Mercoledì 27 luglio il Senato della Repubblica italiana ha bocciato (a scrutinio segreto) un emendamento che avrebbe introdotto "un linguaggio inclusivo“ all'interno degli atti ufficiali.
La proposta, per chi non la conoscesse, prevedeva che il Consiglio di presidenza stabilisse "i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell'attività dell'amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l'adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l'utilizzo di un unico genere nell'identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne".
Per intenderci, nei documenti si sarebbe utilizzato, ad esempio, “Senatore/Senatrice” invece di un generico “Senatori”, aprendo una possibilità di scelta nel linguaggio istituzionale che, ad oggi, ancora non esiste.
In quella occasione, l'associazione no-profit Parole O_Stili, ha condiviso sul proprio profilo social la notizia ricevendo aspre critiche.
Vediamone alcune e il relativo commento:
“I femminili sono cacofonici”
“La questione del suono può diventare rilevante se stiamo scrivendo un testo letterario o componendo una poesia – o magari il testo di una canzone – ma non riguarda l’ambito dell’uso. E poi, se maestra non è cacofonico, perché dovrebbe esserlo ministra?”
“Si è sempre fatto così”
“I nomina agentis al femminile sono documentati sin dall’antichità classica, e ricorrono anche durante la storia della nostra lingua (per fare un esempio: Dante usa ministra) tutte le volte che – indovinate un po’? – in un determinato ruolo, o in una posizione, si trovava una donna.”
“Non uso i femminili perché vanno contro le regole dell’italiano”
“le regole dell’italiano ci dicono che normalmente si indica con un sostantivo al femminile un essere vivente di sesso femminile.”
“Allora da domani dico pediatro, dato che sono un uomo”
"Pediatra, come in generale i nomi in -ista e -iatra, i nomi derivati (in latino o italiano) da un participio presente come studente o presidente e alcuni tipi di nomi in -e, come vigile o preside, sono ambigeneri. Questo vuol dire che basta cambiare l’articolo e non serve creare un maschile inesistente, perché il termine è già anche maschile. Mischiare i nomi ambigeneri con i nomi di genere mobile è come giudicare le mele in base al comportamento delle pere."
Mi sento di condividere amarezza, rabbia, addirittura imbarazzo per la stupidità delle argomentazioni avanzate.
E a proposito di quanto possa essere imbarazzante e arretrato questo Paese, ricordiamo che da 45 anni a Monteprato, un paesino del Friuli V.G, esiste una "festa per uomini", dove giovani donne, inginocchiate, bendate, con le mani legate dietro la schiena, gareggiano tra loro a chi mangia più velocemente le banane sbucciate e posizionate all’altezza della cintola degli uomini in fila.
Per la Redazione - Serena Moriondo