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FOTO POVERTA E RICCHEZZACresce ancora la disuguaglianza globale: dal 2020 l’1% più ricco si è accaparrato quasi il doppio dell’incremento della ricchezza netta globale rispetto alla quota andata al restante 99% della popolazione mondiale. 

Nel biennio pandemico ‘20-‘21 l’1% delle persone più ricche ha, dunque, visto crescere il valore dei propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari, in termini reali, accaparrandosi il 63% dell’incremento complessivo della ricchezza netta globale (42.000 miliardi di dollari), quasi il doppio della quota (37%) andata al 99% più povero della popolazione mondiale.

Battuto dunque il record dell’intero decennio 2012-2021, in cui il top-1% aveva beneficiato di poco più della metà (il 54%) dell’incremento della ricchezza planetaria. Per la prima volta in 25 anni aumentano inoltre simultaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà.

È quanto emerge da "La disuguaglianza non conosce crisi", il nuovo rapporto pubblicato da Oxfam, organizzazione impegnata nella lotta alle disuguaglianze, in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos.

Si legge nel Rapporto:“Mentre la gente comune fa fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i ruggenti anni ’20 del nuovo millennio. – ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – Crisi dopo crisi i molteplici divari si sono acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere e gli squilibri territoriali. Pur a fronte di un 2022 nero sui mercati a non restare scalfito è il destino di chi occupa posizioni sociali apicali, favoriti anche da decenni di tagli alle tasse sui più ricchi, che ne hanno consolidato le posizioni di privilegio. Un sistema fiscale più equo, a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi, è uno degli strumenti di contrasto alle disuguaglianze. Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone”.

Nel ’22, 95 big di cibo e energia hanno raddoppiato i profitti, ma l’84% è andato agli azionisti: nel 2022 la ricchezza dei miliardari nei settori energetico e agro-alimentare è aumentata in concomitanza con la rapida crescita dei profitti delle imprese che controllano: lo scorso anno, 95 aziende, tra i big dell’energia e le multinazionali del cibo, hanno più che raddoppiato i propri profitti rispetto alla media del quadriennio 2018-2021, versando 257 miliardi di dollari (l’84% degli extraprofitti realizzati) a ricchi azionisti. È il caso della dinastia Walton, proprietaria di metà della Walmart, che ha ricevuto dividendi per 8,5 miliardi di dollari nell’ultimo anno; o del miliardario indiano Gautam Adani, azionista di riferimento in molte grandi compagnie energetiche, che in soli sette mesi ha visto la propria ricchezza aumentare di 42 miliardi di dollari (+46%).

Per 1,7 miliardi di lavoratrici e lavoratori l’inflazione supera l’aumento dei salari: allo stesso tempo, almeno 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari e oltre 820 milioni di persone – circa 1 persona su 10 sulla Terra – soffrono la fame. Secondo la Banca Mondiale, stiamo probabilmente assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra. Interi Paesi rischiano la bancarotta e quelli più poveri spendono oggi 4 volte di più per rimborsare i debiti rispetto a quanto destinano per la spesa pubblica in sanità. Tre quarti dei governi del mondo (148 Paesi) stanno inoltre pianificando tagli alla spesa pubblica – anche per la sanità e l’istruzione – per 7.800 miliardi di dollari nel quinquennio 2023-2027.

E, a sostenere che non vi è giustizia sociale anche l'Organizzazione Internazionel del Lavoro: "La frenata dell'economia mondiale rischia di spingere le lavoratrici e i lavoratori del globo verso impieghi di bassa qualità." Questo il senso dell'ultimo rapporto dell'OIL, dal titolo "World Employment and Social Outlook: Trends 2023". Lo studio descrive una pericolosa tendenza in atto: le persone, dinanzi alla recessione, sono portate ad accettare un lavoro di qualità inferiore, con stipendi più bassi, meno stabilità e meno protezione sociale. Tutto ciò determina un'ulteriore accentuazione delle diseguaglianze, già acuite dalla crisi pandemica.

L' agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani con particolare riferimento a quelli riguardanti il lavoro, per il 2023, prevede una crescita dell’occupazione mondiale dell'1%, ovvero meno della metà dell'aumento nel 2022. Sempre secondo le stime, quest'anno la disoccupazione dovrebbe aumentare di circa tre milioni, raggiungendo quota 208 milioni e portando il tasso di disoccupazione mondiale al 5,8%. Lo scenario, spiega il rapporto, è dovuto soprattutto all’offerta di lavoro insufficiente nei Paesi ad alto reddito. Questo segna un cambio di marcia rispetto al calo dei disoccupati tra il 2020 e il 2022, con 16 milioni di disoccupati in più rispetto al 2019. "La qualità del lavoro rimane, dunque, una "grande preoccupazione. Il lavoro dignitoso è essenziale per la realizzazione della giustizia sociale”

Riparte da qui la proposta del Segretario della Cgil, Maurizio Landini, che rilancia il tema dei quattro giorni di lavoro a settimana e quello della formazione continua: "Accanto a un aumento dei salari e alla riduzione della precarietà penso che da un punto di vista strategico la settimana lavorativa di quattro giorni debba diventare uno degli obiettivi del sindacato italiano e non solo, ne discuteremo nel congresso", appuntamento che si terrà che tra il 15 e il 18 marzo a Rimini.

STOP alle disuguaglianze: la petizione di OXFAM

Per la Redazione - Serena Moriondo