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L'istruzione e le istituzioni scolastiche sono al centro dell'Obiettivo 4 dell'Agenda ONU 2030. Nell'ultimo Rapporto annuale dell'ASviS (2023),  la dispersione scolastica è la più grave emergenza educativa del nostro Paese, e il recupero dei ritardi degli apprendimenti e il potenziamento dei servizi per l’infanzia sono indicati come gli obiettivi più urgenti.

Non si può, quindi, parlare di Scuola senza esaminare quanto sta facendo il ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara che, già nel 2022, con il manifesto programmatico della Lega aveva dato un saggio del suo pensiero. Nel testo si leggeva la volontà di “ridare efficacia alle sanzioni disciplinari”,  di “cultura della regola”,  fino a richiamare la necessità di costruire una scuola fatta di apprendimenti “essenziali (comuni a tutti)” e obiettivi specifici opzionali “definiti con chiarezza, brevità e realismo didattico, dal ministero dell’Istruzione”, financo la scelta di rimettere in discussione i programmi scolastici. Un testo propagandistico certo ma anche inquietante, che annunciava quanto ora, Valditara, sta cercando di mettere in pratica, nella pressoché totale disattenzione delle opposizioni e di gran parte dell'opinione pubblica.

Nella sua ultima fatica letteraria, "La scuola dei talenti",  questi concetti sono stati, infatti, confermati. Il capitolo che tratta le "radici" è stato rivolto, in modo particolare, all'importanza dello studio della storia e dei classici. Un aspetto pienamente condivisibile se non fosse che alla fine - oltre le citazioni decontestualizzate e strumentali che cercano punti di contatto niente meno che con Antonio Gramsci - si scorge che la vera finalità è quella di giustificare il rafforzamento di "un'identità" nazionalista, molto cara alle forze di destra nuovamente emergenti. 

A conferma della sua limitata linea di pensiero, nel corso di un recente intervento pubblico, proprio in merito ai programmi scolastici, lo stesso ministro ha sostenuto di non comprendere che cosa possa servire studiare tutte le specie di dinosauri, oramai estinti da milioni di anni,  rivelando l’indole di chi misura - come ha sottolineato Chiara Valerio, nel suo articolo su la Repubblica l'8 maggio scorso - "la necessità di uno strumento o un concetto dall’immediatezza del suo utilizzo." Una visione nella quale la specializzazione, in ambito scolastico e, successivamente, in quello lavorativo, parrebbe l'unica strada più qualificata da percorrere.  

Specializzazioni che, alla domanda su chi o cosa abbia condotto all'estinzione i dinosauri, il paleontologo Giovanni Pinna ritiene ne siano state le principali cause, e non la più conosciuta ma non esausitiva teoria del meteorite: “Parametri ambientali indotti dalla deriva dei continenti (..) hanno portato all’estinzione di gruppi talmente specializzati da non poter andare oltre, mentre i gruppi non specializzati hanno continuato a vivere.” La scrittrice, nel commentare la risposta ha scritto che a quel punto dell'intervista le è sorto un "tragico sospetto"  domandandosi se quindi la specializzazione possa non far bene alla sopravvivenza. La risposta di Pinna è semplice ma non ovvia: la specializzazione è utile ma solo fino a un certo punto. "Ecco - conclude Chiara valerio - è possibile che la specializzazione non solo biologicamente ma pure scolasticamente porti all’estinzione di una specie. In questo caso la nostra per sopraggiunta incapacità di connettere una cosa a un’altra (..)."

Per ampliare conoscenza e riflessioni su questi temi che hanno una stretta connessione tra futuro della scuola italiana e prospettive per il Paese, vi segnaliamo la lettura di due interessanti articoli:

"La ricetta è presto detta: al facilismo educativo in cui è caduta la scuola dopo la riforma Gentile, si deve contrapporre la scuola del merito, del rispetto, dell’autorevolezza , che favorisca “un più ampio rapporto fra pubblico e privato, (..) la scuola, il privato, l’impresa. Sono quindi snocciolate le operazioni che il ministero ha messo in atto nel 2023: dal tentativo di riportare il voto numerico come strumento di chiarezza, ma soprattutto autorevolezza (ovvero dispositivo punitivo), alla necessità di prevedere una carriera differenziata dei docenti. Ma quello che deve destare preoccupazione sono i piani futuri: in applicazione al mantra “aiutiamoli a casa loro” e dell’idea delle classi differenziali."

  • Fiorella Farinelli "Le minoranze etniche e culturali a scuola", pubblicato il 14 maggio scorso, dalla Rivista il Mulino. Fiorella Farinelli,  esperta di problemi scolastici e formativi, è stata direttrice Studi e Programmazione del ministero della Pubblica Istruzione, insegnante, sindacalista Cgil nel campo dell'istruzione e della formazione professionale delle lavoratrici e dei lavoratori, assessore all'educazione e alle politiche giovanili del Comune di Roma, ricercatrice Isfol.

"Diffondere allarmi sulla perdita dell’identità culturale degli italiani è irresponsabile. Così come pensare all’integrazione come a qualcosa di immediato e banale (..) È difficile stabilire quanto dell’inerzia di politiche scolastiche adeguate si debba all’incapacità degli ultimi vent’anni di sensate politiche scolastiche e quanto al riflesso nella scuola dei ritardi e dell’involuzione delle politiche sull’immigrazione. Di sicuro ha pesato la non costruzione di un governo del sistema educativo sul piano locale. Tutte le migliori esperienze – Prato, Verona, Torino, Milano e altre città del Centro Nord – si basano su un impegno speciale dei comuni, o di fondazioni che agiscono in sussidiarietà. Ma hanno sempre pesato anche i timori di una politica, pur non ostile all’immigrazione, di sollevare temi “divisivi”. È stato più facile sventolare i valori dell’eguaglianza e dell’inclusione che entrare nel merito, misurandosi con la concretezza dei problemi e la fattibilità delle soluzioni.."

* Foto di Nate DeWaele su Unsplash 

Per la Redazione - Serena Moriondo