di Serena Moriondo
Il ministro Cingolani può spiegarci quanto vuole che l’accordo di Glasgow è “un passo avanti, perché tutti gli Stati hanno convenuto sulla necessità di accelerare il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, mantenendo il riscaldamento globale a circa 1,5 gradi (invece di 2) nella seconda metà del secolo” ma non è convincente, perchè la politica dello struzzo non lo è mai.
Come abbiamo scritto in un precedente articolo, secondo l'Onu saranno necessari mille miliardi di dollari all'anno, da qui al 2050, per l'adattamento al cambiamento climatico. Ad oggi, solo per gli aiuti ai Paesi più vulnerabili, non abbiamo raggiunto neppure i 100 milioni. L’Italia, parole del ministro, pur avendo triplicato gli aiuti raggiungendo circa 1,4 miliardi di dollari all’anno per i prossimi cinque anni finora si era limitata a versare attorno ai 500 milioni.
E la posta si alzerà ancora se la méta si allontanerà. Sempre che saremo poi in grado di raggiungerla perché, più le decisioni si rinviano, più imprenditori e finanzieri ci guadagneranno ma sarà sempre più complesso raggiungere l’obiettivo del contenimento delle emissioni. Occorrerà attendere altri 12 mesi, la fine del 2022, per fare un bilancio sulla revisione degli NDC (Nationally Determined Contributions) per la neutralità carbonica, ovvero dei contributi di riduzione delle emissioni che ogni Paese è chiamato a mettere in pratica per arrivare alla condizione in cui si emettono tanti gas serra quanti se ne rimuovono dall’atmosfera.
Ad oggi, l’Italia ridurrà di appena il 26% le emissioni al 2030, circa la metà dei target meno vincolanti indicati dalla comunità scientifica. Il PNIEC ha previsto di aumentare la percentuale al 36%, ma il piano è già molto in ritardo e, comunque, per poter rimanere in linea con gli accordi di Parigi dovremmo diminuire le emissioni più del triplo di quanto è indicato dal nostro Governo.
A questo punto, avrete compreso che ogni Paese industrializzato aveva qualcosa da perdere nell’immeditato e non si è dimostrato disponibile a farlo. Dal documento finale è addirittura scomparso l'impegno concreto dei 100 milioni di dollari di aiuti: i paesi industrializzati, infatti, si sono tirati indietro, non riconoscendo le proprie responsabilità e ignorando che il mancato trasferimento di fondi e tecnologie, essenziale per correggere il carico di ingiustizia e di violazione dei diritti umani che l’emergenza climatica scarica sui Paesi più vulnerabili, danneggerà tutti, non solo quelli che ne hanno più bisogno. Qualche associazione che si batte a difesa del pianeta, sta iniziando a mettere in campo azioni che sono considerate oramai l'unica strada percorribile: fare causa agli Stati, alle imprese, ai rappresentanti delle aziende fossili, e costringerli per via giudiziaria a rispondere in Tribunale delle loro responsabilità.
Giudicate voi se il risultato ottenuto dalla COP26 è un passo avanti o due indietro.
Link: cop26_auv_2f_cover_decision.pdf
Link: Accordo_di_Parigi_2015.pdf