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Foto ilustracion del coronavirus e991891d 1280x657The Lancet, autorevole rivista medica fondata nel 1823, il 14 gennaio scorso, in un suo editoriale ci ha ricordato che 3 anni fa, il 5 gennaio 2020, il Dipartimento delle Zoonosi dell’Istituto Nazionale per il Controllo e la Prevenzione delle malattie trasmissibili (Chinese Center for Disease Control and Prevention) annunciò l’isolamento di un nuovo Coronavirus responsabile di un’ondata di malattie respiratorie. Il 30 gennaio l’OMS dichiarò un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale. Nonostante i molti sforzi degli ultimi 3 anni per cercare d’imparare dalla pandemia e nonostante le discussioni sui trattati internazionali per prepararsi alla pandemia, la risposta globale rimane inadeguata e frammentata. Nel 2023, lungi dall’essere alla fine della pandemia (come da molti auspicato e come annunciato negli USA dal Presidente Biden nel settembre dello scorso anno), c’è una nuova, pericolosa fase che richiede un’urgente attenzione.

Lo scorso 7 dicembre, il governo Cinese ha reagito all’ondata di proteste contro la sua politica “zero-Covid”, ponendo fine alla maggior parte delle restrizioni. Ai cinesi con malattia lieve o asintomatica è stato concesso di fare la quarantena a casa, i viaggi non sono stati più limitati da tessere sanitarie elettroniche, i lockdown fortemente ridotti, non più richiesti per intere aree municipali o città e sono stati allentati dopo 5 giorni per i nuovi casi. Inoltre, dall’8 gennaio in poi, le persone hanno potuto viaggiare di nuovo all’estero. L’improvvisa inversione di tendenza ha causato una rapida diffusione dell’infezione in molti milioni di cinesi nel dicembre 2022. Il sistema sanitario è entrato in enormi difficoltà con alti livelli di mortalità tra le persone anziane, anche se i dati ufficiali non hanno registrato queste morti come correlate a COVID 19 perché le autorità cinesi hanno applicato un definizione molto ristretta e bloccato ogni informazione sul numero di infezioni, ricoveri ospedalieri e ricoveri in terapia intensiva.

La sottovariante omicron più preoccupante e da tenere d’occhio è XBB1.5, che si è rapidamente diffusa negli Stati Uniti, dove alla fine di dicembre 2022 interessava il 40,5% dei casi, con un tempo di raddoppio di 1 settimana, secondo i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle malattie. Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico del COVID-19 dell’OMS, l’ha definita la più trasmissibile, con mutazioni nella proteina spike che consentono un legame più stretto con il recettore ACE-2 e ostacolano la risposta immunitaria, anche se finora non ci sono segni che sia causa di una malattia più grave. Piuttosto che sperare nella fine, abbassare la guardia e pensare che il problema sia da qualche altra parte, tutti devono stare all'erta; incoraggiare la massima trasparenza nella segnalazione di casi, ricoveri ospedalieri e decessi; e accelerare la sorveglianza collaborativa dei test delle varianti e delle vaccinazioni.

Gli studi hanno, inoltre,  diomostrato che l’infezione da Sars-CoV-2 può persistere significativamente più a lungo di quanto si pensasse, ma quale sia il ruolo effettivo di questa latente infezione a lungo termine nel quadro clinico della cosiddetta “sindrome del Covid lungo”, resta ancora da esplorare, sia sul piano psicologico sia sul piano fisico. 

Il 5 gennaio 2023, David Spiegelhalter, noto biostatistico inglese, ha commentato con un preoccupato tweet i dati dell’Office for National Statistics (ONS-UK) della penultima settimana del 2022, che riportano un numero di 2.493 decessi in eccesso in Inghilterra e Galles , di cui 429 con-Covid-19, mentre 829 sono quelli attribuiti all’influenza e gli altri sono decessi non-Covid-19. In sostanza, nel Regno Unito si sta registrando un numero di morti in eccesso non più solo attribuibile, come è avvenuto in altri momenti della pandemia, a Covid-19. Le analisi preliminari di questo fenomeno concordano: è in atto crisi del sistema di emergenza e urgenza inglese. In Italia probabilmente si sta vivendo una situazione assai simile, ma in assenza di dati epidemiologici rapidi che permettono di sorvegliare e documentare il fenomeno. 

In questa situazione la crisi del Sistema sanitario in Italia è sentita come incombente da molti operatori e trova soprattutto giustificazione nei limiti operativi e nelle diseguaglianze che già rendevano debole il sistema prima della pandemia e che la situazione pandemica ha fatto deflagrare. Lo scenario è inoltre particolarmente segnato dalle difficili prospettive della situazione economica, occupazionale che sarà evidente nei prossimi anni e che non fanno ritenere che ci sarà facilmente un investimento in sanità pubblica. La mancanza di dati e di una loro interpretazione che aiuti nel comprendere come effettivamente stanno le cose può portare a ipotesi e interventi non mirati, a scarsa consapevolezza dei bisogni, che non sono solo di risorse economiche o professionali.

Secondo il consueto rapporto settimanale dell'Istituto Superiore di Sanità, si registra in diminuzione l’incidenza del contagio in tutte le Regioni e nelle Province Autonome, ma nuovi casi presenti su tutto il territorio nazionale negli ultimi 7 giorni. Rimane contenuto l’impatto sugli ospedali con tassi di occupazione dei posti letto in diminuzione nelle aree mediche e sostanzialmente stabili nelle terapie intensive, ma si ribadisce la necessità di continuare ad adottare le misure comportamentali individuali e collettive per evitare un peggioramento dei valori.Foto pandemia global healthedit presser

Non possiamo dimenticare che, come ha evidenziato anche la recente pubblicazione della Corte dei conti " Referto al parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi regionali"una conseguenza dell’emergenza sanitaria è risultata essere, nel biennio 2020-2021, la difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie non Covid, tra cui la riduzione della partecipazione ai programmi di screening per le più diffuse patologie tumorali, che nel breve-medio termine potrebbero determinare un peggioramento delle condizioni di salute della popolazione (nel 2020, in Italia quasi un cittadino su 10 ha dichiarato di aver rinunciato, per motivi legati a difficoltà di accesso, a visite o accertamenti, pur avendone bisogno, nel 2021 tale percentuale è cresciuta all’11%). La riduzione in volume delle prestazioni sanitarie è stata generalizzata in tutte le Regioni italiane, anche in quelle dove relativamente meno grave è stata la pressione sulle strutture sanitarie e ospedaliere dovuta al Covid-19, e tale dato può essere letto anche come un indicatore, indiretto, della capacità di adattamento e risposta dei servizi regionali al contesto pandemico.

Immagine salute fondamentale dirittoLe stesse osservazioni della Commissione europea sulle criticità del nostro SSN confermano che La situazione del sistema sanitario è complessivamente buona, nonostante una spesa al di sotto della media dell’Unione. Tuttavia, la prestazione di servizi di assistenza sanitaria varia notevolmente da una regione all’altra, con ripercussioni sull’accesso, l’equità e l’efficienza, e potrebbe essere migliorata grazie a una gestione amministrativa più efficiente e al monitoraggio dell’erogazione di livelli standard di servizio."

In questo quadro si sta pian piano delineando uno schieramento nel quale stanno confluendo diverse professioni sanitarie contro l’autonomia differenziata, un fronte comune che, si spera, possa smuovere il confronto pubblico e creare le condizioni per una svolta concreta a favore del nostro sistema sanitario pubblico.

Per la Redazione - Serena Moriondo