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Pauline Batista, l'artista brasiliana che indaga il rapporto tra gli esseri umani e le macchine, ha sostenuto che: "Alexa e Siri sono le donne 'serve' che non vogliamo". Difficile darle torto,  altrimenti perchè non realizzare un assistente vocale con un nome e una voce maschili, tipo appunto Sisifo o Atlante che in quanto a fatiche e a portare pesi per conto di qualcun'altro avrebbero qualcosa da raccontare?

Ad Artissima, la principale fiera d’arte contemporanea in Italia che si è conclusa da pochi giorni, tra i tanti stand del padiglione Oval a Torino, c'era Pauline Batista, artista multimediale brasiliana con studio a Londra. Alla fiera d'arte contemporanea ha presentato il suo progetto "Ora l'algoritmo la visiterà" che indaga sul rapporto tra gli esseri umani e tecnologia, non solo in ambito medico-sanitario ma in senso lato su tutto quelle sfere umane ormai contaminate dalla tecnica: "Il corpo umano è visto oggi come una macchina - racconta Pauline -. Abbiamo dati che ci dicono quanto produciamo e come produciamo, quanto rusciamo a ottimizzare le nostre vite e i nostri tempi; addirittura di quanti passi facciamo durante il giorno".

Nell'opera fotografica tre donne vengono visitate da una macchina, ma non subiscono passivamente l'esame, come tiene a sottolineare l'artista: "Sono donne forti in un tempo in cui troppo spesso tendiamo ad associare le macchine a nomi femminili come Alexa o Siri, e tendiamo a vedere le donne come delle serve".

Un'altra donna, alcuni anni fa, nel suo "Siri Alexa Cortana e le altre ragazze del Cloud", era arrivata ad analoghe conclusioni. Linda Liguori da oltre vent’anni - dopo aver studiato filosofia ad indirizzo psicologico con una tesi incentrata sugli aspetti simbolici ed analogici della comunicazione pubblicitaria che l'ha portata ad approfondire anche le valenze semiotiche del naming e gli aspetti che stanno alla base della scelta del nome - si occupa di brand naming.  

"Le tre assistenti digitali citate nel titolo - racconta Liguori - sono femmine, mentre per Google Assistant possiamo rimanere ancora sul vago, ma sono portata a considerare anche quest’ultima al femminile. Si tratta di assistenti vocali, software, piattaforme, interfacce di comunicazione che hanno una voce virata al femminile, il cui fine è di aiutare a risolvere quesiti e problemi quotidiani, facilitando la vita e la connessione tra umani e ambiente.

Siri nasce come nome femminile migrando direttamente dalla tradizione norvegese; è un diminutivo di Sigrid che deriva dall’antico norvegese sigr che significa “vittoria” combinato con fríðr che significa “bella” ed assume il significato di “bella donna che ti conduce alla vittoria”.(...)  in Apple sono stati bravi a trasformarlo in un  acronimo – acrostico inverso, rafforzandone il valore: Speech Interpretation and Recognition Interface.

Il paese in cui il nome Alexa è più comune è l'America e precisamente gli Stati Uniti, dove è nata l'azienda Amazon che commercia il prodotto "basato su cloud ed è l’intelligenza che alimenta Amazon Echo e altri dispositivi e altoparlanti. Consente di riprodurre musica, leggere le ultime notizie, rispondere a domande, controllare dispositivi (..). C'è chi sostiene che il suo nome rimandi alla Biblioteca di Alessandria (Library of Alexandria, in inglese), il luogo in cui nell'antichità si riteneva preservata e fruibile l'intera conoscenza umana.

Immagine CortanaCortana è software sviluppato da Microsoft per Windows e Android ed è anche "il nome che -  precisa Liguori  - mi risulta più sgradevole. In italiano il suffisso –ana è presente in molti nomi femminili (Silvana, Giuliana …) e non è negativo di per sé. Ma nella combinazione con la T e quindi –tana, con la sillaba iniziale cort- che non apre orizzonti, e in generale con una fonetica globale per nulla eufonica, rende il nome poco memorabile e significativo. (..) Cortana è un personaggio femminile della serie di videogiochi “sparatutto in prima persona” Halo; si tratta di un sistema di Intelligenza Artificiale rappresentato da una ragazza con la pelle e i capelli viola, sempre nuda. Ho detto tutto. (..).

Per la Redazione - Serena Moriondo