Sappiamo che sono le disuguaglianze in termini di accesso alle opportunità educative che orientano molte dimensioni della vita degli esseri umani fin dalla primissima infanzia e lungo tutto il tempo della crescita e che il mancato accesso all'istruzione e il depotenziamento degli investimenti educativi e formativi sulle persone o l’indebolimento della scuola pubblica nella sua fondamentale funzione di promozione culturale e sociale soprattutto nelle aree di maggiore povertà, sono presupposti per l'innestarsi e il cronicizzarsi delle disuguaglianze.
Evidentemente questa consapevolezza che, in questi anni, ha condotto il Forum Disuguaglianze Diversità ad avviare un’iniziativa politica nazionale rilanciando il tema dell’educazione, di un’istruzione e formazione di qualità capace di raggiungere davvero le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi che vivono in Italia e anche di interrogare nuovamente il sistema scolastico sul perché di un fallimento formativo così diffuso e penalizzante tanto da chiedere al Governo di investire le risorse del PNRR dedicate ai divari educativi partendo da 100 aree fragili del Paese e dalle comunità educanti che si sono sviluppate intorno alle scuole, è totalmente estranea agli intendimenti del Governo Meloni.
Diciamo, in "coerenza" con la decisione di mettere in piedi una commissione di “esperti di comprovata qualificazione scientifica e professionale” per elaborare proposte “volte alla revisione delle indicazioni nazionali e delle linee guida relative al primo e al secondo ciclo di istruzione” e la riforma del sistema di istruzione tecnico professionale (la qual cosa dovrebbe far preoccupare sia il mondo della scuola sia i genitori dei ragazzi), il ministro dell'Istruzione e del merito, nella calda settimana di Ferragosto, ha messo a punto una nuova proposta sulle linee guida dell'educazione civica che - secondo la Federazione delle lavoratrici e dei lavoratori della conoscenza (FLC CGIL ) - costringerà le scuole, "senza essere state nemmeno marginalmente coinvolte nel processo di elaborazione", a "fare i conti già nella fase di progettazione in avvio di anno scolastico 2024/2025."
Già sulla modifica del sistema di valutazione Presidi e insegnanti avevano denunciato l’assenza di “una documentazione sui processi in atto, una verifica sulle esperienze condotte nelle scuole o un’interlocuzione con il mondo della scuola e della ricerca”, ora ci ritroviamo punto a capo.
Dalle prime indiscrezioni - spiega
della Segreteria nazionale del Sindacato della conoscenza (FLC) sul sito Collettiva.it - risulta che il testo delle linee guida definisca a livello nazionale curricoli prescrittivi, modificando radicalmente i traguardi e gli obiettivi di apprendimento e aggiungendo ulteriori contenuti. Di nuovo, e sempre “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, si cerca di scaricare sulle scuole la responsabilità di tutto ciò che viene definito “emergenza educativa e sociale”, dal bullismo/cyberbullismo alla violenza di genere, dall’abuso del digitale (dopo aver messo in campo scelte politiche e risorse tutte a sostegno del digitale come panacea di tutti i mali) all’incidentalità stradale, dalle dipendenze da sostanze all’educazione alimentare allo sport.Ma soprattutto, l’operazione che sta per essere portata a termine anticipa la più complessiva revisione delle indicazioni nazionali e delle linee guida relative al primo e al secondo ciclo di istruzione, nel tentativo di imporre alle scuole di ogni ordine e grado la visione ideologica ben nota del ministro Valditara e dell’intera compagine governativa.
La prospettiva della nuova educazione civica è chiara: formare al significato e al valore della Patria, rafforzare la coscienza di una comune identità italiana, secondo una logica identitaria-nazionalistica e individualistica. A questo scopo viene addirittura attribuito strumentalmente alla carta costituzionale un profilo “personalistico” distorto e pervasivo per cui la società esiste solo in funzione dello sviluppo dell’individuo; per il resto l’approccio al tema della Costituzione rimane di tipo nozionistico, associato alla conoscenza dell’inno e della bandiera nazionale. Nulla si dice della matrice antifascista e dei valori democratici fondanti.
Una prospettiva, quella del senso di appartenenza alla Patria, implicita anche nel significato e nel valore attribuiti all’integrazione delle/gli alunne/i che provengono da contesti migratori, in un’ottica assimilazionistica e adattiva, sottovalutando che solo la chiave di lettura interculturale e la pedagogia inclusiva possono offrire gli strumenti per affrontare le sfide del futuro.
E poi i richiami alla cultura del lavoro, da insegnare fin dal I ciclo, pari pari coincidente con la cultura d’impresa intesa come iniziativa economica privata basata sulla proprietà privata. E ancora all’educazione finanziaria e assicurativa come strumento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato confermano l’idea di scuola aziendalistica, funzionale a un sistema che tutto subordina all’economia del profitto.
Si tratta, quindi, di linee guida che intenzionalmente non colgono la complessità del reale, rivolgono uno sguardo nostalgico al passato e sono portatrici di una sottocultura miope e reazionaria che sicuramente la scuola italiana saprà respingere per affermare il valore di una conoscenza laica, plurale, inclusiva e democratica."
Per la Redazione - Serena Moriondo