La bicicletta non scomodo intralcio alla circolazione, ma parte della soluzione per avere città più vivibili e per una mobilità realmente sostenibile. Accompagnati dallo slogan “BASTA MORTI IN STRADA, BASTA MORTI IN BICI”, diverse associazioni, quali Legambiente e ASviS, testate La Nuova Ecologia e BikeItalia, insieme a molte altre hanno dato vita ad un presidio davanti al ministero dei trasporti, per chiedere una viabilità più sicura e a misura di persone, perché non è ammissibile – sottolineano le 15 sigle – accettare il tributo quotidiano di morti e feriti su strada, la quale rappresenta la prima causa di decesso tra i giovani in Italia e un pericolo per utenti vulnerabili come i ciclisti. Un bollettino, quello dei morti e dei feriti su strada, che negli ultimi tempi ha registrato un sensibile aumento, come raccontano i dati e le storie più recenti.
Nel 2021 in Italia si è registrata una media giornaliera di 561 feriti e 7,9 vittime in incidenti stradali, con un costo sociale pari a 16,4 miliardi di euro, lo 0,9% del PIL nazionale, secondo dati ACI-ISTAT 2021. La fascia più colpita dai decessi è risultata quella dei 20-24 anni. Quasi il 10% degli incidenti, lo scorso anno, ha riguardato i ciclisti: sono 220 quelli che hanno perso la vita nel 2021. E non è andata meglio, nel complesso, durante i primi sei mesi del 2022 che hanno visto un incremento del numero di incidenti stradali con lesioni a persone (81.437) pari al +24,7%, rispetto allo stesso periodo di riferimento del 2021. Tra le prime cause dei sinistri stradali, figurano velocità, distrazione e mancato rispetto delle regole stradali da parte dei conducenti degli autoveicoli.
“È ora di chiedere impegni concreti a Governo e Parlamento per fermare la strage che in questi giorni continua a colpire tanti utenti in bicicletta. Nel nome di Davide Rebellin, di Manuel Lorenzo Ntube e delle altre centinaia di vittime in bici di questi anni, abbiamo indetto il presidio di oggi, per chiedere città a 30 km/h, più fondi per le ciclabili, subito la legge sulla distanza di sorpasso a 1,5 metri e politiche orientate alla Vision Zero che permettano di dare spazio e sicurezza alle persone prima che alle auto, azzerando le vittime degli incidenti. Chiediamo, inoltre, il ripristino immediato dei finanziamenti alle ciclovie, cassati nella nota integrativa alla Legge di bilancio 2023”, dichiarano le sigle aderenti alla manifestazione.
Per gli anni 2023 e 2024 erano infatti previsti due finanziamenti da 47 milioni di euro (per un totale di 94 milioni) che oggi presentano la voce «definanziamento» e azzerano il «Fondo della ciclabilità» istituito dal governo Conte II nel 2019, in cui si prevedeva lo stanziamento di 141 milioni per il triennio 2022-2024 (47 all’anno) per la «realizzazione di zone a 30 km/h, corsie ciclabili, case avanzate e aree di sosta per biciclette».
Le associazioni parte della coalizione ricordano al MIT di avere firmato a luglio il Manifesto “Per Città 30 e strade sicure e vitali”, insieme all’ONU, all’ANCI e all’ACI, per dare priorità a tre punti urgenti: perseguire il modello delle “Città 30”, realizzando delle living streets; fare applicare il rispetto delle norme, attraverso la tecnologia e il nudging; prevedere una legge per l’assistenza alle vittime di violenza stradale.
Le Associazioni chiedono di costruire una nuova “visione” di convivenza civile attraverso cui guardare allo sviluppo come fattore di crescita che non minacci e distrugga l’ambiente, che dia pari opportunità ai cittadini e alle generazioni, centralità alla pedonalità e alla ciclabilità (anche nel Codice della Strada), e non più alla motorizzazione privata, vera causa dell’incidentalità non compatibile con la crisi climatica.
L’Italia investe nell’auto privata 100 volte più che nella bici. È il momento di invertire la rottaL’eccessivo tasso di motorizzazione in Italia, del resto, costituisce uno degli elementi più problematici per le città e distingue sfavorevolmente il nostro Paese nel panorama internazionale: se nelle città italiane il tasso di motorizzazione supera in alcuni casi le 70 auto per 100 abitanti (è il caso di Roma), le grandi capitali europee hanno tutte tassi di motorizzazione inferiori alle 30 auto per 100 abitanti, tra queste Londra, Parigi, Amsterdam, Berlino, ma anche Lubiana e Tallin. Mentre, nel 2021, il tasso medio di motorizzazione dei Comuni capoluogo italiani si attestava sulle 65 auto ogni 100 abitanti, pertanto occorrono politiche che disincentivino sia l’acquisto che l’uso di automobili. L’Italia, invece, investe 100 volte di più sull’auto che sulla bici, come emerge dal report Non è un Paese per bici, pubblicato lo scorso novembre da Clean Cities, FIAB, Kyoto Club, Legambiente che hanno anche lanciato una petizione a Governo e Parlamento per chiedere di colmare il gap con le grandi città europee (Fonte: Legambiente).
Lo stesso sindacato CGIL, da tempo, denuncia il fatto che nel nostro Paese vi sono molte strade ad alto rischio per i lavoratori sia per l’intensità di traffico, che per la ristrettezza delle carreggiate, l’esiguità delle corsie d’emergenza, la mancanza di piste ciclabili e la scarsa manutenzione. Senza contare che molte strade sono ormai insufficienti e obsolete. A peggiorare la questione gli elevati ritmi di lavoro che aumentano i già alti rischi sui quali servirebbero più ispezioni nelle aziende e maggiori verifiche sui contratti di lavoro applicati, pensiamo ad esempio alla moltitudine di rider, ciclofattorini in larga maggioranza giovani, una categoria di lavoratori divenuti ormai essenziali, che lavorano in condizioni di scarsa salute e sicurezza.
Per la Redazione - Serena Moriondo