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Katiusce Eroea cura di Katiuscia Eroe - responsabile energia Legambiente

Finalmente in chiusura l’iter burocratico sulle Comunità Energetiche Rinnovabili, questa straordinaria occasione per territori, famiglie, imprese, amministrazioni e enti del terzo settore di ridurre i costi in bolletta condividendo energia pulita autoprodotta portando benefici e innovazione. Dopo complessivi 9 mesi di ritardo, dopo quelle sul Regolamento di Arera lo scorso 29 settembre, chiuse anche le consultazioni sulla proposta di incentivi fatta dal MASE. Ora non resta che attendere la pubblicazione delle due norme nella speranza che queste tengano dentro tutte le azioni necessarie a risolvere le tante criticità che i due anni di sperimentazione sulle cabine secondarie hanno messo in luce e da cui dipenderà la vera capacità delle CER di poter esprimere tutto il loro potenziale.

Tra quelle più rilevanti quella che riguarda gli aventi diritto agli incentivi. Secondo la proposta del MASE, infatti, avranno accesso al sistema incentivante solo gli impianti i cui lavori sono stati avviati dopo la data di pubblicazione del decreto incentivante. Un particolare che rischia di mettere in crisi tutte le Comunità energetiche che hanno iniziato i lavori a seguito del Decreto 199/2021 in cui veniva specificato che l’accesso agli incentivi valeva per tutti gli impianti entrati in esercizio dopo la sua pubblicazione. Una scelta sbagliata da parte del Ministero, giustificata dalla risposta della Commissione Europea che pone ragioni legate alla normativa sugli Aiuti di Stato. Un tema su cui è necessario trovare una soluzione per tutti gli impianti, compresi quelli fino a 200 kW su cui non è accettabile un trattamento diverso.

Sono tantissime, infatti, le realtà in movimento nella creazione di grandi e piccole comunità energetiche, alcune delle quali anche solidali, anche grazie agli strumenti introdotti da Regioni, Comuni e bandi, come PNRR e Aree del Sisma del Centro Italia che dovrebbero essere supportate anche attraverso un sistema incentivante equo e un regolamento aperto alle occasioni di sviluppo in grado di rispondere alle diverse necessità. Tra queste l’individuazione di specifici incentivi per l’energia termica senza i quali le CER termiche ferme al palo. Ma anche la tariffa, flat, del premio per l’energia condivisa. Infatti, considerando il potenziale di sviluppo delle CER con tutte le fonti pulite, ma anche queste hanno costi di investimento diversi sia in base alla tecnologia che alla potenza installata, è opportuno individuare tariffe incentivanti differenziate sulla base sia della fonte utilizzata che della taglia dell’impianto. L’attuale proposta di tariffa uguale per tutti penalizza non solo le fonti rinnovabili più costose ma anche la possibilità di progettare CER valorizzando le risorse energetiche tipiche di ciascun territorio. Oggi, vedendo le numerose realtà costituite e costituende, vi è tanto la necessità di far funzionare le grandi comunità energetiche quanto – e forse ancora di più – quelle di dimensioni ridotte, con impianti al di sotto dei 200 kW.

Da esperienze come quelle di Ferla nasce la necessità di superare il vincolo della cabina primaria non solo per le Piccole Isole ma anche per i Piccoli Comuni, per le Comunità Montane e Unioni di Comuni in linea con i fattori di correzioni di prossimità introdotti da Arera. Un tema importante e che riguarda molti piccoli ambiti territoriali di forte matrice identitaria e comunitaria spesso serviti da due o più cabine primarie e che sarebbero penalizzati dall’obbligatorietà a realizzare più comunità energetiche. Un limite che andrebbe superato anche per le comunità energetiche rinnovabili in centri storici o in siti a particolare tutela (es. UNESCO) dove non è in alcun modo consentita l’installazione di impianti da rinnovabili e il cui perimetro della cabina primaria coincide con la stessa area tutelata.

Tra i temi più discussi senz’altro la soglia del 70% dell’energia condivisa, sotta la quale avviene il ritiro obbligatorio da parte del GSE a 80 euro a MWh, mentre se pari o superiore è prevista la libera vendita sul mercato. Un parametro importante che mira a mantenere inalterata la natura stessa delle comunità energetiche, la cui attività prevalente deve essere quella della condivisione dell’energia attraverso cui contribuire allo sviluppo delle comunità locali in termini ambientali, economici, sociali trasformando il consumatore da player passivo ad attivo. Realtà che si fondano sul concetto di produzione e consumo di energia rinnovabile a "km 0", quest'ultimo finalizzato anche ad alleggerire la rete di distribuzione già sottoposta a stress. Diminuendo od eliminando la soglia percentuale sull'energia condivisa ed aumentando contemporaneamente il tetto di vendita ad un valore maggiore rispetto alla tariffa premio, è evidente si rischia non solo di intaccare i possibili benefici che le CER possono portare, ma anche di tradire il concetto stesso di comunità per come definito dalla normativa stessa.

Tre dimenticanze importanti sono quelle che riguardano gli accumuli, tecnologia fondamentale per migliorare la programmabilità delle rinnovabili e massimizzare i benefici. La compatibilità della tariffa premio con contributi a fondo perduto derivanti da bandi europei, PNRR, Bando Sisma, bandi nazionali e regionali, anche specificamente diretti verso impianti di proprietà comunale, e detrazioni fiscali (110%, 50%). E come prevede lo stesso decreto 199 l’incentivo o il fattore di correzione per l’energia condivisa prodotta da impianto solari fotovoltaici realizzati in sostituzione dell’amianto.

 Ulteriori sforzi che dovrebbero essere fatto dal nuovo decreti incentivi dovrebbero essere legati all’inserimento di correttivi per le soluzioni tecnologiche che consentono lo sviluppo di impianti nei centri storici o nelle aree vincolate, come gli impianti colorati o i “coppi fotovoltaici”, che richiedono costi maggiori di installazione a fronte di minori rese di produzione. Ma corretti anche per quelle CER esclusivamente dedicate a portare benefici sociali e ambientali nei territori. Si pensi al ruolo che il settore no profit, ma anche Fondazioni, Amministrazioni pubbliche, soggetti religiosi stanno già svolgendo e potranno svolgere nello sviluppo di Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali dedicate esclusivamente al recupero sociale e ambientale dei territori. Correttivi che potrebbero essere aggiunti, proprio per massimizzare i benefici, sulla base di una classificazione delle aree urbane che tenga conto del livello di conservazione degli immobili, assegnando un premio progressivamente più alto all’aumentare del livello di degrado, così da sostenere quei progetti che mirano prioritariamente a migliorare la qualità abitativa e dei territori in quei contesti, generalmente di periferia, in stato di trascuratezza o abbandono e dove spesso insiste anche una mancanza di servizi.