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Foto farfalla arancioneL’“Effetto farfalla” che sinteticamente descrive la concatenazione di eventi che, partendo da piccoli mutamenti, arrivano ad ingrandirsi a dismisura, è un’espressione che contiene il concetto di “dipendenza sensibile alle condizioni iniziali”, presente appunto nella “teoria del caos”.

In altre parole, un’azione che può sembrare insignificante, come il battito delle ali, può causare qualcosa che non ci aspettiamo, innescando processi a catena che non avremmo mai e poi mai pensato potessero succedersi.

Sembra calzare a pennello con ciò che sta avvenendo nel mondo.

Il conflitto tra Russia e Ucraina è ufficialmente in corso dal 24 febbraio ma abbiamo compreso che ha radici molto più profonde, anche precedenti all’annessione, nel 2014, della Crimea da parte della Federazione Russa e dagli scontri nel Donbass. I motivi del conflitto e gli effetti del conflitto sull’economia sono all’ordine del giorno in qualsiasi telegiornale, quotidiano o talkshow. Come per la pandemia le opinioni sono contrastanti, spesso superficiali, difficile comprenderci qualcosa.

Quello che è evidente è che l’esodo di milioni di rifugiati, una ripresa di forza del virus Omicron, l’aumento dei prezzi del carburante, la scarsità di alcuni prodotti sul mercato, l’aumento degli investimenti per le spese militari, il blocco degli spazi aerei, l’incremento del 20% dei tempi di viaggio delle merci, sono solo alcune conseguenze del conflitto destinato ad avere effetti per un lungo periodo sulle nostre vite. E, a proposito di rifugiati, è doveroso ricordare quanto sia palese la differenza fra il trattamento giustamente accordato ai rifugiati ucraini e quello riservato ai circa 30 milioni di rifugiati, sfollati e richiedenti asilo che si trovano in Africa e in altri parti del mondo.

Per chi ancora ha il coraggio di sostenere che questa guerra (come tutte le guerre) è principalmente un fatto di potere e di controllo tra leaders politici diamo qualche dato in un settore, quello logistico, particolarmente influenzato dal conflitto e già duramente colpito dagli effetti della pandemia da Covid-19 (Fonte: ISPI).

Lo sapevate che l’UE finora ha rappresentato di gran lunga il principale investitore estero in Ucraina, con l’80% degli investimenti esteri diretti (IDE) verso Kiev nel 2019, fornendo oltre 4,8 dei 6 miliardi di dollari?

L’economia dell’Ucraina e il suo sviluppo infrastrutturale  sono dipesi finora in larga misura dagli investimenti delle principali banche europee di sviluppo. Fino alla fine del 2021, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) si è confermata essere il primo investitore istituzionale nel Paese. Nel corso della sua attività in Ucraina, la BERS ha investito 16,3 miliardi di euro per un totale di 511 progetti. Al 31 dicembre, invece, erano attivi 205 progetti di investimento, per un valore complessivo di 4,3 miliardi di euro. Di questi, è utile notare, il 57% è destinato alla costruzione di infrastrutture sostenibili.

L’importanza dello sviluppo di infrastrutture in Ucraina è confermata poi dalle azioni portate avanti dalla Banca Europea degli investimenti (BEI) dal 2007, anno in cui ha iniziato a operare in Ucraina. In questi anni sono stati finanziati 54 progetti, per un totale di 8,09 miliardi di euro. Foto 7D3F6FA2 FA0E 41FA 812A D8C0EC6DFE88 800x300L’Ucraina è di gran lunga il Paese che ha ricevuto più finanziamenti tra quelli del Partenariato Orientale dell’UE, dimostrando un forte interesse rispetto ad altri partner regionali. I finanziamenti ricevuti riguardano principalmente il settore dei trasporti (35,84%), l’apertura di linee di credito (24,92%), e l’energia (17,29%)  Tra i singoli progetti, quelli di maggior valore economico riguardano ancora una volta le infrastrutture e in particolar modo quelle stradali.

Anche il trasporto marittimo è stato messo a dura prova dal conflitto in atto. Il blocco dei porti ucraini di Odessa e Mariupol, resi ormai praticamente inutilizzabili dai bombardamenti e dalle mine, sta avendo pesanti ripercussioni nel traffico soprattutto con i porti adriatici italiani di Monfalcone, Porto Nogaro e Ravenna. Uno dei settori più gravemente colpiti dal blocco di Mariupol è quello del trasporto siderurgico italiano, a causa dell’interruzione dell’approvvigionamento di materiali dalle acciaierie ucraine, che nel 2021 hanno fornito all’Italia 5,2 milioni di tonnellate di semilavorati, ai quali vanno aggiunte le 3,4 milioni di tonnellate provenienti dalla Russia, anch’esse a rischio. L’Autorità di Sistema Portuale di Ravenna ha dichiarato che nel 2021 delle 3.000 navi attraccate 500 provenivano dal Mar Nero, di cui 160 dalla Russia e 200 dall’Ucraina, rotte attualmente bloccate. In aggiunta a ciò, le principali compagnie di navigazione, MSC, Maersk, Hapag-Lloyd e Alleanza One, hanno tutte cancellato gli scali nei 67 porti russi, eccezion fatta per il trasporto di cibo, cure mediche e umanitarie. Il trasporto marittimo è anche influenzato dall’aumento significativo dei premi assicurativi per navigare nel Mar Nero, che si ritrovano a dover coprire anche il rischio di guerra e navigazione in zone pericolose. Gli effetti del conflitto sui costi di spedizione delle merci sono e saranno significativi.

On the Ukrainian held territory the railway bridge, blown up by the separatists, blocking the highway from Donetsk to Slovyansk. 60 % of the railways and the roads nfrastructure have been destroyed in Donbass, as a result of civil war. Krasny Partizansk, Eastern Ukraine, November 11 2014. Photographer: Dmitry Beliakov/ for Der SpiegelIl blocco aereo nei confronti della Russia ha invece forti ripercussioni sul trasporto aereo, colpendo in particolare i traffici tra Asia ed Europa di AirBridgeCargo, uno dei leader del settore appartenente al gruppo russo Volga-Dnepr. Inoltre, il blocco posto in atto dalla Russia in risposta costringe deviazioni significative del traffico aereo, che non può più sorvolare il Paese ed è costretto a viaggi più lunghi e, conseguentemente, meno sostenibili. Tutto ciò comporterà riorientamento delle rotte e nuovi collegamenti.

Negli anni passati, la volontà dell’UE di integrare progressivamente l’Ucraina nel quadro della propria rete infrastrutturale era confermata dall’importanza che l’Ucraina ha sin dall’inizio rivestito nel quadro dei grandi corridoi di trasporto ferroviario TEN-T (Trans-European Networks), in particolare per quanto concerne il corridoio Lisbona-Kiev. In particolare, la rete ucraina è considerata centrale nel quadro della realizzazione del corridoio per il trasporto merci Europa-Asia, parte del piano EU-Asia Connectivity Strategy del 2018 ora confluita all’interno del più recente progetto europeo Global Gateway di dicembre 2021. A queste inizaitive va infine aggiunto il ruolo che riveste l'Ucraina all'interno del programma NDCI della Commissione UE, che ha riunito in un solo strumento diversi piani di finanziamento della politica di vicinato. Attraverso l’Ucraina passano diversi collegamenti ferroviari che uniscono l’Europa alla Cina, non a caso quest’ultima ha destinato cospicui investimenti cinesi in ambito infrastrutturale, pari a 3,5 miliardi di dollari, miranti in particolar modo a rafforzare la rete infrastrutturale dei trasporti e quella energetica.

A protester prepares to throw a tire onto a fire during clashes with police in central Kiev, Ukraine, early Saturday, Jan. 25, 2014. As riots spread from Ukraine's embattled capital to nearly half of the country, President Viktor Yanukovych promised Friday to reshuffle his government and make other concessions - but a top opposition leader said nothing short of his resignation would do. Hours after the president's comments, huge fireballs lit up the night sky in central Kiev and plumes of thick black smoke rose from burning tires at giant barricades erected by protesters.(AP Photo/Sergei Grits)Il conflitto e l’incertezza sullo status e la collocazione internazionale dell’Ucraina pongono dubbi su quanti di questi progetti e infrastrutture saranno ancora esistenti al termine del conflitto.  Per non parlare che oltre le ingenti vite umane, le invasioni, i bombardamenti, i missili e i carri armati stanno distruggendo anche l’ambiente.

La minaccia nucleare, l’inquinamento delle falde acquifere, il sollevamento di polveri sottili causate dalle esplosioni sono problemi ambientali seri. A chi non muore subito a causa del conflitto, potrebbe succedergli negli anni successivi per i danni ambientali che hanno un impatto devastate anche sulla salute umana. Inoltre, le armi e il materiale militare utilizzati durante i conflitti lasciano anche una sorta di eredità ambientale, pensiamo alle mine, alle munizioni e altri residuati bellici esplosivi che possiamo ancora trovare in alcune parti d’Europa. 

Per rendere meglio l’idea di quante risorse vengono effettivamente usate dalle forze armate, possiamo dire che le emissioni di CO2 dei più grandi eserciti sono maggiori di quelle di molti paesi del mondo messi insieme. Costruire e sostenere forze militari consuma infatti quantità enormi di risorse; dai metalli comuni a terre rare, da acqua a idrocarburi. Veicoli militari, aerei, navi e infrastrutture per addestramenti richiedono poi energia – e il più delle volte l’energia è petrolio e l’efficienza energetica è bassa.Si tratta di un aumento delle emissioni dovuto anche solo alle catene di approvvigionamento delle attrezzature militari. Sono tutte emissioni che potrebbero essere evitate e che vanno solo che ad aumentare quelle già causate dalle attività umane. In Ucraina sono inoltre a rischio specie e habitat già sull’orlo dell’estinzione che, nell’ultimo ventennio hanno subito un tasso di disboscamento tra i più alti al mondo per far posto al granaio d’Europa.

Una cosa è certa: rimane aperta la questione dell’onerosa ricostruzione che si renderà necessaria. Anche in questo caso, c’è chi guadagnerà diversi miliardi da questa guerra. Davvero, dunque, si può pensare che dietro a tutto questo ci sia solo eccessivo protagonismo politico? E' ora di aprire gli occhi al mondo.

Per la Redazione - Serena Moriondo