Morti sul lavoro: nessuno può essre indifferente e tutti dovrebbero sentirsi colpevoli per continuare a permettere che capitino stragi come questa.
Nel 2023 il dato complessivo di morti per il lavoro parla di 1485 morti, più di 4 ogni giorno. Da inizio anno al crollo del cantiere Esselunga di Firenze avvenuto oggi, ci sono stati 145 morti. Il Segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, commentando ciò che è successo ha dichiarato "Mille morti sul lavoro ma il governo ha reintrodotto il subappalto. Serve reazione immediata”.
La denuncia dei sindacati è nota. Alessandro Genovesi, Segretario Generale della Fillea Cgil, ha più volte dichiato che da parte del sindacato vi è forte preoccupazione per l’estensione dell’affidamento diretto e delle procedure negoziate che certo non favoriscono una crescita e una strutturazione del settore; per il subappalto, la clausola sociale e il consolidamento dell’appalto integrato senza mettere quei paletti che sono necessari per far funzionare gli affidamenti al meglio e senza rischi per i lavoratori.
Spesso si sente dire, giustamente, che le priorità devono essere la formazione e la prevenzione, il rispetto delle norme e l’effettivo utilizzo dei dispositivi di protezione, ma tutto ciò non basta.
Vi è la tendenza a parlare soltanto di come si dovrebbe distribuire la ricchezza prodotta dall'attuale sistema economico e non, invece, a come essa venga prodotta, né a quali costi, sulla pelle di chi viene realizzata.
Il capitalismo ha dimostrato dei limiti come sistema sociale ed economico perchè è intrinsecamente disfunzionale in quanto mette a repentaglio le basi stesse per il suo funzionamento. E ciò non vale solo per le persone (la ricchezza prodotta non va a beneficio di tutti in egual misura) ma, ad esempio, anche per lo sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali (tale sfruttamento ora ci permette di mantenere un certo livello di prosperità ma, allo stesso tempo, mette a repentaglio le condizioni future della vita del pianeta). Con questo modello non vi è alcun vero progresso perchè lo sviluppo dell’economia capitalistica comporta il costante e sempre più grave impoverimento di una massa della popolazione via via più ampia, l'insicurezza e l'aumento dei rischi.
Questa critica, però, vale solo se non siamo più disposti ad accettare finte promesse di libertà e di autorealizzazione in un mercato senza regole, se smettiamo di credere in un consumismo sfrenato e alienante; vale solo se, in sostanza, non vogliamo vivere in questo modo e se, soprattutto, non vogliamo morire per soddisfare l'esistenza di un modello economico che si poggia sulla massimazione dei profitti per pochi, sull'avidità insaziabile e sullo sfruttamento. Ma se, al contrario, non si pongono limiti allora tutto è accettabile, anche che vi siano e vi saranno morti per il lavoro.
Il patto sociale ed economico che contraddistingue la società moderna dovrebbe risultare inseparabile da criteri di valore. La critica a questo modello di sviluppo - come spiega magistralmente Rahel Jaeggi, professoressa di Filosofia sociale e politica presso l’Università Humboldt di Berlino e direttrice del Center for Humanities and Social Change - è alla forma di vita che ci propina. Il fatto che vi siano persone che non vogliono vivere in questo modo non è solo un giudizio di valore etico, "piuttosto, un fatto inseparabile dagli stessi deficit strutturali che il capitalismo ha finora dimostrato e dalle crisi e difficoltà pratiche che a esso si accompagnano." L’idea tradizionale dell’economia come qualcosa a sé stante, di per sè positiva e incontestabile, deve essere messa in discussione, ma "per sviluppare una critica delle forme di vita che risulti incisiva ed estranea a ogni paternalismo ed essenzialismo.è necessario partire dalle crisi e dai problemi" che sono, da troppo tempo, davanti agli occhi di tutti.
* Rahel Jaeggi "Forme di vita e Capitalismo" (p.91-118) Rosemberg&Sellier, 2016
* in homepage Foto di Ricardo Gomez Angel su Unsplash
Per la Redazione - Serena Moriondo