Dalle prime indiscrezioni - spiega della Segreteria nazionale del Sindacato della conoscenza (FLC) sul sito Collettiva.it - risulta che il testo delle linee guida definisca a livello nazionale curricoli prescrittivi, modificando radicalmente i traguardi e gli obiettivi di apprendimento e aggiungendo ulteriori contenuti. Di nuovo, e sempre “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, si cerca di scaricare sulle scuole la responsabilità di tutto ciò che viene definito “emergenza educativa e sociale”, dal bullismo/cyberbullismo alla violenza di genere, dall’abuso del digitale (dopo aver messo in campo scelte politiche e risorse tutte a sostegno del digitale come panacea di tutti i mali) all’incidentalità stradale, dalle dipendenze da sostanze all’educazione alimentare allo sport.

Ma soprattutto, l’operazione che sta per essere portata a termine anticipa la più complessiva revisione delle indicazioni nazionali e delle linee guida relative al primo e al secondo ciclo di istruzione, nel tentativo di imporre alle scuole di ogni ordine e grado la visione ideologica ben nota del ministro Valditara e dell’intera compagine governativa.

La prospettiva della nuova educazione civica è chiara: formare al significato e al valore della Patria, rafforzare la coscienza di una comune identità italiana, secondo una logica identitaria-nazionalistica e individualistica. A questo scopo viene addirittura attribuito strumentalmente alla carta costituzionale un profilo “personalistico” distorto e pervasivo per cui la società esiste solo in funzione dello sviluppo dell’individuo; per il resto l’approccio al tema della Costituzione rimane di tipo nozionistico, associato alla conoscenza dell’inno e della bandiera nazionale. Nulla si dice della matrice antifascista e dei valori democratici fondanti.

Una prospettiva, quella del senso di appartenenza alla Patria, implicita anche nel significato e nel valore attribuiti all’integrazione delle/gli alunne/i che provengono da contesti migratori, in un’ottica assimilazionistica e adattiva, sottovalutando che solo la chiave di lettura interculturale e la pedagogia inclusiva possono offrire gli strumenti per affrontare le sfide del futuro.

E poi i richiami alla cultura del lavoro, da insegnare fin dal I ciclo, pari pari coincidente con la cultura d’impresa intesa come iniziativa economica privata basata sulla proprietà privata. E ancora all’educazione finanziaria e assicurativa come strumento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato confermano l’idea di scuola aziendalistica, funzionale a un sistema che tutto subordina all’economia del profitto.

Si tratta, quindi, di linee guida che intenzionalmente non colgono la complessità del reale, rivolgono uno sguardo nostalgico al passato e sono portatrici di una sottocultura miope e reazionaria che sicuramente la scuola italiana saprà respingere per affermare il valore di una conoscenza laica, plurale, inclusiva e democratica." 

 Per la Redazione - Serena Moriondo