A scandirlo sono stati milioni di giovani che hanno manifestato, per il movimento Fridays for Future, in sette continenti, venerdì 25 marzo, come prima azione dopo il fallimentare vertice sul clima della Cop26 a Glasgow.
I manifestanti hanno risposto all'appello “Insieme, costruiamo un sistema e una casa in cui diamo la priorità a #PeopleNotProfit” (…) "I colonizzatori e i capitalisti – scrive il movimento - sono al centro di ogni sistema di oppressione che ha causato la crisi climatica e la decolonizzazione, utilizzando lo strumento delle riparazioni climatiche, è il miglior tipo di azione per il clima", ha affermato. “L'1% dei capitalisti più ricchi deve essere ritenuto responsabile delle proprie azioni e della propria ignoranza volontaria. Il loro profitto è la nostra morte. Il loro profitto è la nostra sofferenza”.
I ragazzi e le ragazze che hanno protestato evocano la piena applicazione dell’Agenda 2030 che prefigura un futuro senza povertà, con ampio accesso ad un lavoro dignitoso, alla sanità e all’educazione per tutti, preservando l’ambiente del pianeta, l’uguaglianza di genere e il rispetto per i diritti umani, promuovendo la prosperità ma non a scapito della coesione economica, sociale e territoriale e rafforzando la pace e la sicurezza.
Il cambiamento climatico è un indubbio moltiplicatore di minacce verso la natura e di disuguaglianza sociale e può essere fonte di ulteriori conflitti nel mondo per l’accesso a risorse sempre più carenti, come nel caso dell’acqua.
Il 14 marzo, Nature Climate Change ha pubblicato un nuovo studio nel quale si prevede che il riscaldamento climatico indotto dagli esseri umani scioglierà, entro il 2100, vaste distese delle torbiere del permafrost settentrionale. Circa il 75% dell’Europa settentrionale e della Siberia occidentale potrebbero diventare “climaticamente inadatte” per le torbiere del permafrost entro pochi decenni, anche con livelli moderati di riscaldamento globale. Le torbiere del permafrost in Europa si estendono per oltre 1,4 milioni di chilometri quadrati e stoccano circa 40 miliardi di tonnellate di carbonio, circa il doppio di quanto viene immagazzinato nelle foreste europee.
Il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc), si riuniranno a breve per completare la terza parte del Sesto rapporto sullo stato del Clima, la cui pubblicazione è prevista per il prossimo 4 aprile.
Nella prima parte del sesto rapporto di valutazione (Ar6), pubblicata nell’agosto del 2021, gli scienziati avevano sottolineato come la situazione del riscaldamento climatico sia sempre più grave. La soglia degli 1,5 gradi potrebbe essere raggiunta già attorno al 2030, ponendo così la Terra su una traiettoria ad altissimo rischio.
La seconda parte diffusa a febbraio 2022 si è focalizzata sugli impatti passati, presenti e futuri sulla popolazione e sugli ecosistemi, precisando che un ulteriore ritardo nell’azione da parte di governi, aziende e cittadini ridurrà drammaticamente le possibilità di garantire alle future generazioni un “avvenire vivibile”.
Nella terza parte verrà sottolineata la necessità di operare “trasformazioni su grande scala di tutti i principali sistemi: dall’energia ai trasporti, dalle infrastrutture alle costruzioni, dall’agricoltura alla produzione alimentare”. Cambiamenti che occorre “attuare sin da ora” se si vuole raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 entro il 2050.
Durante un incontro sui temi della sostenibilità, organizzato il 21 marzo scorso dal settimanale d'informazione politico-economica The Economist, il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato: “Le ricadute dell’invasione russa in Ucraina rischiano di sconvolgere i mercati alimentari ed energetici globali, con importanti implicazioni per l’agenda climatica globale”. Se le principali economie seguiranno la strategia di sostituire il petrolio e il gas russi “a qualunque costo”, è concreto il rischio di restare dipendenti a lungo termine dai combustibili fossili e di rendere irraggiungibili gli obiettivi globali sul clima: “I paesi potrebbero essere così presi dall'esigenza di dover colmare l’approvvigionamento di combustibili fossili da trascurare o azzoppare le politiche di transizione verso fonti di energia pulita. Questa è una follia. La dipendenza dai combustibili fossili è una distruzione reciprocamente assicurata. I paesi devono accelerare l’eliminazione graduale del carbone e di tutti i combustibili fossili e attuare una transizione energetica rapida e sostenibile. È l’unico vero percorso verso la sicurezza energetica”.
Per la Redazione - Serena Moriondo