L'urbanismo transitorio è un nuovo approccio alla rigenerazione urbana che da alcuni anni si sta sperimentando con successo in Francia. Amministrazioni e proprietari privati di immobili inutilizzati lavorano per coinvolgere le comunità in un processo dedicato a sperimentare nuovi usi degli spazi che possono innescare processi di cambiamento rigenerativo non solo immobiliare.
Si tratta, infatti, di una innovazione necessaria del modo di "fare e vivere la città" dove la priorità attribuita alla rigenerazione urbana spinge verso la ricerca di modelli di riuso capaci di generare impatti sociali, culturali ed economici tangibili.
Le città, basta guardarsi intorno, sono “piene di vuoti”, spazi non più utilizzati, edifici abbandonati, dalle caserme ai cantieri navali, dalle fabbriche agli uffici vuoti, un patrimonio storico deteriorato soprattutto nelle periferie, che rappresentano insieme un problema e un’opportunità per lo sviluppo del territorio, radicalmente altro dall’espansione insediativa e dal consumo di suolo.
In questi anni, spiegano gli esperti del settore, la progressiva affermazione del tema del riuso temporaneo degli spazi inutilizzati è andata di pari passo con la crescente percezione dell’incapacità degli strumenti dell’urbanistica di attivare in tempi brevi dinamiche capaci di fornire risposte alle esigenze delle comunità mettendo a valore le risorse già in campo. Essi sostengono che "approcci più flessibili" e “soluzioni leggere” per il riuso del patrimonio possono diventare strumenti essenziali di un nuovo modo di fare pianificazione, soltanto se vengono utilizzati in una prospettiva strategica, senza perdere di vista cioè la visione di ampio respiro e gli obiettivi di lungo periodo. Diversamente il riuso temporaneo rischia di essere una soluzione momentanea, a volte speculativa e, soprattutto, sganciata da reali possibilità di incidere sulla rigenerazione dei territori.
I piani urbanistici, da soli, non sono però più sufficienti, è necessario saper "vedere" un nuovo impiego dei luoghi inutilizzati o dismessi , per ospitare attività e funzioni in una logica sperimentale. L’organizzazione di queste esperienze e il governo di questo processo, costituiscono l’essenza dell’approccio dell’urbanismo transitorio. Per farlo è essenziale apprendere in corso d’opera e cimentarsi con l’adattamento dei modelli che si rivelano più efficaci, in questo modo si pratica una “transizione adattiva e progressiva”.
Nell’ultimo decennio in Francia, con un certo anticipo sul resto dell'Europa, attorno all’urbanisme transitoire si è andato strutturando un vero e proprio nuovo settore di intervento, capace di catalizzare risorse e attenzioni da parte di molteplici componenti della società.
In molte città, tramite specifici bandi e iniziative pilota, amministrazioni pubbliche e proprietari privati hanno messo a disposizione a condizioni agevolate una parte del patrimonio inutilizzato, con l’obiettivo di innescare processi virtuosi capaci di incidere sulle prospettive e le scelte di riconversione della restante parte del patrimonio e in generale di impattare sul territorio limitrofo. A questo scopo hanno promosso il coinvolgimento del Terzo settore, dell'associazionismo e delle comunità locali nell'attivazione provvisoria all’interno di questi spazi di attività culturali, sociali ed economiche. La valutazione del risultato generato da queste esperienze insieme alla loro rapida ed estesa diffusione in molte città, hanno dato ampiamente ragione della loro bontà.
Si apre anche per la contrattazione territoriale svolta dal sindacato una stagione nuova del confronto con le amministrazioni locali incentrata su: la mappatura e la tassonomia degli spazi per conoscere le diverse tipologie della potenziale offerta; la mappatura della popolazione che potrebbe fruire degli spazi; i nuovi "cicli di vita", con tempi di riuso diversi in ciascun caso; i livelli di architettura e infrastrutture primarie per poter riabitare luoghi per lungo tempo abbandonati o rimasti incompiuti; le regole di accesso e la condivisione degli spazi; le possibili politiche pubbliche per consolidare e rinnovare queste pratiche.
Segnaliamo "Spazi in trasformazione", il primo bando italiano dedicato al riuso transitorio promosso da Fondazione Cariplo con il supporto tecnico di KCity e la collaborazione avviata con partner francesi de l’Institut Paris Region e di Plateau Urbain, che rappresenta il primo tentativo di adottare un analogo approccio anche in Italia. Il bando, senza scadenza, ha un budget complessivo di 3,5 milioni di euro. Per saperne di più: MEET Digital Culture Center Immersive Room
* Nella foto il progetto Streetmekka di Esbjerg è il primo tentativo di creazione di un impianto sportivo e culturale “di strada” di nuova concezione.
Situato a Esbjerg, la quinta città più grande e più giovane della Danimarca, il progetto vede la trasformazione di un deposito ferroviario industriale abbandonato in una piattaforma culturale e sociale in grado di rendere gli sport e la cultura di strada inclusivi e accessibili tutto l’anno, anche nel clima scandinavo.
Per la Redazione - Serena Moriondo