Si è conclusa a Dubai la Conferenza sul clima. Dietro queste parole c'è il consenso di tutti i Paesi della Terra, compresi i produttori di petrolio e gas: "Transitioning away from fossil fuels in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050 in keeping with the science".
Positivo è che COP28 di Dubai, per la prima volta nella storia delle Conferenze sul clima a seguito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC), abbia introdotto una esplicita citazione della necessità di uscire dalle fonti fossili (tutte) a livello globale, non solo dunque del carbone. La strada delineata è quella di lavorare sull’uscita, accelerando gli sforzi “transitioning away” entro il 2030 (quindi nei prossimi sei anni), con l’obiettivo di arrivare a emissioni nette zero a livello globale entro il 2050.
Pur notando con apprezzamento - come del resto hanno fatto anche CAN International (la rete di organizzazioni non governative ambientaliste attive nello studio e azioni di contrasto al cambiamento climatico), l’alleanza AOSIS degli Stati insulari, molti attori della società civile - lo storico passo avanti sul linguaggio sulle fossili e progressi su altri temi, come la finanza per perdite e danni, scrive Italian Climate Network - dobbiamo in ogni caso evidenziare il prezzo che ha portato a questo compromesso finale.
Il testo fa riferimento alla scienza ma non adotta le soluzioni che la scienza ci indica. Rimandata al 2024 la decisione sugli aspetti operativi dei nuovi strumenti del mercato del carbonio previsti dall’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi, eliminati riferimenti al picco emissivo al 2025, quasi nessuna decisione significativa sulla finanza per il clima salvo che su perdite e danni. E ancora: prosecuzione dell’uso di un linguaggio molto, troppo blando sull’uscita dai sussidi alle fonti fossili, adozione di un testo debole sul Programma di lavoro sulla mitigazione, riferimenti insufficienti alla protezione e tutela dei diritti umani in particolare quando si parla di mercati dei crediti e perdite e danni; e, in termini di prime volte, inserimento del primo riferimento di sempre al nucleare come energia di transizione in una decisione COP. Inoltre, su altre decisioni considerate minori, incertezza diffusa in merito al finanziamento delle attività del Segretariato per il 2024, per esempio sull’importante nuovo programma sulla Giusta transizione.
Non ultimo, il fatto che lavoratrici e lavoratori, oltre che le Organizzazioni dei sindacati, a qualsiasi livello di fatto, sono completamente tagliati fuori dal testo del GST, il programma di lavoro per la giusta transizione. VI è un cenno al riconoscimento del lavoro continuo intrapreso dai sindacati di tutto il mondo per affrontare i cambiamenti climatici ma una transizione che, come sottolineato nel documento dell'ITUC "#COP28 FRONTLINES BRIEFING Trade unions demand a labour inclusive Just Transition Work Programme at COP28" richiede politiche globali con un focus dedicato alle dimensioni del lavoro perchè, nonostante il fatto che il mondo sia tre volte più ricco di 20 anni fa, al 70% delle persone è ancora negata la protezione sociale universale, l’84% delle persone afferma che il salario minimo non è sufficiente per vivere e l’81% dei Paesi ha consentito violazioni contro il diritto alla contrattazione collettiva.
Una transizione giusta garantisce il futuro e il sostentamento dei lavoratori e delle loro comunità durante la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. I piani di transizione giusta dovrebbero, dunque, essere creati in collaborazione con le lavoratrici e i lavoratori e i loro sindacati per fornire e garantire lavoro dignitoso, protezione sociale, opportunità di formazione e sicurezza del lavoro per tutti i lavoratori colpiti dalle politiche sul riscaldamento globale e sul cambiamento climatico. I piani devono essere sostenuti dai diritti fondamentali del lavoro, ovvero la libertà di associazione e contrattazione collettiva, e facilitati attraverso il dialogo sociale con i sindacati, datori di lavoro e governi, come stabilito dall’ILO. Una transizione giusta richiede garanzie. Quella individuata a Dubai non è la strada giusta per portare avanti la transizione.
Da oggi, però, il fatto che il clima sia un problema di combustibili fossili è indubbiamente un patrimonio di tutti i Paesi. È così che inizia la fine di petrolio, gas e carbone anche se sarà - come sostiene il giornalista Cotugno di Areale - un finale lungo, diluito, contraddittorio, pieno di rebound come ogni dipendenza.
Troppo lentamente rispetto alle richieste della scienza e alla rapidità del problema ma, qualcuno sostiene, nell’unico modo ad oggi possibile per trattare un tema globale.
Link: L'analisi completa di Italian Climate Network
Link: Video della Dichiarazione di chiusura dell'ITUC alla plenaria Cop28
Per la Redazione - Serena Moriondo