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Essere consapevoli nell'utilizzo degli strumenti digitali significa essere in grado di usarli in modo sicuro e responsabile. Questo implica il rispetto di sé stessi e degli altri, sia online che offline. È solo attraverso l'educazione e la sensibilizzazione che possiamo creare un ambiente digitale più sicuro e positivo per tutti.

Il significato di queste parole sono una battaglia che Parole O_Stili -  un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole - porta avanti sin dal suo esordio. Vale, infatti, dedicare un po' del nostro tempo al loro sito per capire l'impegno e il lavoro che dedicano a questo tema.

In questi giorni, a proposito di consapevolezza dell’utilizzo degli strumenti digitali, hanno segnalato i dati dell’indagine realizzata da Sfera MediaGroup, che ha provato a indagare non solo la percezione che di bullismo e cyberbullismo hanno i genitori ma anche le soluzioni che immaginano per affrontarli. Un tema molto complesso che coinvolge più elementi, e i cui effetti negativi possono durare fino all’età adulta con gravi conseguenze psico-fisiche.

Il bullismo non è solo un allarme mediatico, ma un fenomeno concreto con una diffusione preoccupante che ha caratteristiche sociologiche, familiari e sanitarie. I dati del CENSIS del 2007 parlavano di un fenomeno presente nel 49,9% delle classi italiane. Nel Rapporto 2016 sulla situazione sociale del Paese si apre addirittura sul tema del bullismo: più della metà degli 11-17enni (il 52,7% per la precisione) ha subito nel corso dell’anno comportamenti offensivi, non riguardosi o violenti da parte dei coetanei. La percentuale sale al 55,6% tra le femmine e al 53,3% tra i ragazzi più giovani, di 11-13 anni e quasi un ragazzo su cinque è oggetto di questo tipo di soprusi almeno una volta al mese.
Le ragazze sono particolarmente esposte ad attacchi di cyberbullismo (il 25%). Tre dirigenti su 4 dichiarano di aver dovuto gestire più casi di bullismo nel corso della propria carriera scolastica e secondo l’80% dei dirigenti, quando i loro figli sono coinvolti in episodi di bullismo, i genitori tendono a minimizzare l’accaduto.

Secondo l'ultima rilevazione del giugno 2023, il 5,8% degli adulti italiani pensa che l'uso di internet non porti con sé dei problemi ma circa il 15% dei ragazzini è arrivato a subire, nel 2022, una qualche forma di cyberbullismo. In quattro anni le vittime di cyberbullismo tra i ragazzi sono aumentate del 6%. A preoccupare sono soprattutto i giovanissimi. Lo rivelano i dati dello studio HBSC dell’ISS in collaborazione con i Ministeri della Salute e dell’Istruzione, oltre che con le Università di Torino, Padova e Siena, diffusi nel 2023.

Dal quadro complessivo emerge come il fenomeno sia sostanzialmente trasversale e prescinda dal contesto familiare, sociale, economico o territoriale di appartenenza.

Vi segnaliamo alcuni risultati che ci dovebbero far riflettere.

Il 63% dei genitori che hanno risposto all'indagine di età tra i 25 e i 65 anni, afferma di averlo vissuto in prima persona, come vittima nel 37% dei casi o come spettatore attivo/passivo.

Rispetto ai propri figli, il 74% teme che vengano coinvolti in episodi di bullismo, solo il 12%, invece, è preoccupato del fatto che diventino bulli. Il 50% dei rispondenti afferma invece di sapere (o di sospettare) che sia già avvenuto (il 30% indica il figlio come la vittima).

Il 94% degli intervistati considera il fenomeno rilevante e dichiara di informarsi prevalentemente attraverso i media (50%) o parlandone con amici e conoscenti (46%), ma il 50% di loro ritiene di non avere informazioni sufficienti su come comportarsi di fronte al bullismo.

Rispetto ai possibili fattori che alimentano il bullismo dalle risposte spiccano i “cattivi modelli” veicolati dai social (64%), ma anche sociali, come: l’impoverimento culturale (54%), una minore educazione alle emozioni (52%), il minor tempo a disposizione dei genitori da dedicare ai figli (46%).

Tra le azioni ritenute necessarie per affrontare il bullismo emergono: educazione a empatia e convivenza (70%), informazione verso bambini e famiglie su come comportarsi (64%), educazione contro il bullismo a scuola (54%), corsi per potenziare l’autostima (52%). Il tema della formazione e dell’informazione si evidenzia anche rispetto al Cyberbullismo, con il 33% degli intervistati che dichiara di non sentirsi competente sul tema.

Si evince però un alto grado di libertà dei figli, che già in età scolare e prescolare utilizzano abitualmente lo smartphone (55% nella fascia 6-10 anni e 78% in quella 11-13) anche in autonomia (60% nella fascia 6-10 anni e 82% in quella 11-13). Senza regole precise di utilizzo (20%) o con regole facilmente aggirabili, anche rispetto a navigazione online e chat, che spesso non vengono supervisionate dai genitori principalmente per: rispetto per la privacy (29%) e fiducia nei propri figli (23%). In presenza di supervisione delle chat dei figli da parte dei genitori, però, i rispondenti affermano di aver rilevato molti contenuti inadatti, tra cui: linguaggio scurrile/violento (28%) o blasfemo (25%), pettegolezzi (25%), minacce, insulti, dileggio rivolte ad altri ragazzi/e (13%), condivisone di immagini non adatte all’età (13%), istigazione a violare le regole (6%).

Link: Comunicato stampa

* In homepage Foto di FlyD su Unsplash

Per la Redazione - Serena Moriondo