La ricostruzione dopo terremoti, alluvioni o altre calamità naturali potrà essere fatta in deroga ai vincoli paesaggistici, ovvero quelle norme che tutelano le aree di particolare pregio in base ai principi del valore storico, culturale e ambientale. Già questo provvedimento, da solo, è abominevole ma se si associa al fatto che questo potrà essere fatto dai commissari straordinari nominati dal Governo Meloni che potranno elaborare piani urbanistici privando di tale potere e dovere le municipalità locali, diventa un atto ancora più grave.
La norma è stata inserita nel DDL sulla Ricostruzione approvato dal Governo.
Alessandro Genovesi, Segretario generale della Fillea Cgil, a cui è stato chiesto un parere su Il Messaggero del 5 dicembre scorso, vede nel provvedimento una evidente forzatura. In primo luogo - spiega il Segretario degli edili - perchè bisognerebbe mantenere una differenziazione tra la fase "emergenziale di somma urgenza e di ricostruzione" e quindi tra interventi "primari e secondari". In aggiunta: "Oggi il piano urbanistico è uno dei pochi interventi rimasti in capo ai Comuni e con questa legge i sindaci saranno espropriati da un commissario di nomina governativa che dovrà avere l`assenso del ministro della Cultura. Ogni permesso sarà deciso dal governo in carica". Nel disegno di legge, come ha rivelato Il Messaggero, è previsto anche che i lavori dovranno finire in 10 anni e il governo fa dietrofront rispetto alla bozza iniziale: i presidenti di Regione potranno essere commissari.
Una visione, quella portata avanti da Meloni, ben lontana da ciò che servirebbe al Paese.
La pianificazione e governo del territorio, occupandosi di futuro, indagano necessariamente anche le prospettive di trasformazione socioeconomica, nelle quali inserire gli aspetti relativi alle trasformazion insediative. Per orientare sia l'economia sia i comportamenti individuali, alcuni studiosi - in posizione nettamente contraria a condoni e deregolamentazioni, apportatori di abusivismo e interessi criminali - stanno iniziando a porre la questione anche in termini di leva fiscale. Di come passare cioè da un sistema impositivo, basato sul reddito monetario e valore aggiunto, ad uno che punisca i comportamenti che producono insostenibilità e che distruggono convivenza, e che premi i comportamenti di attori economici e sociali che constribuiscono alla generazione di valore collettivo, come la tutela del territorio e dell'ambiente.
Anzichè deresponsabilizzare e liberalizzare, dunque, mettendo a rischio un patrimonio unico nel mondo, abbiamo necessità di una diversa stagione di politiche e progetti dedicati ai territori, dove ll tema del locale diventi sempre più centrale. Un valore condiviso per una composizione di interessi concreti in una visione di governo delle forme dell'abitare, della modalità e dell'suo dei patrimoni comuni che tengano conto dei bisogni delle persone in ogni fase della loto vita, dove l'ambiente tutelato e non violato, ritrova piena accessibilità pubblica.
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Per la Redazione - Serena Moriondo