Il 25esimo anniversario dell’adozione della Piattaforma di azione di Pechino, doveva registrare nuovi traguardi nel raggiungimento dei diritti e portare a ulteriori interventi a sostegno delle donne ma, ha dichiarato l’ONU, la pandemia ha avuto effetti devastanti su tutti e, in particolare, per donne e ragazze. Anche in Italia l’Istat registra un dato estremamente grave durante il lockdown: un incremento della richiesta d’aiuto da parte di donne del 73% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, donne costrette in casa e con difficoltà di accesso ai servizi di supporto. Violenze spesso sfociate in femminicidi, a volte anche con l’uccisione dei figli.
Il perdurare di stereotipi culturali che ancora esistono, ben radicati in molte coscienze, condiziona il rapporto tra donne e uomini, influisce sui loro comportamenti, essendo anche immersi in una complicità sociale che glielo consente e lo incentiva. Nessuno può prendere le distanze da ciò che succede. E' indispensabile agire per prevenire seriamente ed in modo duraturo la violenza contro le donne, per guardare il mondo con uno sguardo non discriminante.
L'Associazione Nuove Ri-Generazioni si occupa di rigenerazione urbana, comunità inclusive e sostenibili, ed è ben consapevole che la città offre opportunità e pericoli diversi agli uomini e alle donne. Dai risultati di ricerche condotte negli ultimi anni anche in Italia, sappiamo che una città sicura per le donne è una città sicura per tutti, mentre non è affatto detto che una città sicura per gli uomini lo sia anche per le donne.
Per questo quando si progetta, si ristruttura, si rinnova, si immagina una città è necessario adottare una prospettiva di genere, che riguardi ogni età, sapendo che la struttura dello spazio pubblico (e privato) può contribuire a ridurre la paura, contrastare la violenza e migliorare la vita. La città è il luogo dove si forma il senso di sicurezza che percepiamo. Vi sono, dunque, fattori possono essere presi significativamente in considerazione nel campo della progettazione urbanistica, nella forma che diamo alle città, nei servizi che ne andranno a farne parte.
“Le città in cui viviamo oggi sono progettate da maschi per i maschi, rappresentando un ostacolo all’emancipazione femminile. (…) Città come Vienna, Stoccolma, Barcellona (per citarne alcune), che hanno politiche formali di gender-mainstreaming, hanno dimostrato che quando si considera l’uguaglianza di genere in tutte le fasi della pianificazione urbana e della definizione delle politiche, si possono rendere le città più sicure per le donne e alleviare il peso del lavoro domestico creando spazi in cui casa, lavoro, scuola e spazi per il tempo libero sono interconnessi. (…) Per questo bisogna saper guardare all’ambiente costruito in modo diverso e comprendere che anch’esso ha un ruolo nel plasmare la società e perpetuare la disuguaglianza” (L. Kern).
Con le aree urbane che dovrebbero ospitare il 60% della popolazione mondiale entro il 2030, un orientamento alla prospettiva di genere appare necessario per la costruzione di città inclusive, sicure e sostenibili, come indicato dal Goal 11 dell’Agenda 2030. Ciò significa un ruolo attivo a partire dalle scelte di progettazione anche da parte delle donne. La progettazione di una città e ancor più di un quartiere deve necessariamente partire dalla partecipazione dei suoi abitanti e in special modo delle donne. I dati che emergono dalle statistiche, evidenziano una realtà incompleta, semplificata, poiché riguardano solo una parte della popolazione, quella considerata “produttiva”, lasciando nascosta una fetta importante di soggetti che nella maggior parte dei casi sono donne (spesso anziane) che vivono i quartieri più periferici delle città.
La battaglia per lo sviluppo sostenibile si vince o si perde soprattutto nelle città, tanto più ora a seguito degli effetti della pandemia, tanto più ora con un settore delle costruzioni ridimensionato da anni di crisi, marginalizzato rispetto ai luoghi della riflessione sui processi di sviluppo. Se questo cambiamento avrà luogo, avverrà per tentativi, il tempo che abbiamo (e non è molto) ci dovrà servire a migliorare, a ripensare la forma delle cose che utilizziamo, degli spazi in cui viviamo, a individuarne i punti deboli, le richieste ignorate, a superare le discriminazioni, a garantire i diritti costituzionali. Non credo che cambiando le città si cambi automaticamente la società, ma sarebbe sicuramente un passo importante nella giusta direzione.
Letture consigliate:
Feminist City, autrice Leslie Kern, Mount Allison University a Sackville, Canada. Kern si occupa della contiguità fra questioni di genere e ambiente urbano. Sarà tradotto e pubblicato da Treccani Libri nell’autunno 2021
Corpi tra spazio e progetto, autrice Cristina Bianchetti, Politenico di Torino, Mimesis 2020. Per chi si occupa di città e territorio lo spazio rimanda al corpo. Lo ha proiettato sulla città, rappresentandone la perfezione ideale, ritrovando lì, nel corpo, parole, proporzioni e relazioni. Ha inseguito l’autorità del corpo per raccontare la città, rappresentarla, progettarla, farne sede del corpo sociale e politico, imporla al mondo. L’analogia organica è stata potente e lo è ancora.
La città dei poveri la città dei ricchi, autore Bernardo Secchi, Laterza Editore 2013. Secchi sostiene che l’urbanista ha forti, precise responsabilità nell’aggravarsi delle disuguaglianze e che siamo di fronte a una nuova questione urbana che è causa non secondaria della crisi che oggi attraversano le principali economie del pianeta.
Carta Europea delle donne nella Città, 1993. Proposta di un nuovo modello di interpretazione della città.
Nella foto un'opera di Emmanuelle Moureauxs
Per la Redazione - Serena Moriondo