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FOTO Alessandro Imbriaco dalla serie Roma 2018 21. Courtesy lautore 5A me invece Roma piace moltissimo: una specie di giungla, tiepida, tranquilla, dove ci si può nascondere bene”. Sono le parole di Marcello Mastroianni nel film "La dolce vita" di Fellini.

Roma la vivo a piedi. Sono ormai diversi anni che non uso la macchina. Mi piace perlustrarla, osservarla, guardarla nei più piccoli particolari. A volte evitando la visione totale, che è una vertigine assoluta. In questo vagabondare, con o senza meta, mi trovo spesso a studiare il ruolo degli elementi vegetali (e animali), in relazione con il costruito.
Marcello parla di giungla in senso figurato, io inizio a pensare invece che lo sia davvero. Una giungla, specie di questi tempi in cui termini come boschi, foreste o giungle urbane sembrano parole d’ordine a volte vuote di significato. E invece Roma è selvaggia davvero. La città è sempre sul punto di implodere, collassare su stessa, diventare una immensa trappola di complessità, e nel mentre la natura si fa spazio, si riprende il suo ruolo, invade e mangia lo spazio artificiale. Gioca e ci provoca.
Una natura a volte spaventosa, se non altro spaesante. Densa di stupore. Eppure non se ne parla mai."

Foto 2 Alessandro Imbriaco dalla serie Roma 2018 21. Courtesy lautore 3Attraverso gli scatti di Alessandro Imbriaco - ingegnere per formazione che dal 2008 lavora come fotografo interessandosi prevalentemente agli insediamenti urbani e ai diversi modi di abitare - scopriamo una città, Roma, che sa essere selvaggia, nel bene e nel male. (Fonte: Artribune)

"Quante cose si possono comprendere di questa città-territorio, a partire da alcuni dati semplici e diretti: di 129mila ettari di estensione, 86mila sono aree verdi, tra giardini, parchi pubblici, ville storiche, riserve naturali, aree archeologiche e agricole. Con un indice incredibile di biodiversità. Roma è abitata non solo da noi, ma da specie vegetali e animali spesso nascoste, invisibili, in continuità e coesistenza. Alcune straordinarie e sconosciute anche agli stessi romani, come la colonia di granchi di fiume che da un tempo imprecisato – presumibilmente dall’antichità – vive indisturbata tra le acque che scorrono sotto la zona archeologica dei Fori Imperiali, tra i Mercati Traianei e la Basilica Ulpia.
Basta sapere aspettare ed esercitare lo sguardo. Ovunque vi troviate, fate questo esercizio. Vedrete un’altra città.

Foto 3 Alessandro Imbriaco dalla serie Roma 2018 21. Courtesy lautore dettaglio 1068x745Spesso mi fermo a guardare le Mura Aureliane, ammantate da varie specie di piante, come quella del cappero che si moltiplica, una superfetazione organica, quasi una seconda architettura aggettante. Un processo di metamorfosi e coesistenza che maschera l’elemento architettonico, lo trasforma, offrendo a Roma un tempo nuovo dove natura e cultura smettono di separarsi.
Come accadeva alla fine del Settecento, prima delle grandi campagne di scavi e restauri ottocenteschi. A chi veniva in quel periodo, il Colosseo si mostrava come un grande giardino, con orti, alberi di fico, olmi, ciliegi, olivi, e una grande varietà di piante che cresceva sull’intera struttura, con l’arena occupata da pecore al pascolo. Un ecosistema unico, anche per i molteplici usi nei secoli, in una città da sempre crocevia di culture e popolazioni (..)" 

Per la Redazione - Serena Moriondo