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Foto estrema destra ansa 1La chiamano destra radicale populista, seppure abbiano una propensione a conservare gelosamente la propria specificità nazionale, hanno in comune parecchie cose. Innanzitutto, sono movimenti politici anti-establishment e anti-immigrazione che nel decennio precedente avevano iniziato ad affermarsi sulla scena elettorale dei paesi europei, come i Partiti del progresso danese e norvegese, la Fpö austriaca, il Front National francese, la Lega Nord. La stessa evoluzione dello scenario italiano, con l’affermazione sempre più convinta di coalizioni di centrodestra guidate dalla destra radicale, fa eco alle mutazioni che sono in corso in Europa. Diverse formazioni di destra estrema e post fasciste cercano di diventare credibili nella loro aspirazione a governare, facendo leva su paure e pulsioni piene di contraddizioni ma reali, che altre forze politiche hanno sottovalutato da tempo.

Foto neonazistiA studiare il fenomeno da molti anni è Cas Mudde, tra i maggiori studiosi delle nuove destre internazionali, insegna all’Università della Georgia negli Stati Uniti ed è autore di "Ultradestra", pubblicato dalla Luiss University Press.Egli sostiene che, gli ultimi anni hanno visto molti articoli sulla “fine del populismo” e sul “ritorno della sinistra”. La maggior parte di questi pezzi eccelleva nell’evidenziare alcuni risultati ignorandone, purtroppo, molti altri.

Due esempi che riguardano gli Stati Uniti e l'Europa. “Un anno dopo quei fatti - scrive Cas Mudde dopo l’assalto a Capitol Hill  - il cocktail tossico tra l’estrema mobilitazione dei repubblicani e la demotivazione di una parte dei democratici, rischia di offrire a Trump un’ottima occasione per le elezioni del 2024”. E a giugno di quest'anno la sentenza Roe v. Wade che da 50 anni garantiva alle donne americane il diritto di abortire,  è stata rovesciata dalla Corte Suprema.

Foto Forza NuovaConcentrandoci sulle elezioni avvenute in alcuni Paesi dell’UE come Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Paesi Bassi e Francia, la sinistra non registra significative vittorie, salvo in Germania con l'avanzare della Spd, ma perde molto in Bulgaria (su tre elezioni) ed è completamente sbaragliata in Repubblica Ceca mentre avanza la destra. In Francia, pur riconfermando Macron alle recenti elezioni, il Rassemblement National (RN) guidato da Marine Le Pen ha conquistato in questi anni il 53,69% dei voti. Notizia di oggi è la vittoria della destra in Svezia: per la prima volta al governo i Democratici, formazione che a dispetto del nome ha origini post-fasciste ed è alleata di Fratelli d’Italia a Strasburgo.

Si sta dunque realizzando un percorso - che il politologo Marco Tarchi, professore presso la Facoltà di Scienze Politiche Cesare Alfieri dell'Università di Firenze - ha definito di “normalizzazione” dell’estrema destra in Europa. Un processo avviato da anni, che dopo l’affermazione in Polonia e Ungheria, inizia a dare risultati sempre più concreti anche in altri Paesi europei. E ora il prossimo appuntamento sono le imminenti elezioni politiche in Italia e le Europee del 2024.

Queste formazioni politiche, oltre ad essere nazionalisti, sovranisti, omofobi, si distinguono - egli sostiene - anche per essere euroscettici. “L’impatto delle crisi che hanno colpito il continente – quella economica apertasi nel 2008, quella migratoria del 2015, quella pandemica iniziata nel 2020 – ha infatti avuto dimensioni ed esiti differenti sui paesi, condizionando l’atteggiamento di ciascuna formazione nei confronti delle misure assunte dalle istituzioni comunitarie, a partire dalla Commissione e dalla Banca centrale. Anche se in nessun caso ha comportato un’estinzione della complessiva diffidenza verso l’Unione.”

Foto manif salvini san giovanni lapresseAlcuni interessanti elementi di analisi si possono trarre già dal confronto dei programmi proposti di recente all’elettorato da sei fra le più significative componenti di quest’area: Rassemblement National, Fratelli d’Italia, Lega per Salvini, Alternative für Deutschland, Fidesz, Freiheitliche Partei Österreichs. Fra i punti di convergenza ricavabili da questi documenti c’è la comune e ferma opposizione all’attuale gestione dell’Unione europea."

Se però - scrive il politologo -  i cinque partiti occidentali si spingono fino a prevedere la dissoluzione dell’istituzione, che per Marine Le Pen dovrà essere sostituita da un’Alleanza europea delle nazioni e per Fratelli d’Italia da una Confederazione di Stati nazionali, Fidesz, che era già al governo quando l’Ungheria richiese e ottenne l’adesione all’Ue e alla Nato, si limita ad invocare un ritorno alla “ispirazione cristiana” del progetto europeista originario, che sarebbe stato abbandonato a profitto di un’impostazione tecnocratica e materialista. Revocare tutti i trattati sottoscritti dal 1993 in poi è il primo passo da tutti condiviso per giungere all’auspicato cambio di rotta. Vox suggerisce che al loro posto ne venga approvato uno nuovo “ispirato alla linea difesa dai paesi del gruppo di Visegrád in materia di frontiere, sovranità nazionale e rispetto dei valori della cultura europea”; le altre formazioni si limitano ad auspicare il ritorno alla Comunità Economica Europea pre-Maastricht (Lega, AfD) e l’avvio di una forte cooperazione fra “popoli liberi e patrie autonome” (Fpö), che nel caso di Fd’I non si limita al terreno economico ma si estende a sicurezza, mercato unico, difesa, immigrazione, ricerca, politica estera."

Foto neonazisti di plauen 2 1153715Foto destra italianaEd è proprio l’immigrazione uno dei punti caldi dei loro programmi, considerata come una minaccia “destinata a cancellare i contorni di identità nazionali.

Per contrastare il fenomeno “si invocano il rafforzamento della sovranità degli Stati esistenti e l’accettazione della superiorità delle costituzioni nazionali su qualunque atto legislativo deliberato nell’ambito dell’Unione.”

Ne sono un triste esempio:

  • l’inasprimento delle regole sull’aborto del Governo di destra dell’Ungheria. Il Presidente Viktor Orban ha emanato un decreto, che entra in vigore oggi, 15 settembre, che imporrà ai medici di presentare alle donne che vogliano abortire “un'indicazione chiaramente identificabile di segni di vita del feto” prima di procedere con l'aborto stesso;
  • la cancellazione da parte del Governo Serbo della marcia dell’Europride che si sarebbe dovuta tenere il 17 settembre a Belgrado, il primo evento della comunità LGBTQ+ in Europa dell’est;
  • la scelta della Corte suprema polacca che ha respinto il primato del diritto comunitario sulla legislazione nazionale (a guida della giudice conservatrice Julia Przylebska), affermando che alcuni articoli del trattato UE sono incompatibili con la Costituzione polacca sotto il controllo del Governo guidato dal partito conservatore di destra Diritto e Giustizia (PiS). La stessa Corte che, il 22 ottobre 2020, ha reso la Polonia il Paese dell'Unione europea con la legislazione più restrittiva in tema di aborto, dichiarando incostituzionale l'aborto anche per malformazioni fetali, e stabilendo che è legale solo in caso di stupro, incesto o se la gravidanza costituisce una minaccia alla vita e alla salute mentale della donna.

Foto maglietta noi siamo il futuroConcludendo, l'Agenda 2030 - della quale abbiamo segnalato molti ritardi e lenti avanzamenti  -  fissa, già nel suo preambolo,  l’obiettivo di “far rispettare i diritti umani per tutti” con l'intendo di creare un mondo “in cui i diritti umani e la dignità umana, lo stato di diritto, la giustizia, l’uguaglianza e la non discriminazione siano universalmente rispettati”. L’impegno principale dell’Agenda 2030 è dunque basato sui diritti umani e si prefigge di non lasciare indietro nessuno ma quando è stata adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel 2015, ben consci delle differenze politiche esistenti, ci si è chiesti se il fatto che l'Agenda 2030 non avesse stabilito un quadro di riferimento giuridicamente vincolante per i 193 Paesi che l'hanno sottoscritta, avrebbe potutto costituire un limite nell'indicare la strada per un futuro sostenibile.

La risposta è stata trovata dall’Istituto danese per i diritti umani che, analizzando gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e i relativi sotto-obiettivi rispetto agli obblighi internazionali vigenti,  ha dimostrato che quasi tutti i sotto-obiettivi hanno un equivalente nel diritto internazionale e che la loro attuazione non è quindi affatto volontaria (Fonte: Human Rights Guide to the SDGs).  Gli OSS e i diritti umani sono quindi due facce della stessa medaglia, hanno valore universale e sono inoltre inscindibili in quanto devono essere raggiunti nella loro totalità. Implementando i diritti umani, contribuiamo contemporaneamente al raggiungimento degli obiettivi 2030.

L’Agenda ONU mette al centro l’inclusione e pone l’accento sull’equità e la non discriminazione. Con le posizioni che sono state illustrate in premessa, se a prevalere saranno le spinte verso nuova restaurazione culturale ed economica da parte delle forze conservatrici, c'è da domandarsi cosa ne sarà dei progressi sin qui faticosamente raggiunti negli obiettivi dello Sviluppo sostenibile, indispensabili per garantire un futuro alle giovani generazioni.

Per la Redazione - Serena Moriondo