Molti studi negli ultimi decenni hanno dimostrato che le proprietà degli insediamenti urbani contemporanei, dai risultati socio-economici, all'area territoriale, fino all'estensione delle infrastrutture, variano in modo sistematico e prevedibile con la dimensione della popolazione. Un fenomeno che si basa sulla matematica e, più precisamente, sulla teoria dell'urban scaling, il cui insieme di regole (che definiscono l'analogia tra le leggi matematiche e l'espansione urbana) fu indicato per la prima volta nel 2014.
Crescendo, spiegano gli esperti, le città obbediscono a diverse regole matematiche. Innanzi tutto con l’incremento demografico l’area dell’insediamento tende a diventare più densamente popolata, anziché crescere di dimensione e questo meccanismo fa sì che le persone vivano sempre più vicine le une alle altre, usino le infrastrutture più intensivamente, interagiscano più frequentemente e, di conseguenza, possano essere anche più produttive.
In un articolo pubblicato nel 2013 sulla rivista “Science” tratto da “Le origini del ridimensionamento nelle città” di Louis M.A. Bettencourt, docente della facoltà di sociologia dell’Università di Chicago, si legge ad esempio che le misure dell'estensione fisica delle infrastrutture urbane aumentano più lentamente della dimensione demografica della popolazione, mostrando così economie di scala. La teoria recente, basata su analisi comparative di grandi insiemi di dati per molti sistemi urbani in tutto il mondo, ha proposto che queste proprietà delle città moderne assumano una semplice forma matematica ed emergano da alcuni principi generali dell'organizzazione sociale umana.
Un aspetto importante di queste idee è che quella che viene definita dagli studiosi del fenomeno come “derivazione teorica delle relazioni di scala” non invoca caratteristiche specifiche delle economie moderne, dell'industrializzazione o del commercio globale, ma si basa invece solo su caratteristiche di base che sono le reti sociali umane incorporate nello spazio. Di conseguenza, questi modelli sono potenzialmente applicabili a sistemi insediativi antichi (e anche non urbani) e con essi possono essere formulate previsioni integrate e nuove per la struttura e la funzione di questi sistemi di evoluzione delle città. Tali modelli sono stati testati utilizzando studi archeologici. Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno, infatti, analizzato e approfondito studi sugli antichi insediamenti latino americani: la posizione degli edifici di culto e delle residenze, in particolare confrontando i dati attuali di Città del Messico (tra le metropoli più densamente popolate al mondo) con i dati disponibili da duemila anni fa ad oggi.
Questa visione richiede che nelle società umane le città funzionino come reattori sociali: le città più grandi sono ambienti in cui è possibile supportare e sostenere un numero maggiore di interazioni sociali per unità di tempo e tale dinamica, apparentemente generica, è a sua volta la base per l'espansione dell'organizzazione economica e politica della società.
Man mano che le nostre città diventano più grandi, le sinapsi che le collegano (persone con sviluppate capacità sociali), stanno diventando sempre più essenziali per la crescita economica. Secondo l’archeologo Ortman, si tratta di un risultato incredibile "ci è sempre stata inculcata la teoria che grazie a capitalismo, industrializzazione e democrazia il mondo di oggi sia radicalmente diverso da quello del passato. Abbiamo scoperto, invece, che il volano fondamentale dei modelli socioeconomici urbani è molto precedente, e strettamente collegato alla possibilità di creare reti sociali umane”.
Registi e scrittori hanno spesso rappresentato la struttura delle città del futuro (nei decenni dopo il 2000), come metropoli un po’ inquietanti, grigie, dove prevaleva la presenza della componente meccanica, robotica su quella umana. In realtà questi aspetti costituiscono solo una minima parte dell’aspetto attuale delle metropoli, fatto di aspetti materiali, immateriali e del fattore umano.
Le leggi di variazione della scala urbana mettono in relazione le variabili socio-economiche, comportamentali e fisiche con la dimensione della popolazione delle città. Esse consentono un nuovo paradigma della pianificazione urbana e una comprensione della resilienza urbana e dell'economia. Migliorare la comprensione dell’origine di queste leggi aiuta ad applicarle al meglio per ottenere uno sviluppo sostenibile e ad approfondirne le loro proprietà.
Studiosi come il fisico Luis Bettencourt si sono, quindi, chiesti se esista una formula matematica per progettare una città perfetta. Egli ha sviluppato un modello matematico con l'obiettivo di migliorare lo sfruttamento del suolo e la pianificazione urbana. Questo modello teorico racchiude tutte le dinamiche sociali, economiche e urbanistiche delle moderne aree urbane ed è stato messo a punto in vista del rapido ed esponenziale sviluppo delle città verso le quali entro la fine del secolo si stima che confluirà l’intera popolazione mondiale.
Quello che emerge e che stupisce, poiché ribalta un po’ il nostro tradizionale modo di vedere le metropoli, è un ritratto inatteso del modo in cui realmente esse crescono e funzionano. Infatti da sempre sono stati utilizzati paragoni per descrivere le città e i termini di paragone sono stati tutti legati in un certo senso a fenomeni naturali: organismi viventi, termitai, foreste urbane ecc..
Dagli studi sul rapporto tra matematica e sviluppo delle città esse sono descritte come entità a metà strada tra una stella e un social network. Un’idea scientifica così particolare e complessa ce la descrive lo stesso Bettencourt: "Una città è prima di tutto un reattore sociale. Funziona come una stella, perché attrae persone e accelera le interazioni e gli output sociali proprio come le stelle comprimono la materia bruciando più velocemente e in maniera più luminosa tanto più sono grandi (...) le città sono come enormi social network, fatti non tanto dalle persone quanto dalle loro interazioni, che avvengono a loro volta in altri network (sociali, spaziali, infrastrutturali) che consentono a cose, informazioni e persone di incontrarsi nello spazio urbano."
In un contesto di necessità, come quello attuale, dovuto all’emergenza pandemica ancora in atto, abbiamo visto spesso senza una effettiva consapevolezza dovuta alla scarsa conoscenza e anche alla scarsa trasparenza informativa, abbiamo messo in circolo database di informazioni personali, caratteriali e comportamentali che hanno sollecitato l’interesse di molte imprese e governi, considerato che le nostre interazioni digitali e i relativi dati hanno un valore incalcolabile che tocca anche aspetti psicologici profondi del nostro vivere quotidiano e induce cambiamenti sociali non privi di rischi.
Per questo la dimensione sociale rimane la chiave per capire e costruire i luoghi delle interazioni sociali e, quindi, la struttura delle città nelle quali vivremo in futuro.
* Nei disegni sono rappresentate le città di Despina e Anastasia dal libro "Le città invisibili" di I.Calvino
* Nella foto sono rappresentate le metropoli cinesi di Pechino e Tientsin viste di notte dalla Stazione spaziale internazionale (fonte: NASA--Johnson Space Center)
Per la Redazione - Serena Moriondo