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L’ISTAT ha recentemente presentato l’undicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (BES).

Attraverso l’analisi di un ampio set di indicatori statistici, integrata da approfondimenti tematici, il Rapporto offre una lettura approfondita dei livelli, delle tendenze e delle disuguaglianze di benessere che si possono osservare nei 12 domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.

Nel report si segnala che poco più della metà dei 129 indicatori (per cui è possibile un confronto temporale) sono migliorati rispetto all’anno precedente, mentre il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile. Guardando però nel suo complesso, il Rapporto presenta diverse criticità.

Tra i domini con l’andamento peggiore spiccano quello dedicato alla povertà: 9,8% in povertà assoluta, in crescita e il 6,9% della popolazione in generale che arriva a fine mese con grande difficoltà;  e quello dedicato all’ambiente: soltanto 4 dei 16 indicatori di Ambiente migliorano nell’ultimo anno, a fronte dei sette che peggiorano. In aggiunta, peggiorano anche gli indicatori relativi al clima e al paesaggio e il patrimonio culturale: il 21.3% delle persone ritiene di vivere in luoghi degradati. Mentre, a proposito di benessere, è molto grave il dato delle persone (7,6%) che ha rinunciato alle cure sanitarie per motivi economici, lunghe attese, difficoltà di accesso al servizio. L’analisi per genere evidenzia l'inaccettabile persistenza di una discriminazione nei confronti delle donne (viene denominato "svantaggio") per 38 degli 88 indicatori disponibili per il confronto. Lo squilibrio maggiore tra i livelli degli indicatori riguarda la composizione degli organi decisionali e dei Consigli regionali;  nei domini Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (sette indicatori su 12) e Benessere economico (cinque indicatori su nove). Le donne sono svantaggiate anche rispetto alla percezione di sicurezza in città (il 72,4% degli uomini si sente sicuro rispetto al 52,1% delle donne). In tema di lavoro, il part time involontario (sul totale degli occupati) scende sotto al 10% nel 2023 ma la percentuale femminile è però ancora tripla rispetto a quella degli uomini e spesso si associa a un’occupazione a tempo determinato. Nonostante l‘occupazione a termine nel 2023 sia diminuita a vantaggio del tempo indeterminato, l’indicatore relativo alla quota di lavoratori a termine (che lo sono da almeno cinque anni) risulta in aumento (dal 17,0% del 2022 al 18,1%). Si tratta di occupati che continuano a svolgere lo stesso lavoro, ma con un susseguirsi di contratti a termine, sperimentando dunque situazioni di precarietà lavorativa prolungata, rispetto alle quali non si ravvisano segnali di miglioramento.

Più in generale il confronto con l’Europa mostra una situazione in peggioramento per l’Italia, nella maggior parte dei casi.

In un simile contesto, come dicevamo, la situazione ambientale si mostra come particolarmente deteriorata:

  • per quanto riguarda  l’inquinamento atmosferico, nel 2022 si osserva un aumento della percentuale dei superamenti di PM2,5, un inquinante che – come riporta l’Agenzia europea dell’ambiente, dati 2021 – uccide 46.800 persone all’anno nel nostro Paese;
  • per quanto riguarda il cambiamento climatico: nel 2022 le emissioni di CO2 e degli altri gas climalteranti continuano a crescere, raggiungendo le 7,3 tonnellate di CO2 equivalente per abitante (+0,1 %), e in parallelo si conferma la tendenza generalizzata all’aumento delle temperature (media, massima e minima) in tutto il Paese;
  • insieme alle temperature sale anche il rischio siccità: nel 2023 prosegue la crescita del numero dei giorni consecutivi non piovosi, raggiungendo a livello nazionale, il valore di 29 giorni (+5,5 rispetto alla mediana del periodo 1981-2010). Eppure nel 2022 il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua resta pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,4% dell’acqua immessa in rete!!!;
  • per quanto riguarda il consumo di suolo e le risorse naturali, nel 2021 l’incremento di coperture artificiali impermeabili che genera “consumo di suolo” ha riguardato altri 76,8 kmq rispetto al 2020, in media più di 21 ettari al giorno, mostrando "una preoccupante accelerazione";
  • prosegue inoltre la crescita dei flussi di materia: secondo le prime stime, nel 2022 il Consumo di materiale interno (Dmc) registra un ulteriore aumento di circa 10 milioni di tonnellate (+2,1% rispetto al 2021), quando già nel 2021 il Dmc era aumentato di oltre il 10%, con un incremento di 46,8 milioni di tonnellate rispetto all’anno precedente, superando così nuovamente il mezzo miliardo di tonnellate e i livelli pre-pandemia;
  • un apparente miglioramento sembra invece riguardare i siti contaminati (Sin) oggetto di bonifica, ma "in realtà – come chiarisce lo stesso Istat – tale dinamica è dovuta alla revisione delle perimetrazioni dei siti stessi, senza un reale avanzamento delle bonifiche, lasciando "immutata la situazione delle aree contaminate in Italia".

L'ISTAT conclude il suo Rapporto sostenendo che "Le molteplici azioni messe in campo nel nostro Paese per avviare la transizione non hanno prodotto ancora i risultati auspicati. Diversi indicatori mostrano come la ripresa delle attività economiche e sociali, successiva alla crisi pandemica, abbia concorso all’aumento delle pressioni sull’ambiente".

Da segnalare che quest'anno, dal 4 al 6 novembre, si terrà presso l'Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, a Roma, il settimo Forum mondiale dell’OCSE sul benessere che riunirà esperti, professionisti della materia, rappresentanti istituzionali, per mettere al centro il benessere multidimensionale nelle politiche, nella misurazione e nell’azione sociale.

L'iniziativa riveste oggi una particolare importanza, anche in considerazione dell’imprescindibilità dei “dati” - sia nelle culture di governo che, in generale, nella gestione della democrazia, dell’economia e dell’informazione (Giovannini, 2010). I dati statistici sono alla base delle politiche europee: è successo con il coordinamento del mercato unico nel 1985,  l'unione monetaria europea  nel 1999, per il piano d'azione per i diritti sociali del 2021 e sta succedendo, oggi, per le politiche energetiche e di transizione ambientale. Anche nel processo di allargamento l'UE integra nuovi membri a condizione che questi soddisfino una serie di condizioni politiche ed economiche verificate su parametri e criteri politici, economici, amministrativi e istituzionali.

Negli ultimi anni il Parlamento europeo ha evidenziato il peggioramento della situazione legata allo Stato di diritto, specialmente in alcuni Paesi, come ad esempio l'Ungheria. Tanto che si sta ponendo il problema di come poter attuare con più incisività - oltre alle procedure di infrazione per il mancato rispetto di specifiche direttive nei confronti degli Stati membri (l’Italia è uno dei Paesi che ha cumulato il maggior numero di infrazioni, con relative sanzioni pecuniarie che, dal 2009 al 2023 ammontano a oltre un miliardo, la maggior parte riguardano il settore ambientale) - altre misure (preventive e sanzionatorie) a tutela dei valori espressi dalla carta europea e, in particolare, dall'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea (tra questi troviamo il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l'uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani).

I dati statistici contenuti nei rapporti, come il BES, sono dunque sempre più lo specchio di un Paese e contribuiscono alla sua reputazione in Europa e nel mondo. Faremmo bene a non dimenticarlo, senza cadere nella tentazione di ignorare i dati o, peggio, manipolarli. Un trucco che in Europa non funziona.

Per la Redazione - Serena Moriondo