Nel novembre 2022 - in tempi, per così dire, non sospetti - l’Osservatorio civico PNRR, che comprendeva alcune delle principali organizzazioni nazionali con forte esperienza nel settore della trasparenza e rendicontazione, insieme a 45 organizzazioni tra cui il ForumDD, Openpolis, ed altre, avevano scritto una lettera al Presidente del Consiglio e al Ministro Fitto per chiedere trasparenza sul PNRR denunciando i gravi ritardi nell'applicazione e nell’aggiornamento del portale Italia Domani.
Nato per favorire le esperienze di monitoraggio civico dei progetti del PNRR affinché le cittadine e i cittadini potessero indagare le criticità del Piano e l'aderenza alle necessità dei territori, l'Osservatorio aveva espresso una preoccupazione che, nel tempo, si è rivelata più che fondata.
Ad inizio settembre, infatti, - mentre il ministro Fitto si appresta ad andare in Europa nella probabile nuova veste di commissario UE su Recovery e Coesione - la Corte dei conti europea, nella sua Relazione speciale, è giunta alla conclusione che nei primi tre anni del dispositivo per la ripresa e la resilienza si sono osservati ritardi nell'erogazione dei fondi e nell'attuazione dei progetti mettendo a rischio il conseguimento degli obiettivi tesi ad aiutare la ripresa dei Paesi UE dalla pandemia e ad accrescere la resilienza. Essa rileva come "a metà percorso i paesi Ue hanno attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti e sono avanzati per meno del 30% verso i 6.000 traguardi e gli obiettivi prefissati."Nonostante, infatti, " il progredire del tasso dei pagamenti eseguiti dalla Commissione europea, gli Stati membri potrebbero non essere in grado di attingere ai fondi o assorbirli per tempo, completare le misure previste prima dello scadere del Recovery Fund nell'agosto 2026 e, quindi, godere dei benefici economici e sociali attesi."
In Italia la quota di investimenti ancora da realizzare si attesta al 62% (in Spagna la quota è del 30% mentre in Polonia è del 70%), un'impresa a forte rischio per due ragioni principali:
- le dimensioni del nostro PNRR, il più grande d’Europa;
- la sua scansione temporale, che tra ritardi nella spesa effettiva e rimodulazioni concentra una quota sempre più imponente di interventi nell’anno di chiusura del programma, il 2026.
Molti Paesi, come è avvenuto in Italia, hanno iniziato la realizzazione del PNRR dalle Riforme prima di procedere con gli Investimenti. Concentrare però gli investimenti verso la fine del periodo utile - secondo la Corte dei Conti europea - può aggravare ulteriormente i ritardi. La Corte ha constatato che il regolamento RRF non prevede la possibilità di recuperare i fondi se le misure non sono completate e che i finanziamenti erogati agli Stati membri non riflettono necessariamente il numero e l’importanza dei traguardi e degli obiettivi conseguiti, per cui potrebbero essere versati fondi ingenti senza che le misure corrispondenti siano portate a termine.
In sintesi, la questione è, dunque, duplice. Il primo aspetto non riguarda l’Italia, che ha fin qui presentato in modo puntuale le richieste di vedersi accreditare le varie rate del Piano, poi arrivate in misura pressoché integrale anche se precedute da esami via via più complessi. Molti altri Paesi non hanno però fatto lo stesso, tant'è che le richieste, a fine 2023, si erano fermate il 16% al di sotto dei programmi iniziali.
L’Italia è però al centro del secondo aspetto, quello più sostanziale, legato al fatto che, spiega sempre la Corte dei conti UE, "non è detto che i fondi erogati siano arrivati ai destinatari finali". Su questo punto sono molto eloquenti proprio i numeri dell’Italia, che finora ha ricevuto da Bruxelles 102,5 miliardi fra anticipazione iniziale e prime cinque rate, ne attende altri 8,5 dalla sesta già chiesta prima dell’estate, ma ha speso ufficialmente solo 52,2 miliardi, cioè il 51% dei fondi già incassati.
Il Governo Meloni - secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore il 3 settembre u.s. - "nell’ultima relazione semestrale sull’attuazione del PNRR ha voluto sottolineare l’avanzamento del processo di 'attivazione' dei fondi, con quel 91% di risorse messo a gara che rappresenta la premessa essenziale per far finalmente decollare la spesa effettiva. Ma i ritmi richiesti per raggiungere il traguardo di metà 2026 con il piano completato sono ormai più che ambiziosi, e imporrebbero di mantenere una spesa aggiuntiva da Pnrr nell’ordine dei 47 miliardi all’anno dopo averne realizzati 52,2 in tre anni e mezzo, e di concentrare nel 2026 il 62% degli investimenti secondo i calcoli della stessa Corte conti Ue alla luce della rimodulazione che ha gonfiato le ultime pagine del calendario del Pnrr italiano."
Intanto, in attesa del confronto sul nuovo budget UE, che entrerà nel vivo in autunno e con il nuovo collegio dei commissari, tornano le riflessioni su un cambiamento per i Fondi comunitari 2028-2034 che possa introdurre un meccanismo per condizionare maggiormente la loro applicazione, in linea anche con il PNRR. Nel solco riconducibile alle richieste di alcune regioni che hanno portato all'approvazione da parte dle Governo della Legge dell'autonomia differenziata, il Presiodente della Giunta della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha inviato una lettera alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen con alcune sue considerazione riguardo al ruolo delle Regioni e degli attori locali nella futura politica di coesione.
Fontana ha auspicato per la prossima programmazione 2028-2035 maggiore flessibilità e che "si considerino i problemi delle regioni svantaggiate, senza andare a discapito di quelle maggiormente sviluppate, più coinvolte nella fase di transizione digitale e verde. La sussidiarietà della gestione della politica di coesione - secondo Fontana - deve essere mantenuta e sviluppata, garantendo coerenza tra gli obiettivi dell’Ue e le specifiche caratteristiche dei territori”.
Per la Redazione - Serena Moriondo