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Cinque edili morti a Casteldaccia, nel palermitano. Fillea CGIL: sul lavoro tragedia senza fine, impegno di tutti per garantire sicurezza sul lavoro. Il più anziano tra gli operai aveva 71 anni, il più giovane 26 anni, era un lavoratore interinale in appalto ad Amap, l’azienda municipale acquedotti.

La sicurezza sul lavoro è un obbligo, ma è anche uno strumento per fare cultura nelle imprese come nel territorio e aggregare la collettività verso l’obiettivo della massima sicurezza. Anzi diremo di più: la salute delle lavoratrici e dei lavoratori costituisce un aspetto fondamentale della tutela della salute.

Tale principio trova il proprio fondamento nello stesso art. 19, comma 1, della legge n. 833 del 1978 e, ancor più specificatamente, nell'articolo 20 della stessa legge, là dove si parla di attività di prevenzione:

a) la individuazione, l’accertamento ed il controllo dei fattori di nocività e di deterioramento negli ambienti di lavoro;
b) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza, anche a livello di luogo di lavoro e di ambiente di residenza;
c) l’indicazione delle misure idonee all’eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di lavoro;
d) la formulazione di mappe di rischio con l’obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche ed i possibili effetti sull’uomo e sull’ambiente;
e) la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l’adozione delle misure idonee a prevenirne l’insorgenza;
f) la verifica della compatibilità di attività produttive con le esigenze di tutela dell’ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati.

Vi è, dunque, un'evidente e inscindibile correlazione tra "salute e sicurezza”, non essendo possibile sganciare il concetto di sicurezza da quello di salute ed entrambi da quello di “prevenzione”, e la "vigilanza" costituisce uno strumento essenziale di quest'ultima. L'Italia ha una normativa ad hoc (D.Lgs. 81/2008 che elenca le misure generali di tutela di sicurezza aziendale, poi integrate dalle misure di sicurezza previste per specifici rischi o settori di attività e il DL n. 146 del 2021 che ha apportato alcune modifiche, rafforzando la banca dati del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) e incrementando talune sanzioni); un'istituto di prevenzione dei rischi lavorativi, di informazione, di formazione e assistenza come l'INAIL e di vigilanza come l'Ispettorato nazionale del lavoro, un'agenzia del Governo istituita nel 2015.

L’accertamento della dimensione del fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro, delle malattie, delle invalidità e l’assistenza alle famiglie delle vittime;
 le cause con particolare riguardo alla loro entità nell’ambito del lavoro nero o sommerso e al doppio lavoro; 
il livello di applicazione delle leggi antinfortunistiche e l’efficacia della legislazione vigente per la prevenzione degli infortuni, anche con riferimento alla incidenza sui medesimi del lavoro flessibile o precario sono state oggetto di una Commissione parlamentare.

Tale Commissione nel 2013 ha elaborato la proposta di una Agenzia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, analogamente a quanto fu fatto nel 1994 con l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro con un referente in ogni Paese. In Italia era l'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, un ente, sotto il controllo del Ministero della Salute, ora soppresso e , dal 2010, le competenze e le conoscenze in materia di sicurezza e salute sul lavoro, sono confluite nell'INAIL.

Ma allora perchè tutte queste morti?

Perchè serve sì una risposta integrata al problema della effettiva tutela delle condizioni psico-fisiche delle lavoratrici e dei lavoratori ma non si può fare a meno di affrontare il modello di sviluppo e la sua sostenibilità, nelle tre dimensioni: ambientale, economica e sociale. E le morti sul lavoro sono un costo sociale globale che non può essere sacrificato al profitto di pochi, perchè è di questo che si parla.

Ferirsi o perdere la vita lavorando non sono fatti ineluttabili, fatalità che non prevedono rimedio, ma conseguenze gravissime dei punti di caduta del sistema produttivo e di civiltà del Paese, sui quali si deve intervenire.

Vi lasciamo riflettere su questo punto con un testo di Riccardo Venturi, Reporter di ‘contrasto',  tratto da "NO! Contro il dramma degli incidenti sul lavoro" scritto nel 2008, sotto l’ Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il Patrocinio della Camera dei deputati promosso da ANMIL onlus Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi del Lavoro in collaborazione con l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro.

"La dignità. Ognuno la intende a modo suo, forse perché la dignità è prima di tutto soggettiva.
Ho conosciuto Carmelo, asfaltista cinquantenne di origini siciliane in un ospedale romano. Per lui la dignità è il diritto
ad avere un bagno pulito e un posto decoroso dove levarsi la tuta a fine giornata.
Carmelo ha subito l’amputazione della gamba destra, lasciata dentro un rullo compressore in un incidente sul lavoro.
Sopportava con rassegnazione i ritmi sempre più serrati a cui veniva costretto. “Si sa - mi diceva - in cantiere è così. Ti spingono ogni giorno a fare un metro di strada in più, perché bisogna consegnare, bisogna chiudere presto…”.
Sopportava a denti stretti anche i macchinari vecchi e mezzi sfasciati con cui doveva lavorare, e che nessuno si dava la briga di riparare.
Sopportava, infine, tutte le piccole e grandi dimenticanze sulle norme per la sicurezza, che poi sono spesso la causa di incidenti come il suo.
“Ma si sa - mi ripeteva - nei cantieri le cose funzionano così, lo sai e lo accetti. Lo accetti e lavori, pensando solo alla paga e alla famiglia”. Ma quello che proprio non gli andava giù, mi diceva, era quella mancanza di rispetto per lui e i suoi compagni, quel doversi tirare giù i pantaloni in mezzo alla strada, nascondendosi dentro una macchina o dietro un muretto.
Quello era veramente indecoroso. Quello più di ogni altra cosa - o forse quello, dopo aver sopportato tutto il resto - lo faceva sentire un uomo senza dignità.
Questa frase me l’ha ripetuta molte volte guardandomi dritto in faccia. E non posso più dimenticarla."

Per la Redazione - Serena Moriondo