Anche se la Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali sottoscritta a Roma il 4 novembre del 1950 non dedica spazio al diritto ad un ambiente sano in quanto tale, la Corte europea è stata chiamata a sviluppare la propria giurisprudenza in materia ambientale a causa del fatto che l’esercizio di alcune disposizioni della Convenzione e i relativi diritti possono essere compromessi dall’esistenza di danni all’ambiente e dall’esposizione a rischi ambientali.
Nel corso del 2023 si sono tenute varie udienze inerenti a cause portate avanti da cittadini europei che denunciavano l’inazione dei loro Paesi di fronte al cambiamento climatico. Nel mondo se ne registrano oramai diverse.
Il Diritto climatico non è semplicemente una disciplina. Piuttosto è un campo di osservazione e azione sulle conseguenze problematiche che il fenomeno dei cambiamenti climatici antropogenici sta producendo nelle relazioni tra potere, diritti umani, economia, natura, tecnologie e acquisizioni delle scienze. Pertanto, Diritto climatico è sinonimo di rispetto e osservanza delle obbligazioni che Stato, Istituzioni pubbliche e Imprese private assumono nei confronti delle presenti e future generazioni.
In Italia da alcuni anni opera la Rete "Legalità per il clima" composta da ricercatori, giuristi e avvocati, esperti di Diritto climatico, che agiscono in nome proprio e per conto di Cittadini e associazioni che rivendicano il diritto umano al clima stabile e sicuro. La prima "Climate Change Litigation Strategy" italiana, promossa nei confronti dello Stato italiano, da Cittadini e associazioni coordinati da ASud Onlus, si chiama "Giudizio Universale". L'azione è finalizzata a far valere i doveri di protezione a tutela del diritto umano al clima nella situazione di pericolo dell'emergenza climatica, in conformità con le obbligazioni climatiche disposte a livello internazionale ed euro-unitario, rilevanti in base alla Costituzione e agli artt. 1173, 1218, 2043 e 2051 Cod. civ. (QUI per approfondire il tema).
Non tutti i ricorsi finora presentati hanno ottenuto parere favorevole ma, oggi, per la prima volta, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto uno Stato colpevole di "inazione contro il cambiamento climatico". Il tribunale di Strasburgo, su ricorso intentato dall’associazione elvetica "Anziane per il clima" (supportata dalla Greenpeace locale), ha infatti condannato la Svizzera per l’incapacità di adempiere ai doveri previsti in materia di clima e per la mancata protezione dei cittadini contro i gravi effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita (QUI). A presentare il ricorso erano state quattro donne dell’Associazione, composta da circa 2300 associate over 65. La scelta di rappresentare proprio questa fascia di età è supportata da vari studi sui pericoli che le ondate di caldo comportano per la salute delle persone anziane e, in particolar modo delle donne.
La decisione sulla Svizzera potrebbe, dunque, costituire un precedente storico per gli Stati europei, proprio mentre l’Agenzia europea per il Clima ha lanciato l’allarme sul mese di marzo più caldo di sempre (di 0,70°C sopra la media 1991 - 2020 e di 1,68°C sopra la media pre-industriale), e si va ad aggiungere a una serie di dieci record mensili consecutivi. Secondo il servizio meteo della Ue Copernicus, marzo 2024 è il decimo mese di fila che si classifica come il più caldo mai registrato. Infatti da giugno 2023, la Terra ha battuto ogni mese i record di calore. Il fenomeno è stato alimentato dalle ondate di caldo marino in vaste aree degli oceani.
La Cedu ha stabilito, con una maggioranza di sedici voti contro uno, che c’è stata una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, quello che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Secondo i giudici di Strasburgo, tale articolo prevede infatti il diritto a “un’effettiva protezione da parte delle autorità statali contro i gravi effetti negativi del cambiamento climatico sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita”.
Nella sentenza vengono sottolineate le “lacune critiche” nel processo di creazione del quadro normativo nazionale pertinente, tra cui l’incapacità delle autorità svizzere di quantificare, attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo, i limiti delle emissioni nazionali di gas a effetto serra. Inoltre, i giudici hanno evidenziato il fallimento della Repubblica federale nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra fissati in passato.
Alla luce di questi accertamenti, la Corte ha ritenuto in definitiva che le autorità svizzere non avessero agito in tempo e in modo appropriato per “concepire, sviluppare e attuare la legislazione e le misure pertinenti".
La Commissione europea ha preso atto delle sentenze sul clima emesse dalla Cedu che studierà attentamente, e si è dichiarata “pienamente impegnata a garantire la completa attuazione del Green deal e degli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi”.
Nei prossimi mesi anche altri organismi internazionali dovranno pronunciarsi su casi simili: tra queste la Corte internazionale di giustizia, il Tribunale internazionale per il diritto del mare e la Corte interamericana dei diritti dell’uomo. “Tutti questi processi insieme chiariranno la cornice degli obblighi legali all’interno della quale gli stati sono chiamati a proteggere i diritti dei loro cittadini nel contesto del cambiamento climatico – afferma Joie Chowdhury, avvocato del Centro per il diritto ambientale internazionale – e così facendo porranno le basi per i decenni a venire”. La cosa fondamentale, ora, è che Governi e Cittadini capiscano che siamo entrati in una fse molto più delicata della vita sulla Terra e pongano in atto tutti i necessari interventi e comportamenti corretti per mitigare e, ove possibile, contrastare i cambiamenti climatici in atto.
Link: Testo Grande Camera europea
* Foto di Markus Spiske su Unsplash
Per la Redazione - Serena Moriondo