, ad esempio, delle caratteristiche di progettazione del prodotto, dell'indisponibilità di materiali di consumo e pezzi di ricambio, della mancanza di aggiornamenti software).
I nuovi prodotti saranno progettati in modo da avvantaggiare tutti, rispettare il nostro pianeta e proteggere l’ambiente. I prodotti sostenibili diventeranno la norma, consentendo ai consumatori di risparmiare energia, riparare e fare scelte ambientali intelligenti quando fanno la spesa.
Vietare la distruzione di prodotti tessili e calzature invenduti, ad esempio, contribuirà anche a un cambiamento nel modo in cui i produttori di fast fashion producono i loro beni. Si valuta che solo il settore della moda sia una delle industrie più inquinanti al mondo. Nonostante l’ultima generazione di giovani sia più attenta alla sostenibilità ambientale, tra i colossi del fast fashion come Boohoo, Pretty Little Thing, Asos, Zara e H&M, troviamo Schein, con sede in Cina in grado di aggiungere ogni giorno ben 6.000 nuovi pezzi al suo sito web la qual cosa dimostra ancora una forte attrattiva del settore
Sono in molti a pensare che lasciare che il mercato si autoregoli, significa lasciare la porta aperta a un modello di fast fashion che sfrutta le persone e le risorse del pianeta ma, finora, l'Ue non è ancora riuscita a obbligare legalmente i produttori e le grandi aziende di moda a operare in modo più sostenibile. Nonostante l’impegno di molti eurodeputati, sono molte le preoccupazioni sull'effettiva capacità dell'Europa di aiutare i Paesi al di fuori del continente che, come il deserto di Atacama in Cile e le nazioni africane del Ghana e del Kenya, stanno sopportando il peso di gran parte dei rifiuti tessili del mondo.
Il deserto di Atacama (foto a lato), ad esempio, si è guadagnato l'indesiderato titolo di "cassonetto del mondo": circa 741 acri di vestiti abbandonati, l'equivalente di un'area grande quanto Central park. Molti dei capi presenti non sono mai stati indossati e, a causa della loro bassa qualità, sono impossibili da rivendere. La fondazione Ellen MacArthur stima che il 30% dei nuovi abiti prodotti ogni anno non venga mai indossato e sembra che il problema non sia solo la durata. Gran parte del problema è da attribuire ai consumatori e non solo ai produttori.
Le norme riviste, parte di un pacchetto sull’economia circolare, si applicherebbero a quasi tutti i prodotti sul mercato interno (ad eccezione di alimenti, mangimi, medicinali e organismi viventi).Tra i prodotti prioritari non solo quindi i prodotti tessili. La Commissione dovrà infatti dare priorità ad una serie di gruppi di prodotti che includono ferro, acciaio, alluminio, prodotti tessili (in particolare indumenti e calzature), mobili, pneumatici, detergenti, vernici, lubrificanti e prodotti chimici.
I “passaporti dei prodotti” digitali contenenti informazioni accurate e aggiornate consentiranno ai consumatori di fare scelte di acquisto informate. Secondo il testo concordato, la Commissione gestirà un portale web pubblico che consentirà ai consumatori di cercare e confrontare le informazioni incluse nei passaporti dei prodotti.
Inoltre, gli operatori economici che distruggono beni invenduti avranno il compito di comunicare ogni anno le quantità di prodotti che scartano e le relative motivazioni. Sarà vietata espressamente la distruzione degli indumenti, degli accessori di abbigliamento e delle calzature invenduti, due anni dopo l'entrata in vigore della legge (sei anni per le medie imprese). In futuro la Commissione potrebbe aggiungere ulteriori categorie all'elenco dei prodotti invenduti per i quali vi sarà il divieto di distruzione.(Fonte: Parlamento europeo)
* fast fashion è un termine per esprimere un design che influenza le attuali tendenze della moda: si tratta di un metodo di produzione di abiti di bassa qualità a prezzi molto bassi e che prevede il lancio di nuove collezioni continuamente e in tempi brevissimi.
Per ulteriori informazioni QUI
Per la Redazione - Serena Moriondo