Siamo abituati a pensare che le città esistano da sempre ma non è così, sono il frutto di un lentissimo processo evolutivo e di numerose trasformazioni, caratterizzate da fasi di crescita, ma anche di declino e di scomparsa.
La progettualità che ha visto sorgere le città è legata alla scelta del sito di stanziamento, dalla posizione rispetto al territorio circostante, dalla fisionomia della pianta, a struttura più meno regolare, dalla distribuzione delle diverse funzioni sociali (economiche, politiche, religiose, abitative, assistenziali, ricreative ecc.), dalle forme e stili delle architetture così diverse tra oriente e occidente, tra nord e sud del mondo.
Come è accaduto in altri campi, il modello di città che si è affermato su scala mondiale è fondamentalmente, seppur con diverse varianti, di tipo europeo occidentale. La città moderna è articolata in centro e periferie e concentra in una complessa macchina organizzativa il massimo di risorse (amministrative, culturali, tecniche, produttive, finanziarie e umane) e di consumo (suolo, acqua potabile, energia), estendendo sul resto del territorio reti di trasporto e comunicazione. Questo tipo di città è figlia della rivoluzione industriale e non ha più di 200/250 anni. Ma anche in questo modello troviamo delle differenze che incidono sulle diverse composizioni urbane. Negli Stati Uniti, ad esempio, le tendenza nelle periferie è invertita rispetto a quelle europee: storicamente infatti nei “suburbs”, quelle tipiche zone caratterizzate da uno schema intrecciato di villette unifamiliari con guardino, sono zone abitate dalla middle class americana. Anche in questo caso ci sono tuttavia ulteriori recenti cambiamenti come il ritorno delle classi più ricche al centro storico cittadino da una parte (la cosiddetta gentrificazione) e la crescita a livello mondiale delle persone che vivono negli slums dall’altra (baraccopoli e favelas) che evidenziano un allargamento delle disuguaglianze economiche e sociali.
La gentrificazione, traducibile anche come “aristocratizzazione” delle città, riguarda quel processo per cui i decadenti quartieri operai del centro cittadino vengono recuperati attraverso un influsso di capitale privato. Alla ristrutturazione degli immobili ed alla pianificazione dell’area segue l’insediamento di un nuovo tipo di inquilini middle class. Gli originari abitanti vengono “rimossi” e destinati a zone più periferiche. La gentrification riguarda non solo i centri storici, ma anche vaste aree consolidate e fortemente caratterizzate dal punto di vista dell’identità urbana e sociale, come alcuni quartieri operai o i quartieri della prima cintura. Dopo lo studio di Chris Hamnett, docente al King’s College di Londra, che lavorò sugli spostamenti della popolazione di Londra tra il 1961 e il 2001 e che al termine del periodo preso in esame decretò che la classe operaia non esisteva più, si cominciò a vedere la gentrification come una manifestazione spaziale e sociale dalla transizione da un’economia industriale a un’economia post-industriale. In questo senso, non si parla più tanto di delocalizzazione delle persone, ma di sostituzione.
La professoressa Denise Pumain, del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS) e specialista nel funzionamento delle città, ha sottolineato la naturale capacità delle città di adattarsi ai cambiamenti: “Sin dalla loro creazione, le città sono state in un continuo processo di mutazione, per continuare a esistere”. Con morfologie differenti e diverse per la loro geografia, densità e società che ci vivono, le città hanno dimostrato di essere in grado di trovare soluzioni adeguate ai loro problemi di sostenibilità. Tuttavia queste trasformazioni all'insegna della sostenibilità non saranno né semplici né identiche le une alle altre. Oggi , infatti, più che mai, vi è un mondo di città: come Shanghai che, con i suoi 29 milioni di abitanti è, al momento, la città più popolosa al mondo o come New York, che con i suoi 11.875 chilometri quadrati è la città con la maggior estensione. Numeri ben distanti dai parametri delle città italiane che però sono le prime al mondo per patrimonio artistico e culturale. Un patrimonio da non disperdere, non solo perchè rappresenta una ricchezza per l'intera umanità - come Venezia, che il 23 marzo ha festeggiato 1.600 anni di storia - ma perchè può renderci tutti migliori.
Per la Redaizone - Serena Moriondo