Il mese che sta per arrivare sarà denso di promesse, di proclami e di tante, tante parole… molte delle quali ostili. Tutti noi vorremmo pensare positivo e sperare in una campagna elettorale equilibrata, rispettosa e incentrata su contenuti concreti, purtroppo però stiamo già iniziando ad assaggiare qualche anticipazione di quello che ci aspetta. Il modo con cui il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha liquidato due ex compagni di partito (Gelimini e Brunetta) utilizzando parole come "Riposino in pace" è solo un ultimo esempio.
Ricordiamo tutti le parole del leghista Calderoli alla ministra Cecile Kyenge "Quando vedo Kyenge penso ad un orango", così come sono ostili le minacce inviate via social al presidente Mattarella “La mafia ha ucciso il Mattarella sbagliato”.
Sappiamo che la presenza in rete di atteggiamenti offensivi e violenti caratterizza tristemente, oggi, il nostro modo di comunicare. Oggetto di numerose inchieste sociali è considerato, a ragione, un fenomeno da arginare, nella consapevolezza che l’ostilità, anche espressa online, può avere conseguenze concrete nella vita delle persone, perché “virtuale è reale”.
Analizzando il linguaggio politico, Michela Murgia alcuni anni fa, durante una lectio magistralis, ha esaminato coppie di parole che spesso vengono usate come intercambiabili, ma non lo sono affatto perché le prime possono costruire un ponte le seconde un baratro. Avversario, semplificazione e responsabilità sono parole ponte. Nemico, banalizzazione, colpa sono parole ostili. Nemico è una parola ostile. Avversario no.
"La democrazia è l’unico sistema di governo fondato sul dissenso, o più propriamente sul conflitto, che non è una derivata impazzita ma ne è il fondamento. Per cui cercare di azzerare i conflitti significa azzerare i principi democratici - ha precisato Murgia - ma se in un sistema democratico è normale, se non addirittura auspicabile, avere degli avversari. Meno normale invece è avere un nemico. Perché se l’avversario sta comunque dentro la dialettica del riconoscimento (in pratica riconosco che tu possa avere un’idea diversa dalla mia e anche che quella idea la combatterò), il nemico invece incarna la soggettività da espungere dal sistema". Insomma, il nemico è considerato un problema da eliminare.
"Quindi, qualunque leader costruisca la propria necessità politica sulla narrazione del nemico, esterno o interno, mette in atto una dinamica antidemocratica, fascista. Perché il fascismo ha una sola modalità per porsi: opporsi. Il nemico gli serve. E l’atteggiamento nei suoi confronti non è il dissenso, ma la distruzione, la sua rimozione, con o senza ruspa".
Il parlamangismo, ovvero la banalizzazione, è ostile "La democrazia esclude l’ipotesi del pensiero unico essendo fondata sul dissenso. In democrazia le parole e le idee devono sempre essere messe a confronto. E questo inevitabilmente determina una complessità sociale permanente. Oggi però “viviamo nel tempo del parlamangismo. Parlare alla pancia o con la pancia sono espressioni ostili perché dalla pancia non si levano parole".
Perché banalizzare è ostile? "Chi banalizza toglie l’essenziale, mentre chi semplifica toglie il superfluo. Chi semplifica compie un atto di amore verso chi deve capire. Chi banalizza invece tratta l’altro come stupido".E di fatto banalizzando, il politico di turno finisce col dire quello che (ritiene) vuole sentirsi dire l’interlocutore affinché gli dia il suo il voto. “Voto e non consenso, perché il consenso prevede l’adesione a un progetto”.
La colpa è ostile, la responsabilità no. Secondo la scrittrice, aver confuso colpa e responsabilità è il peccato originale della nostra democrazia e continuiamo a compierlo ogni volta che non ci assumiamo responsabilità ma attribuiamo colpe ad altri. "Chi di fronte a un problema complesso vuole guadagnarsi il consenso dice che quello che è successo ‘è colpa di…’ e identifica un nemico, che di solito è il governo precedente o categorie sempre più numerose e contestuali al tempo che stiamo vivendo". Migranti e Omosessuali, ad esempio? "Il punto – ha concluso Murgia – è che il nostro Paese ha perso la capacità di distinguere il piano delle idee da quello della paura, il piano della complessità da quello della banalizzazione, il piano della legittima dialettica democratica da quello del nemico da abbattere e rimuovere." E le parole di odio, che additano il nemico il turno, che feriscono, scherniscono, offendono, finiscono col diventare le parole di tutti, dal Parlamento arrivano alla bocciofila, perché “la politica conforma il linguaggio sociale”.“Sono tempi ostili: prepariamoci“.
Dobbiamo alzare argini contro messaggi di chiusura, divisione, esclusione sempre più frequenti. Per questo, a circa due mesi alle elezioni, Parole O_Stili, ha deciso di invitare, come in più occasioni ha fatto con l’iniziativa #Cambiostile, "tutti i candidati e le candidate a utilizzare un linguaggio rispettoso e non ostile, evitando che la Rete possa diventare una zona franca dove tutto è permesso ed educando invece alla responsabilità le community di riferimento".
"Nel corso degli anni - sostengono i fondatori di Parole O-Stili - sono stati centinaia i rappresentanti politici di tutti gli schieramenti che hanno firmato il Manifesto della comunicazione non ostile per la politica: un impegno spontaneo e personale preso affinché il dibattito sia concentrato su contenuti e idee orientati al bene comune", per accompagnare la crescita di una società civile consapevole e responsabile.
Quindi oltre ai contenuti - che per ora stentiamo a trovare nei dibattiti e sui tabloid - è necessario che anche la loro presentazione, le forme di comunicazione a supporto dei programmi, siano orientate non solo al rispetto delle opinioni altrui ma anche delle persone.
Link: Manifesto della comunicazione non ostile per la politica
Per la Redazione - Serena Moriondo