Enrico Giovannini, direttore scientifico di ASviS non ha bisogno di presentazioni, con alle spalle una carriera di tutto rispetto il 9 settembre ha pubblicato per ASviS un editoriale che ha, tra gli altri, un compito specifico: non farci perdere la via necessaria a raggiungere lo sviluppo sostenibile.
Non è un obiettivo da poco considerando che, come spiega lo stesso Giovannini, il dibattito nel nostro Paese è particolarmente influenzato da campagne d'opinione e social "caratterizzate da varie forme di negazionismo rispetto alla crisi climatica, dal rifiuto di riconoscere le drammatiche e crescenti disuguaglianze che caratterizzano non solo i Paesi sviluppati, ma anche quelli emergenti e in via di sviluppo, dalla cieca fiducia che la tecnica, la rivoluzione digitale e l’Intelligenza artificiale risolveranno tutti i problemi, dal fastidio nei confronti di chi manifesta per la giustizia e la pace in giro per il mondo." E aggiunge "Peraltro, molte campagne, e non è una novità, sono finanziate dai cosiddetti “poteri forti”, espressione di interessi economici e politici contrari alle trasformazioni auspicate dall’Agenda 2030, dalla transizione ecologica alla forte riduzione delle disuguaglianze, dalla tutela degli ecosistemi alla pratica del lavoro dignitoso, dalla parità di genere all’educazione di qualità per tutte e tutti, dalla giustizia fiscale al rafforzamento delle istituzioni di garanzia democratica."
Quella di Giovannini è una denuncia forte, importante, in un quadro politico penosamente fragile rispetto alla situazione geopolitica internazionale, misogino, incolto, impreparato, e dove l'opposizione di sinistra ancora non ha trovato una strada convincente da percorrere con decisione e risolutezza per i suoi elettori e per il futuro del Paese.
Ma, come abbiamo scritto in un recente articolo, il tempo stringe e siamo alle soglie del Vertice per il Futuro delle Nazioni Unite a New York. Un’opportunità unica per i Paesi di forgiare percorsi verso un futuro pacifico, prospero, sicuro e sostenibile per le generazioni attuali e future.
Il percorso però si presenta irto di ostacoli. Come ci ricorda Giovannini nel suo editoriale, nel 2014 il sociologo e scrittore tedesco Ulrich Beck si domandò se il cambiamento climatico avrebbe spinto gli esseri umani e le nazioni a “cooperare e condividere” piuttosto che “competere e perire”. E' evidente - scrive Giovannini - che lo scenario prefigurato da Beck non si è realizzato, anzi: dopo il quinquennio 2015-2019 di progressi significativi a livello globale nella direzione auspicata, il mondo ha cominciato a tornare indietro non solo in termini di risultati, ma anche di prospettive culturali e politiche con cui si guarda a queste tematiche. Basta ascoltare i discorsi che tanti politici, opinion leader e influencer fanno per ritrovare i segni di quella “retrotopia” (cioè l’utopia di poter tornare indietro di cui parlava Bauman anni fa) che un secolo fa determinò il successo di fascismo, nazismo, ecc. e danni incalcolabili in tutto il mondo.
Nel clima attuale, la tentazione di “mollare” è forte, magari per richiudersi in quella dimensione privata, analogamente a quanto già avvenuto ciclicamente in tanti Paesi, compresa l’Italia, dopo fasi di forte impegno politico e culturale, spesso sull’onda delle aspirazioni al cambiamento espresse dalle giovani generazioni. E la storia si ripete, anche sul piano culturale: basti pensare ai commenti espressi dagli opinion leader dell’epoca sulle manifestazioni sessantottine per trovare forti assonanze con quanto dicono e scrivono oggi persone di una certa età, tipicamente uomini ultracinquantenni, i quali, dopo aver commentato in maniera indegna l’impegno di Greta Thumberg per la lotta alla crisi climatica, ora sottolineano come lei e i Fridays for Future siano scomparsi dalle piazze dopo averle riempite con messaggi “utopistici”, e celebrano la vittoria conseguita dalla ragionevolezza e dal pragmatismo nei confronti di presunte ideologie ambientaliste.
“Noi no”. [..] Ecco noi non crediamo che, nonostante le difficoltà e i passi indietro, l’Agenda 2030 vada messa in soffitta aspettando tempi migliori o abbandonata. Noi non crediamo che i dati drammatici dell’ultimo Rapporto dell’Onu sullo stato del mondo rispetto ai 17 SDGs spariranno per incanto solo perché il Pil globale cresce del 3% ogni anno. Noi non crediamo che si possano rinviare le politiche per la transizione ecologica e per conseguire la giustizia sociale a causa delle tante aree di tensione e di conflitto. Noi non crediamo che l’Unione europea possa raggiungere gli obiettivi per cui è stata creata (assicurare pace, benessere e difesa dei valori dei suoi popoli, come dice il Trattato) rafforzando i poteri di veto dei singoli Paesi. Noi non crediamo che le istituzioni politiche multilaterali abbiano esaurito la propria funzione e che vadano sostituite da rapporti bilaterali in cui chi vince – come la storia dimostra – è sempre il più forte."
"ASviS continuerà ad impegnarsi al massimo [..] per mettere il futuro al centro della riflessione culturale del Paese sembra un’altra utopia, ma le prime risposte di autorevoli compagni di viaggio e partner ci rendono fiduciosi. D’altra parte, anche quando otto anni fa nacque l’ASviS ben pochi parlavano di sostenibilità nel nostro Paese o di Agenda 2030. Oggi, purtroppo, il “Patto sul futuro” soffre della stessa abissale disattenzione dell’opinione pubblica che quest’ultima dimostrò, nel 2015, per l’Agenda 2030, ma continuiamo ad essere ottimisti sulla possibilità che l’Italia vada finalmente oltre quell’atteggiamento di disinteresse per il suo futuro."
Riflessione conclusiva
ASviS è un'alleanza i cui aderenti, oramai nell'ordine di alcune centinaia, sono organizzazioni senza scopo di lucro provenienti dalla società civile (associazioni rappresentative delle parti sociali come sindacati e datori di lavoro; enti di diritto pubblico; università, enti e centri di ricerca pubblici e privati; associazioni di soggetti attivi nei mondi della cultura e dell’informazione; fondazioni, ecc.). A cui si affiancano alleati, facenti riferimento ad organizzazioni, associazioni, enti privati, società cooperative e imprese la cui missione è esplicitamente connessa ai temi della sostenibilità integrati all’interno del proprio modello di attività.
E' mia opinione personale che vi siano soggetti che, seppur attivi sui temi dello sviluppo sostenibile, si trovano, nel concreto, ad avere interessi alquanto diversi se non addirittura contrapposti o che le loro azioni non sempre siano coerenti e all'altezza della missione che l'alleanza si è data.
Ne è un esempio la presenza "contrapposta" delle due iniziative che si sono tenute a Cernobbio pochi giorni fa: da un lato l'appuntamento annuale del Forum Ambrosetti al quale hanno partecipato il Presidente della Repubblica, Capi di Stato e di Governo, banche e imprese, università, media, ma anche ASviS, politici di opposizione; dall'altro la quattordicesima edizione de "L’altra Cernobbio", organizzata da Sbilanciamoci! con il supporto di Arci e Cgil, nella quale erano presenti nuovamente ASviS, sindacati, politici, associazionismo, economisti, rappresentanti delle ong. Molti i temi in comune - dall'ambiente alla decarbonizzazione, dalle energie rinnovabili al nucleare, dal ruolo dell'Europa alla Pace, dall'economia alla crescita del PIL, ecc.- ma da punti di vista quasi sempre incompatibili.
Forse, a 8 anni dalla nascita di ASviS - per garantire l'impegno ardito quanto necessario, auspicato da Giovannini - è il momento di una verifica sulla coerenza delle azioni e delle proposte che ogni partner dell'alleanza sta davvero mettendo in campo per raggiungere gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile. E' cioè il momento di scoprire le carte, di costruire alleanze solide, di schierarsi.
Sarebbe un compito impossibile per l'ASviS che, pur avendone l'autorevolezza non avrebbe l'autorità per farlo anche se, prima o poi, dovrà porsi il problema di quale reale peso hanno le deleghe che ogni aderente le ha conferito unendosi all'alleanza, ovvero se le proposte avanzate in questi anni dall' ASviS hanno un valore solo grazie all'innegabile credito di cui godono i suoi dirigenti o anche per il peso politico che i suoi aderenti sono disposti a conferirle.
Si tratterebbe, piuttosto, di un esame di coscienza che, a questo punto del percorso, ogni soggetto che ha deciso di aderire ad ASviS dovrebbe compiere, altrimenti, difficilmente saremo in grado - ognuno per la propria parte - di far fronte concretamente agli impegni del “Patto per il futuro" che verrà approvato al termine del summit di N.Y.
Link: L'Editoriale di Enrico Giovannini su ASviS
* Foto di Ben White su Unsplash
Per la Redazione - Serena Moriondo