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STAZIONE DI BOLOGNA, 2 AGOSTO 1980 - 85 MORTI, 200 FERITI

"Le radici di quell’attentato - ha dichiarato Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione familiari delle vittime - come stanno confermando anche le ultime due sentenze d’appello nei processi verso Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, affondano nella storia del postfascismo italiano, in quelle organizzazioni nate dal Movimento Sociale Italiano negli anni cinquanta: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di Governo".

La Presidente Meloni e il Presidente del Senato La Russa, la cui storia politica affonda le radici nel MSI, si sono profondamente risentiti ma, che piaccia o no sentirlo ribadire, a Bologna negli anni '80 si consumò uno degli eventi più tragici della nostra storia repubblicana, un'attentato alla Libertà, duramente conquistata durante la Resistenza.

Lo ha ribadito la sentenza di inizio luglio, con cui la Corte d’assise d’appello ha confermato la condanna all’ergastolo a Paolo Bellini, quella a 6 anni a Piergiorgio Segatel e a 4 anni a Domenico Catracchia. Dopo sei ore di camera di consiglio il secondo grado ha ribadito la responsabilità nella strage di Bellini, ex terrorista del movimento neofascista Avanguardia Nazionale, in concorso con gli ex Nar – Nuclei armati rivoluzionari, altra organizzazione terroristica di estrema destra – già condannati Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. Nell’inchiesta finirono anche Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, nel frattempo deceduti e perciò non più imputabili, ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato. Ribadite anche le condanne all’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, accusato di depistaggio e condannato nuovamente a 6 anni, e di Domenicho Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini, condannato a 4 anni.

Un'attentato alla Democrazia italiana la cui matrice è stata definita, dalla giustizia e dallo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, "parte di una stretegia eversiva neofascista nutrita di complicità delle consorterie sovversive".

"La memoria - ha spiegato Mattarella - non è soltanto un dovere ma è l’espressione consapevole di quella cittadinanza espressa nei valori costituzionali che la violenza terroristica voleva colpire e abbattere."

Per la Redazione - Serena Moriondo