di Serena Moriondo
Il costituzionalista Andrea Manzella - che ha fatto parte della Convenzione che ha redatto la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea - ricorrendo ad una metafora, ritiene che il PNRR possa essere considerato lo “spartito” mentre l’indirizzo politico rappresenta la “direzione d’orchestra”. Stando così le cose, il PNRR è da considerarsi un condizionamento forte del programma del futuro governo che, però, potrà essere attuato di volta in volta con diverse declinazioni dell’indirizzo politico.
Ma la nuova direzione d’orchestra potrà cambiare anche lo spartito?
La caduta del Governo presieduto da Mario Draghi e lo scioglimento delle Camere finora non avevano bloccato l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): al contrario, negli ultimi mesi, hanno portato ad una accelerazione per conseguire una serie di obiettivi e traguardi in considerazione del fatto che, entro il 31 dicembre 2022, l’Italia è chiamata a raggiungere 55 obiettivi per ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro.
La campagna elettorale, tuttavia, ha investito anche il PNRR e ora che il centro destra assumerà la guida del Paese, è necessario comprendere cosa potrebbe succedere dato che, il primo partito, Fratelli d’Italia nel suo programma prevedeva un “mirato aggiornamento del PNRR alla luce della crisi scaturita dal conflitto in Ucraina e dall’aumento dei prezzi delle materie prime”. L’intento dichiarato è quello di rimodulare le risorse nazionali del Fondo complementare e, per quanto riguarda le risorse europee, proporre alla Commissione di operare modifiche all’attuale Piano.
Avvalendoci del pensiero di alcuni esperti in questo campo, proviamo ad esaminare la questione che, a dispetto di quanto possa apparire, ci riguarda molto da vicino.
Partiamo da una premessa:
- non è ipotizzabile sotto il profilo anzitutto costituzionale che il PNRR possa creare vincoli giuridici per il Parlamento, né in ordine alle tempistiche previste per le numerose leggi da approvare, né per quanto riguarda i contenuti ma, è pur vero, che è da considerarsi un “autovincolo” avendo il Parlamento approvato il Piano presentato dal Governo nell’aprile 2021;
- sicuramente il PNRR può essere modificato, tramite la procedura che lo ha istituito (art. 21 del Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021);
- per modificare il Piano si prevede che quest’ultimo non possa più essere realizzato, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato a causa di “circostanze oggettive”. Mentre si può escludere che la nuova maggioranza di governo possa considerarsi tra queste, “circostanze oggettive” potrebbero considerarsi l’inflazione, nonché la crisi energetica dovuta principalmente dall’aggressione russa all’Ucraina;
è già prevista una prima modifica dei Piani nazionali e riguarda lo strumento messo a punto per far fronte alla crisi energetica: il REPowerEU. Secondo la proposta della Commissione europea tutti i fondi del REPowerEU dovranno essere impegnati entro il 31 dicembre 2023. La Commissione ha invitato gli Stati membri ad aggiungere ai loro esistenti Piani un capitolo dedicato con nuove azioni per realizzare gli obiettivi REPowerEU. Un aggiornamento che si potrà utilizzare anche al di fuori della parte energetica, come riconosciuto dalle guidance della Commissione “on Recovery and Resilience Plans in the context of REPowerEU”; - nel momento in cui si decidesse di avviare l’iter per modificare il Piano, peraltro, non si potrebbe ritenere sospesa l’attuazione del Piano originario ma gli Stati membri dovrebbero continuare a concentrarsi sull'attuazione degli attuali PNRR, per consentire progressi con le milestone e i target, considerando la loro rilevanza per riprendersi più rapidamente dall'impatto economico della pandemia e diventare più resilienti;
- ultimo aspetto, ma non per importanza, i finanziamenti del PNRR non sono collegati solo al raggiungimento degli obiettivi indicati a livello europeo e declinati nei vari Piani nazionali, ma a una “sana governance economica”. In particolare, è previsto che la Commissione presenti al Consiglio una proposta di sospensione totale o parziale degli impegni o dei pagamenti qualora il Consiglio decida che uno Stato membro non ha adottato misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo (e l’Italia ne ha uno molto alto) a meno che non abbia determinato l'esistenza di una grave recessione economica dell'Unione nel suo complesso.
Dunque, al di là delle considerazioni di ognuno di noi sulla bontà dell'attuale PNRR e sull’opportunità o meno di modificarlo, le condizioni politiche, giuridiche ed oggettive per portare avanti dei cambiamenti nel Piano sussistono, ma è necessario avere ben chiaro cosa ciò potrebbe comportare per il nostro Paese.
- L ’Italia è il principale beneficiario delle risorse del PNRR (includendo sia prestiti sia contributi a fondo perduto), qualora fosse l’unico Stato europeo a richiedere una modifica del Piano si potrebbe pensare che non sussistano circostanze oggettive che la rendono necessaria ma ad una richiesta di modifica legata principalmente alla volontà del nuovo Governo e al suo nuovo indirizzo politico e ciò farebbe temere che il nostro Paese non è affidabile in quanto non è in grado di portare avanti le riforme necessarie soprattutto per la tenuta dei conti pubblici e il debito pubblico che ha superato i 2.770 miliardi di euro (Fonte: bollettino Banca d'Italia del 6 agosto 2022).
- La posizione più o meno flessibile che potrebbe assumere la Commissione europea da un lato e la Banca Centrale Europea dall’altro, non è secondaria, anche in considerazione del fatto che, durante tutta la durata del Next Generation EU, sono previste dalle 20 alle 30 elezioni nazionali.
- Il rischio di non riuscire a negoziare una nuova versione del PNRR è concreto (richiedere una modifica significa essere in grado non solo di fornire un elenco delle misure da modificare ma una descrizione delle esatte modifiche proposte e una spiegazione del collegamento diretto tra le modifiche proposte e l'impatto delle circostanze oggettive che dovrebbero giustificare la modifica), Inoltre, un eventuale abbandono dell’attuale Piano, rischierebbe di avere almeno due costi economici: in primo luogo quello di perdere i fondi destinati all’Italia; in secondo luogo, una reazione dei mercati finanziari con conseguente aumento dello spread.
- L’attuazione del PNRR, e soprattutto la parte sulle riforme, rimane del tutto centrale per il futuro italiano ed europeo: sia perché interviene su criticità storiche dell’Italia (come giustizia e fisco); sia perché anche dal successo del nostro PNRR può dipendere la possibilità di rendere permanente questo meccanismo oppure di crearne altri simili (ad esempio, per altre emergenze).
- La rivisitazione del PNRR potrebbe essere letta come la volontà di rafforzamento dell’asse dei governi di destra presenti in Europa, dopo Polonia, Ungheria, Svezia e la loro influenza su alcuni temi chiave come lo stato di diritto. Varie misure sono state già adottate dall’UE contro le violazioni sui diritti umani, da parte di questi governi, che riguardano la laicità dello Stato, la negazione del diritto delle donne all’interruzione volontaria di gravidanza, la mancanza di libertà di stampa, la violazione del diritto di asilo degli immigrati, il mancato rispetto dell’indipendenza della magistratura e dell’autonomia della banca centrale, il mancato pluralismo nell’insegnamento universitarioi.
- Il Next Generation EU, pur essendo anche un grande piano di investimenti, è principalmente un grande piano di riforme strutturali. In particolare, sono le riforme previste dal PNRR che possono spingere la crescita futura e, per tale via, tentare di rendere sostenibile e “resiliente” nel medio-lungo periodo il debito pubblico italiano. Per tale ragione, secondo alcuni esperti appare pressoché impossibile che l’UE accordi all’Italia la possibilità di modificare il PNRR nella parte delle riforme, laddove queste ultime venissero eliminate o anche attenuate nella loro portata (L.Bartolucci, 2022).
Al momento è difficile prevedere se, da parte europea, sarebbero più facilmente accolte eventuali richieste di ridurre la portata dei progetti oppure di eliminarne alcuni per renderne possibili altri ma, ancor di più, immaginare quali saranno le prime decisioni della destra al governo.
Concludendo, la risposta - in relazione alla domanda iniziale - al momento attuale, non può che rimanere aperta. Al tempo stesso, ciò non esclude la necessità, persino l’impellenza, di intervenire nella realtà in trasformazione, per governare processi che se lasciati privi di orientamenti propri di uno stato di diritto, rischiano di determinare degenerazioni della democrazia.