Nel nostro lontano passato insicurezza e paura erano fuori dalle città, oltre le mura cittadine si aprivano territori insicuri sottratti al controllo dei poteri pubblici. Nella città moderna l’insicurezza si è trasferita nel tessuto urbano.
Dunque, quello della sicurezza urbana è un tema molto sentito tra la popolazione, specie anziana, che percepisce da tempo un aumento della insicurezza propria e dei propri cari. Ed è in effetti, nella città che si verificano prevalentemente gli episodi criminali e si è esposti maggiormente a rischi e pericoli.
Nelle città si moltiplicano le cause di insicurezza: "Queste si manifestano tanto in condotte criminali quanto in comportamenti di inciviltà, tanto in situazioni di disagio sociale quanto nella difficile convivenza tra i diversi gruppi sociali, tanto in fenomeni di degrado urbano quanto nel dissesto paesaggistico e idrogeologico "(A. Pajno, V. Antonelli, La sicurezza urbana tra editti e ronde; A. Pajno La sicurezza urbana, 2010).
Lo stesso Zygmunt Bauman, nel suo libro “La società dell’incertezza” (il Mulino, 1999), ha scritto: “viviamo in un mondo diversificato e polifonico, dove ogni tentativo di imporre il consenso si rivela solo una continuazione del dissenso sotto altre spoglie. Questo mondo ha subito per lungo tempo, (e con ogni probabilità continuerà a subire ancora per molto) un processo di radicale ed inesorabile aumento dell’incertezza.”
L’insicurezza nelle città è, quindi, indubbiamente prodotta da una complessa serie di fattori legati alle condizioni economiche e ai problemi sociali, ma anche al modo in cui le città sono pianificate, progettate e costruite, il modo in cui le persone si identificano nell’ambiente in cui vivono e il modo in cui gli spazi urbani sono curati e gestiti. La disposizione e l’organizzazione degli spazi urbani - l’Associazione Nuove Ri-Generazioni lo sostiene da tempo - influiscono sul loro livello di sicurezza, possono contribuire a renderli più sicuri, ma possono anche concorrere a farli diventare più pericolosi. Pertanto, una buona o cattiva progettazione contribuisce a rendere una città più o meno sicura.
Un recente carteggio mediatico tra Luigi Manconi, già presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani e il Sindaco di Firenze, Dario Nardella, sul quotidiano La Repubblica, ha riacceso l’attenzione sul tema dopo che il decreto legge n. 14/2017 - intervenendo nuovamente in materia di sicurezza pubblica, attraverso una serie di disposizioni di modifica, tra l'altro, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, del Testo unico degli Enti locali, del Codice antimafia e delle misure di prevenzione, nonché del Codice penale - ha affermato un modello di sicurezza delle città che tende a non esaurirsi nella prevenzione e repressione dei reati, ma si estende alla promozione e alla garanzia di migliori condizioni di vivibilità.
La sicurezza urbana, dopo una serie di provvedimenti normativi che si sono susseguiti a partire dagli anni ’90, è ora definita come il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da ottenere anche attraverso interventi di riqualificazione, urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l'eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione della cultura del rispetto della legalità e l'affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile.
Tutto questo con il coinvolgimento di vari soggetti: dall'amministrazione statale alle forze di polizia, dalle regioni alle amministrazioni comunali e persino i privati. I nuovi strumenti finalizzati alla tutela della sicurezza urbana hanno riguardato anche la partecipazione dei privati il cui contributo è individuato nei patti per la sicurezza urbana. Si prevede, infatti, che questi ultimi debbano tenere conto anche di eventuali indicazioni od osservazioni acquisite da associazioni di categoria comparativamente più rappresentative.
In altre parole una lettura non più strettamente riconducibile alla materia statale dell’ordine pubblico e della sicurezza, attraverso una dimensione “integrata” della “sicurezza urbana”, la cui realizzazione è frutto del concorso di tutti i livelli di governo e di amministrazione. Quindi la “riconversione” delle funzioni della pubblica sicurezza è molto più ampia e articolata che prevede, tra i vari aspetti, anche l’introduzione del “controllo di vicinato” e azioni di sicurezza partecipata.
A differenza della scelta del 2008 che rimetteva ad un decreto del ministro dell’Interno la disciplina dell’ambito di applicazione, la nuova normativa provvede direttamente ad individuare gli ambiti di intervento della figura del Sindaco. E se da un lato offre ampi spazi di azione ai Sindaci, dall’altro induce confusione ed incertezza negli operatori e non contrasta il rischio di comportamenti irregolari e non conformi con uno stato di diritto. Tanto che - come viene sottolineato anche dal Sindaco di Firenze - necessiterebbero, in tutti i reparti delle forze di pubblica sicurezza, nuove professionalità all’altezza dei nuovi compiti.
Ed è qui che si è aperta la discussione tra Manconi e Nardella, sul potere di ordinanza da parte dei Sindaci, un po’ in veste di “Ufficiali di Governo” e un po’ quali “Rappresentanti della Comunità locale”; sul tema assai complesso delle politiche integrate della sicurezza e del riordino della disciplina della polizia locale; l’uso della forza nell’imporre l’osservanza della legge e a contenere la violenza sociale, e il suo stesso contenimento e controllo in funzione del progetto di società che s’intende affermare.
La sicurezza è infatti un bene comune essenziale, indissociabile da altri beni primari, quali l’inclusione sociale, il diritto al lavoro, alla salute, all’educazione, alla cultura, ed è l’accesso ai diritti a facilitare e rendere possibile il diritto alla sicurezza.
La lettura dei due articoli che proponiamo alla vostra attenzione rappresenta solo l’inizio di una riflessione più ampia su questo tema.
Link degli articoli di L.Manconi e D.Nardella: Si_fa_presto_a_dire_.pdf
Per la Redazione - Serena Moriondo