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FOTO BANDIERE DEL MONDONella Giornata Mondiale della Terra, i Paesi dell’UE hanno trovato l’accordo sulla necessità di varare una legge europea sul clima che preveda un abbattimento delle emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, per poi arrivare alla carbon neutrality entro il 2050. Su questo iter dovrebbe vigilare un nuovo organismo, lo European Scientific Advisory Board, composto da 15 esperti nominati per un periodo di quattro anni, con il supporto dell’Agenzia europea dell’ambiente.

Non tutti però sono soddisfatti di questo risultato. Per l’ambientalista Greta Thunberg, “la Ue ci inganna sui numeri e ci ruba il futuro”. Anche i verdi europei parlano di un accordo poco ambizioso. In effetti diversi aspetti devono ancora essere chiariti.

Innanzitutto, si tratta di un impegno globale per l’intera Europa dei 27, che non garantisce il raggiungimento dell’obiettivo da parte dei singoli Stati, soprattutto quelli più  dipendenti dal carbone, a cominciare dalla Polonia. Di particolare importanza è anche il pacchetto di misure orientate a favorire il finanziamento dell’economia verde. Tra queste, un “Taxonomy climate delegated act”, che specifica meglio la tassonomia varata lo scorso anno per definire quali investimenti possono essere effettivamente considerati utili per la transizione ecologica. La posta in gioco è molto alta; entro il 2023, le grandi società dovranno mostrare le loro credenziali verdi sulla base della tassonomia europea; le attività considerate “brune” potrebbero perdere investitori. Ma l’accordo su quello che vale come verde al momento è ancora poco chiaro. La tassonomia orienterà anche le valutazioni di Bruxelles sui Piani nazionali di ripresa e resilienza che ciascuno Stato dovrà presentare entro il 30 aprile e che per una percentuale non inferiore al 37% dovranno essere concentrati su iniziative inerenti la transizione ecologica. Il documento europeo però rinvia a una successiva definizione su due questioni spinose: il ruolo del gas naturale e quello dell’energia nucleare (link: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_21_1804).

Prima questione: il gas naturale provoca emissioni di gas serra, anche se in misura minore di quanto avviene bruciando carbone o petrolio. D’altra parte, finché non si risolverà il problema dello stoccaggio dell’energia attraverso innovazioni tecnologiche, delle centrali a gas ci sarà bisogno per supplire alla intermittenza delle fonti rinnovabili, perché non sempre si può contare sul sole e sul vento. Ma sulla dimensione di questa dipendenza si discute e non si è ancora trovato l’accordo.

La seconda questione delicata è quella del nucleare: la produzione elettrica francese dipende ancora in larga misura dalle centrali atomiche e non a caso il Governo francese insiste sul fatto che questo tipo di produzione sia considerato ambientalmente sostenibile. Diversi esperti sostengono che il nucleare può dare un apporto importante alla carbon neutrality e, in effetti, questo tipo di produzione è tutt’altro che superata, tant'è che, nel mondo, si stanno ancora costruendo numerose centrali. Gli oppositori del nucleare obiettano però che, se anche le emissioni di carbonio sono molto minori rispetto agli altri tipi di centrali a combustibili fossili, resta il problema irrisolto delle scorie radioattive: insomma, non si avvelena l’aria ma si avvelena la terra.

E non si può dar loro torto. Basta guardare all’altra parte del mondo, dove il Giappone ha deciso che l'acqua contaminata del reattore nucleare di Fukushima verrà sversata nell'Oceano Pacifico. Il governo giapponese ha dichiarato che questa è la strategia più sicura ed efficace per riportare in sicurezza la centrale nucleare Daiichi danneggiata dallo tsunami nel 2011. I paesi vicini e i pescatori della zona hanno protestato, ma l'Agenzia internazionale per l'energia atomica supporta la decisione del Giappone perché, sostengono, gli isotopi più pericolosi verranno filtrati e le acque verranno diluite per portare la concentrazione delle sostanze pericolose sotto i livelli di sicurezza.

A tre mesi dai Giochi Olimpici posticipati di Tokyo, con alcuni eventi programmati a una distanza di 60 km dallo stabilimento, il Giappone ha dunque annunciato che rilascerà in mare più di 1 milione di tonnellate di acqua contaminata dalla centrale nucleare, acqua che è servita per evitare la fusione del nocciolo, sostenendo che il rilascio dell'acqua nel Pacifico sia  l'opzione "più realistica" e "inevitabile per ottenere la ripresa di Fukushima".

Foto protesta in Giappone per centrale nucleareLa protesta non si è fatta attendere ed è andata oltre i pescatori di Fukushima, coinvolgendo la Cina e la Corea del Sud, convinti che tale approccio danneggerà gravemente la salute e la sicurezza pubblica internazionale e gli interessi vitali delle persone anche dei paesi vicini. Sostengono l’operazione gli Stati Uniti e l’Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica.

L'operatore dell'impianto, Tokyo Electric Power (Tepco), e i funzionari governativi affermano che il trizio, un materiale radioattivo non dannoso in piccole quantità, non può essere rimosso dall'acqua, ma altri radionuclidi possono essere ridotti ai livelli consentiti per il rilascio.Il lavoro per rilasciare l'acqua diluita inizierà tra circa due anni e l'intero processo dovrebbe richiedere decenni. Circa 1,25 milioni di tonnellate di acqua si sono accumulate nel sito della centrale nucleare. L'acqua radioattiva, che aumenta in quantità di circa 140 tonnellate al giorno, viene ora immagazzinata in più di 1.000 serbatoi e lo spazio nel sito dovrebbe esaurirsi intorno al prossimo autunno. Tepco ha affermato che farà fatica a compiere progressi nella disattivazione dell'impianto se dovrà continuare a costruire più serbatoi di stoccaggio nel sito. L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica sostiene la decisione, poiché gli elementi radioattivi, ad eccezione del trizio, saranno rimossi dall'acqua o ridotti a livelli di sicurezza prima di essere scaricati. L'AIEA ha anche sottolineato che gli impianti nucleari in tutto il mondo utilizzano un processo simile per smaltire le acque reflue.

Gli esperti dicono che il trizio è dannoso per gli esseri umani solo in grandi dosi e con la diluizione l'acqua trattata non presenta rischi scientificamente rilevabili. I funzionari giapponesi si sono opposti alle descrizioni dei media dell'acqua come "contaminata" o "radioattiva", insistendo sul fatto che sia descritta come "trattata".

Shaun Burnie, specialista nucleare senior di Greenpeace East Asia, ha detto che l'affermazione è "chiaramente falsa" (…) Se non fosse stato contaminato o radioattivo, non avrebbero avuto bisogno dell'approvazione (per rilasciare l'acqua) dal regolatore nucleare giapponese. L'acqua nelle vasche è infatti trattata, ma è anche contaminata dalla radioattività. Il governo giapponese ha deliberatamente cercato di ingannare su questo problema, in patria e all'estero ".

E' evidente quanto il raggiugimento dei 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 dell'ONU sia messo a dura prova, ogni giorno e in ogni parte del mondo.

Nella foto attivisti protestano contro il piano del governo giapponese di rilasciare in mare l'acqua trattata dalla centrale nucleare di Fukushima colpita. Fotografia: Philip Fong / AFP / Getty Images - The Guardian

Per la Redazione - Serena Moriondo