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immagine goal 16L’ONU ha individuato, all'interno dell’Agenda 2030 del 2015, il Goal 16 PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI SOLIDE.

Questo Obiettivo si prefigge di promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l'accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli. Sebbene però, a livello mondiale, la maggior parte dei Paesi si consideri uno Stato democratico, secondo uno studio dell’Economist intelligence unit in realtà solo il 4,5% della popolazione mondiale vive in una condizione di “piena democrazia”. È quanto emergeva dal rapporto “10 trends shaping democracy in a volatile world”, pubblicato a fine 2019 dal Centro europeo per la strategia politica (Epsc), che analizza l’evoluzione della democrazia a livello globale, evidenziando le principali tendenze.

La stessa Unione europea, consapevole che la democrazia non può essere data per scontata ma richieda di essere attivamente nutrita e difesa tanto che il 3 dicembre 2020 ha approvato ilPiano d’azione europeo per la democrazia”, programmando la definizione di nuove regole che dovranno essere operative sufficientemente in anticipo rispetto alle prossime consultazioni europee del 2024. In particolare l’UE evidenzia i rischi rappresentati dalla trasformazione digitale delle nostre democrazie sostenendo come, “la rapida crescita delle campagne e delle piattaforme online, abbia aperto nuove vulnerabilità e reso più difficile mantenere l'integrità delle elezioni, garantire mezzi di comunicazione liberi e pluralistici e proteggere il processo democratico dalla disinformazione e da altre manipolazioni”. Inoltre la digitalizzazione ha consentito “nuovi modi per finanziare gli attori politici da fonti incontrollate, mentre incitamento all'odio e false informazioni e messaggi polarizzanti si diffondono rapidamente sui social media, anche attraverso campagne di disinformazione coordinate. L'impatto di alcuni di questi passaggi è amplificato dall'uso di algoritmi opachi controllati da piattaforme di comunicazione ampiamente utilizzate”.

A dimostrazione che le preoccupazioni della Commissione sono più che fondate, anzi sottostimate, è notizia di questi giorni che una fuga di notizie ha portato a un’indagine nella quale, attivisti per i diritti umani, giornalisti, avvocati e politici sono stati messi sotto sorveglianza da parte di diversi governi grazie a un software militare.

immagine profilazione 1Le attività di spionaggio sarebbero state rese possibili tramite “l’abuso diffuso e continuo” di un malware di nome Pegasus, venduto dalla società di sorveglianza israeliana NSO Group, che consente di estrarre dagli smartphone – sia iPhone che Android – foto, messaggi, e-mail e dati, ma anche di registrare chiamate e far partire il microfono all'insaputa del proprietario. A rivelarlo è un’indagine coordinata da diverse testate internazionali, tra cui Washington Post, Le Monde, Ha’aretz, PBS Frontline e il Guardian, secondo cui dal 2016 ad oggi sono oltre 50mila i numeri di telefono identificati come quelli di “persone di interesse” dai clienti di NSO. La società israeliana assicura che Pegasus è destinato esclusivamente alla lotta alla criminalità e al terrorismo, ma l’elenco – di cui sono venute in possesso per prime le organizzazioni non–profit Forbidden Stories e Amnesty International – lascia intendere qualcosa di diverso: nell’elenco di 50mila numeri sono stati identificati mille nominativi, tra cui almeno 65 dirigenti aziendali, 85 attivisti per i diritti umani, 189 giornalisti e più di 600 politici e funzionari governativi, inclusi ministri di gabinetto, diplomatici e ufficiali militari e di sicurezza, persone legate al giornalista saudita assassinato Jamal Khashoggi e a Cecilio Pineda Birto, un giornalista messicano ucciso nel 2017. Almeno dieci governi sarebbero implicati nell’affaire Pegaus, in quanto clienti di NSO. Tra questi anche un paese dell’Unione Europea, l’Ungheria. (Fonte: ISPI, 19 luglio 2021).

Nel 2018, sempre due testate giornalistiche, il Guardian e il New York Times avevano dimostrato l’uso scorretto di un’enorme quantità di dati prelevati da Facebook, da parte di un’azienda di consulenza e marketing online che si chiama Cambridge Analytica finalizzati a condizionare le presidenziali statunitensi e il referendum su Brexit nel Regno Unito. Oltre ai profili psicometrici dove like, commenti, tweet e altri contenuti sono analizzati da algoritmi per creare profili di ogni singolo utente, Cambridge Analytica ha acquistato nel tempo molte altre informazioni dai cosiddetti “broker di dati”, società che raccolgono informazioni di ogni genere sulle abitudini e i consumi delle persone. In questo modo ha sviluppato un sistema di “microtargeting comportamentale”, che significa pubblicità altamente personalizzata. Ma è andata anche oltre, secondo il Guardian l’azienda ha utilizzato molti di questi dati per condizionare e fare propaganda a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, cosa che è poi avvenuta. Cambridge Analytica è stata fondata nel 2013 da Robert Mercer, un miliardario imprenditore statunitense con idee conservatrici che, tra le altre cose, è uno dei finanziatori del sito d’informazione di estrema destra Breitbart News, diretto da Steve Bannon (che è stato consigliere e stratega di Trump durante la campagna elettorale e poi alla Casa Bianca, infine arrestato e che, nel 2018, ha avuto contatti anche con la destra italiana dopo quella ungherese).

In Italia queste cose ci appaiono lontane ma, purtroppo, non lo sono.

foto persone collegate con pc e cellulariNel mondo globalizzato, Internet - come abbiamo constatato dalle varie indagini -  consente l’accesso ad una infinita gamma di risorse e informazioni provenienti da ogni parte del pianeta, ma è anche uno spazio vuoto e selvaggio, uno spazio percepito infinito ma non meno insicuro o addirittura pericoloso. La globalizzazione informativa permette un condizionamento dal basso, di massa, dal quale il nostro Paese non è immune, o addirittura di fenomeni di spionaggio, come quello smascherato recentemente, di controllo sulle inchieste giornalistiche, di soppressione di ogni voce dissidente, in altre parole di violazione dei diritti umani.

La democrazia, come sostiene la Commissione europea, non è dunque mai scontata e il raggiungimento del Goal 16 è ancora molto lontano.

Link : COM_2020_790_FIN_EN_TXT.pdf

Per la Redazione - Serena Moriondo