In questi giorni sono tornate alle cronache le PFAS. Si tratta di composti chimici dalle note capacità di interferenza endocrina che possono avere effetti negativi sullo sviluppo del feto, sulla salute delle donne in gravidanza e sulla fertilità ma sono stati associati anche ad altre malattie (malattie tiroidee, tumore a rene e testicolo, cardiopatia ischemica, morbo di Alzheimer, malattie correlate al diabete). Tra i composti chimici inquinanti le PFAS sono considerate particolarmente pericolose per gli esseri umani e sono anche chiamate “sostanze chimiche per sempre” a causa della resistenza alla scomposizione. Questa caratteristica rende le PFAS persistenti nell’ambiente e permette il loro accumulo nel nostro organismo, con rischi soprattutto per la salute del feto e delle donne in gravidanza, come dimostrato da molteplici studi.
Le PFAS sono impermeabili ai grassi e all’acqua, resistono al fuoco, sono lubrificanti e hanno un coefficiente d’attrito ridotto; sono tutte caratteristiche che le rendono adatte a un’infinità di prodotti industriali. Non a caso ne troviamo nei rivestimenti delle padelle, nei tessuti delle giacche, passando per i contenitori alimentari, le vernici, le schiume antincendio, gli insetticidi e molto altro ancora. Restano un problema serio, soprattutto le PFAS assunte attraverso l’acqua e gli imballaggi alimentari. La classe di Pfas più diffusa, la Pfoa, nel 2009 è stata dichiarata “sostanza inquinante resistente” dalla Convenzione di Stoccolma e nel 2017, su indicazione dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (Echa), la Commissione europea ha riconosciuto che comporta rischi inaccettabili per la saluteumana e l’ambiente.
In tre province del Veneto (Padova, Vicenza e Verona) le concentrazioni nel sangue di queste sostanze in molti cittadini (oltre 300mila) sono risultate essere di molto superiori alla soglia di sicurezza (se la soglia massima nel sangue è di 8ng/l, i primi risultati evidenziarono casi che superavano di 35 volte il limite). Il calo di nascite e l’alto tasso di malattie correlate, con valori di PFAS che arrivano a 300 ng/l, ha dimostrato come la popolazione under 15 sia ad alto rischio.Tutto ha inizio a metà degli anni ’60, quando la società Rimar, acronimo di Ricerche Marzotto, stabiliscea Trissino, in provincia di Vicenza, il suo polo di ricerca. Il marchio di alta moda cerca un prodotto chimico che renda la pelle e il materiale tessile resistenti all’acqua. Lo stabilimento, però, viene costruito sopra una zona di ricarica della falda considerata la seconda più grande d’Europa e già nel 1966 una fuga di acido fluoridrico avvelena la vegetazione circostante. Dopo quel caso ne seguono altri fino a che, a seguito della chiusura delle indagini relative al procedimento penale n. 1943/16, si è potuto prendere visione degli atti e degli elementi a carico dell’azienda Miteni, dell’ultima proprietà (la holding lussemburghese International Chemical Investors Group – ICIG) e quella precedente (Mitsubishi Corporation), e dei relativi vertici. A cui si aggiungerebbero profili di responsabilità a capo delle istituzioni locali e degli enti di controllo ambientale nel ritardare interventi amministrativi (bonifica) e indagini penali.
A fine aprile è iniziato il processo ambientale, per l'ennesimo caso di un crimine verso la popolazione e il territorio, come è avvenuto a Porto Marghera (2007), alla Eternit di Casale Monferrato (2014) o per l'ex-Ilva di Taranto che il 31 maggio ha portato in primo grado a pesantissime condanne ai Riva, solo per citare quelle più conosciute. Costi umani e cosi economici a carico di tutta la collettività per scelte scellerate di imprese che rappresentano un modello economico, tuttora imperante, che deve essere definitivamente superato.
Ora, un nuovo studio su 50 campioni di latte materno condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che il 100% era contaminato da PFAS (livelli che vanno da 50 parti per trilione (ppt) a oltre 1.850 ppm). Questo studio fornisce ulteriori prove del fatto che le PFAS di uso corrente si stanno accumulando nelle persone. Mentre le mamme si impegnano quotidianamente per proteggere le loro bambine e i loro bambini, le aziende stanno ancora utilizzando queste e altre sostanze chimiche tossiche che possono contaminare il latte materno, quando sono disponibili alternative più sicure.
I dettagli della ricerca “ Per- and Polyfluoroalkyl Substances (PFAS) in Breast Milk: Concerning Trends for Current-Use PFAS” sono stati pubblicati dalla rivista scientifica Environmental Science & Technology.
Per la Redazione - Serena Moriondo