Pochi anni fa si parlava delle rinnovabili come di una stranezza ambientalista che avrebbe raggiunto pochi GW l’anno, mentre il mondo avrebbe continuato a funzionare grazie al fossile e al nucleare. Per far comprendere di cosa parliamo, GW è l'Unità di misura di potenza pari a 1000 MW, cioè a un miliardo di Watt.
Secondo il Report “Renewables 2023, Analysis and forecast to 2028”, nel 2023 rispetto al 2022 è stato raggiunto il 50% in più di potenza rinnovabile, e i prossimi 5 anni vedranno la crescita più rapida di sempre anche se la mancanza di finanziamenti per le economie emergenti e in via di sviluppo resta una questione chiave da risolvere per poter confermare gli obiettivi di Cop28 (triplicare la potenza globale energetica derivata da fonti rinnovabili entro il 2030).
L'analisi di IEA (International Energy Agency) è basata sulle attuali politiche e sugli sviluppi del mercato, e prevede la diffusione di tecnologie di energia rinnovabile nell'elettricità, nei trasporti e nel calore fino al 2028, esplorando al contempo le principali sfide per l'industria e identificando gli ostacoli alla crescita più rapida. Grazie al contributo del fotovoltaico, che rappresenta tre quarti della nuova energia rinnovabile installata in tutto il mondo, alla fine del 2023 si è arrivati a quasi 510 GW di potenza. Il Report evidenzia, inoltre, come le attuali politiche e condizioni del mercato dovrebbero portare la potenza globale “green” a crescere fino a 7.300 GW nel periodo 2023-28, con le rinnovabili che sorpasseranno il carbone e diventeranno la principale fonte di produzione elettrica globale entro l’inizio del 2025.
Oggi l’80% della nuova potenza elettrica installata nel mondo è costituita da eolico e fotovoltaico: la sola Cina nei primi tre mesi del 2024, ha installato 45 GW di solare, più della metà di quello già connesso nell’intera Germania.
Con la transizione energetica anche il nostro sistema industriale, specialmente quello più energivoro, prima o poi dovrà iniziare a confrontarsi sia per la convenienza crescente delle energie verdi, sia perchè vi sono obiettivi europei sulle emissioni che anche tutti nel nostro Paese dovranno saper rispettare.
Nel complesso, i consumi di energia dell’industria italiana rappresentano, infatti, quasi un quarto dei consumi di energia del totale economia. In particolare, il settore industriale è un grande consumatore di gas, petrolio, elettricità, rappresentando circa il 22% del consumo totale.
L’industria italiana, in particolare, ha reagito all’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, intensificatosi a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, diminuendo l’uso complessivo di energia, sia in assoluto (-9,2% nel 2022, di cui - 5,6% in elettricità), che per unità di prodotto. I settori della chimica, metallurgia, carta, minerali non metalliferi sono quelli in cui l’incidenza dell’energia è più elevata: nel 2019, 4,9% nella carta, 7,4% nei minerali non metalliferi, 10,8% nella metallurgia e 14,3% nella chimica. Tali settori, oltre a consumare elettricità, dipendono anche da altre materie prime energetiche. In particolare, consumano una quota di gas superiore al 45% del proprio consumo totale di energia; insieme, contribuiscono per più del 70% al consumo totale di gas. Al contrario, in gran parte degli altri settori, l’incidenza dei consumi energetici non arriva al 4% del totale della produzione.
Se si mette in relazione la performance dei diversi settori industriali nell'ultimo anno, - dato segnalato da Confindustria - i settori caratterizzati da una minore incidenza dei consumi energetici per unità prodotta sono quelli la cui produzione è cresciuta maggiormente perché hanno subìto un minor impatto negativo dai rincari avvenuti dal 2021. Al contrario, i settori più energy intensive sono stati “costretti” dai rincari dell’energia a ridurre la produzione, e così anche i consumi di energia. Tra i settori che hanno registrato una variazione della produzione industriale peggiore nel 2022 vi sono, infatti, proprio le quattro attività più energy intensive: chimica (-4,1% nel 2022), metallurgia (-9,2%), minerali non metalliferi (-2,9%), carta (-1,0%). Complessivamente, la produzione industriale dei beni intermedi (il raggruppamento più energivoro) si è ridotta di -2,4% nel 2022, mentre la produzione totale è cresciuta di +0,4%.Questa è stata complessivamente spinta dalla performance positiva degli altri settori a minore intensità energetica, come quello della farmaceutica (+11,4%), dei computer e prodotti di elettronica (+6,6%), il tessile (+7,8%), l’automotive (+0,6%), i mezzi di trasporto (+5,4%) e i macchinari e apparecchiature elettriche (+3,9%) che, grazie al graduale venir meno delle restrizioni anti-Covid e delle difficoltà di approvvigionamento, hanno proseguito il recupero dell’attività per tutto il 2022.
"La riduzione dell’intensità energetica dell’industria - spiega Confindustria nel suo Rappoto di previsione pubblicato nella primavera 2024 - è, quindi, il risultato di una “forzata” ricomposizione settoriale del sistema produttivo." La persistenza di costi energetici elevati - esistono significativi rischi legati all'aumento delle tensioni geopolitiche, un’escalation dei conflitti militari in atto e ulteriori interruzioni nelle catene globali di fornitura, soprattutto nei trasporti internazionali - potrebbe rendere meno competitive le produzioni italiane ed europee. A ciò si aggiunge il fatto che "il costo dell’elettricità pagato dalle imprese resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi UE e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali, come USA e Giappone. Ciò dipende, anzitutto, dal mix di generazione dell’elettricità, in Italia legato in gran parte alla generazione termoelettrica da gas naturale, mentre in altri Paesi si riscontrano tecnologie come il nucleare (in particolare in Francia), il carbone (per esempio in Germania) o una combinazione di nucleare e fonti rinnovabili (come nel caso della Spagna), che coprono maggiori volumi e riducono i prezzi. [..] Al prezzo di mercato si aggiungono i costi infrastrutturali per il mantenimento in sicurezza e adeguatezza del sistema e le politiche pubbliche, con oneri legati all'incentivazione delle energie rinnovabili, alla promozione dell'efficienza energetica e alle quote di emissione del sistema ETS. Il costo complessivo dell'energia elettrica viene poi ridotto per alcune tipologie di imprese, caratterizzate da alti consumi, ma ciò avviene anche negli altri paesi UE, in alcuni casi in maniera più significativa. Tutto ciò crea uno svantaggio competitivo per le imprese italiane. " (Vedi Grafico B sul prezzo dell'energia - Borse Elettriche europee 2016-2023)
"Il rischio - spiegano da Confindustria - è un ampliamento dei divari settoriali, con effetti permanenti nelle performance dei comparti manifatturieri più energy intensive. Per questi settori occorre una strategia che agevoli gli investimenti per accelerare la transizione energetica e nel frattempo li protegga dalla concorrenza internazionale".
E' però necessario un salto di qualità anche da parte delle aziende. Una riduzione dell’intensità energetica, può essere ottenuto, alternativamente o in maniera complementare, con:
- un aumento dell’efficienza energetica a parità di tecnologia, impianti e macchinari;
- una ricomposizione settoriale della produzione, verso i settori a minore intensità energetica;
- un cambiamento nelle tecnologie di produzione e/o di impianti e/o macchinari volto a ridurre il consumo di energia per unità di prodotto (es. la siderurgia da forni elettrici utilizza una tecnologia più efficiente rispetto a quella a ciclo integrale).
Ma servirebbe anche un grande investimento nella formazione. Per numerose aziende, soprattutto piccole e medie, l’investimento in formazione è ritenuto ancora a rendimento zero. Un mondo in costante evoluzione richiede, però, che anche il lavoro che svolgiamo sia continuamente aggiornato. Per accrescere le competenze delle lavoratrici e dei lavoratori ma anche per offrire servizi migliori e differenti e necessario investire sulle persone soprattutte nelle fasi di transizione come le attuali. Non sempre è un investimento semplice, soprattutto se parliamo di piccole e medie aziende, ma è un fattore di sviluppo sostenibile imprescindibile.
Quali saranno le scelte delle nostre imprese per il prossimo futuro lo vedremo presto, intanto, le rinnovabili sono diventate le fonti energetiche più economiche anche se i sistemi di accumulo dovranno migliorare per essere realmente competitivi per tutti e così il problema della raccolta e il riciclo dei moduli fotovoltaici giunti a fine vita, ma bisogna puntare con decisione sulle rinnovabili per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Agenda 2030. Per riuscirci occorre anche continuare a investire su tecnologie e innovazione, sui sistemi di accumulo che garantiscono una gestione corretta dell’energia prodotta e sulla modernizzazione, resilienza e digitalizzazione delle reti che rappresentano l’architrave del sistema elettrico e della transizione energetica del Paese.
* Foto di David Cristian su Unsplash
Per la Redazione - Serena Moriondo