Vi segnaliamo un’iniziativa di Will, il magazine d’informazione pensato esclusivamente per essere letto sui social, che ha chiesto a Parole O_Stili di aiutare la loro redazione a scegliere alcune parole del linguaggio inclusivo, così da poter organizzare un piccolo vocabolario.
Parole O_Stili, per chi non lo conoscesse, è un Progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole. L’associazione ha promosso il "Manifesto della Comunicazione non ostile" per un’idea di comunicazione civile, etica, positiva e consapevole che viene diffuso nelle associazioni, nelle aziende, nelle scuole, nelle manifestazioni pubbliche e in Rete. Il loro impegno ha ricevuto vari premi e riconoscimenti anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Ecco il risultato.
La disabilità passa anche attraverso le parole: handicappato, schizofrenico, ritardato e molte altre.
Sono parole che definiscono l’identità delle persone attraverso la sola condizione fisica: non una persona ma una disabilità.
La disabilità, infatti, non è né un'offesa né una malattia. È semplicemente una condizione nella quale una persona non riesce a compiere un’azione perché incontra degli ostacoli: un marciapiede troppo stretto sul quale una sedia a ruote non riesce a stare oppure un semaforo senza indicazioni sonore o in braille.
Quali parole sono preferibili per essere inclusivi verso le persone con disabilità? Una espressione è “persona con disabilità”, come ci suggerisce @paroleostili: dove il primo elemento è la persona e soltanto dopo, se necessario esprimerla, la sua condizione.
Le linee guida delle Nazioni Unite per un linguaggio più inclusivo invitano a utilizzare l'espressione “persone con disabilità” anziché “disabili” o “diversamente abili”. Nel mondo dell'attivismo c'è invece chi preferisce il termine persone “disabili” usando l’identity first language, il linguaggio incentrato sull'identità, che sottolinea come la disabilità giochi un ruolo importante nell’identità della persona e rafforza l’idea che la disabilità può avere un ruolo identitario e culturale positivo.
È importante riflettere sul linguaggio, per non discriminare e per non ferire involontariamente. Scegliamo le parole con cura e con consapevolezza per diffondere un’attitudine positiva e per accogliere. Se non si è sicuri su quale linguaggio utilizzare per essere rispettosi, la cosa migliore da fare è chiedere alle persone stesse.
Per la Redazione - Serena Moriondo
Illustrazioni di @nocomics_