Newsletter #7 - 30|04|2021 |
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Ricomponiamoci |
E’ ormai diffusa la consapevolezza che la Pandemia ha rappresentato e rappresenta sia il disvelamento delle fragilità (sanitarie, ambientali, economiche, produttive, sociali) del nostro modello di sviluppo sia un potente fattore di accelerazione.
In particolare la Pandemia ha rappresentato: un’accelerazione nella ulteriore digitalizzazione dei processi produttivi e comunicativi, influenzando tanto la produzione che la domanda; un incentivo alla remotizzazione e domiciliazione di molte fasi lavorative (smart working) rompendo gerarchie, senso collettivo, identità; un incentivo evidente a tenere insieme digitalizzazione, capacità di calcolo (dalla progettazione al ciclo di vita dei beni e servizi) e riconversione/transizione ecologica, soprattutto all’interno di imprese e sistemi più “maturi”. Sono emersi nuovi bisogni (professionali, relazionali, di conciliazione tra tempi di vita e tempo di lavoro, di diritti alla disconnessione e privacy, ecc.), si sono enfatizzate vecchie questioni (dalla qualità dell’abitazione, alla prossimità o meno dei servizi), indicandoci potenzialità e possibili campi di azione, e mettendo in luce due aspetti fondamentali che chiamano in causa direttamente il Sindacato Confederale, agente contrattuale e politico al contempo, per definizione.
Il primo aspetto rimanda all’esigenza di un sistema di regole, poteri e contro poteri, diritti e doveri più avanzato, obbligandoci sia a modificare l’assetto e i contenuti della contrattazione collettiva (nazionale e di secondo livello) sia a rivendicare un nuovo diritto del lavoro (a partire dagli ammortizzatori sociali, dall’incentivo strutturale alla riduzione/redistribuzione di orario alla formazione e ai suoi diversi canali e agenzie, ecc.). Con la consapevolezza che ogni “modello regolatorio” dovrà per definizione essere “flessibile e adattivo” nel tempo (più rapido) e nello spazio (con uno sguardo, come minimo alle tendenze ed interazioni dentro l’Unione Europea). Quindi strutturalmente basato su “regole di cornice”, “riconoscimento esplicito di funzioni”, con un di più di partecipazione e normazione costante da parte dei soggetti direttamente interessati (imprese, lavoratori, organizzazioni sociali, ecc.).
La seconda novità rimanda invece al ruolo dello Stato Promotore (quindi non meramente “regolatore”) cioè ad uno Stato attivo direttamente nella produzione di beni e servizi (non solo sociali) o attraverso la leva finanziaria/di partenariato societario, in tutti quegli ambiti in cui il mercato non è efficiente (per scarsa domanda, per scarsi profitti, perché necessita di investimenti “particolarmente pazienti”) o non è giusto che vi sia (welfare, fattori abilitanti come infrastrutture sociali, risorse a favore dei corpi intermedi come scelta di un modello democratico e pluralista che assume la libertà come valore politico e sociale, ecc.). Più in generale tali tendenze chiamano in causa la “res pubblica” cioè la politica e la rappresentanza: sia quella sociale e sindacale sia quella elettorale e istituzionale, definendo un perimetro di bisogni, soggetti sociali, aspirazioni, conflitti per molti versi inediti e sulle quali può inverarsi il progetto politico di chi punta al cambiamento del modello di sviluppo secondo principi di maggiore giustizia sociale, partecipazione civile, democrazia economica, protagonismo del mondo del lavoro nella definizione del mondo che verrà.
Organizzando forze, interessi, culture.
Per il sindacato, ma soprattutto per il Paese diviene allora fondamentale “ricomporre”. Ricomporre il lavoro, destrutturato da innovazioni tecnologiche e precarietà. Ricomporre i bisogni, in un’ottica amplia, contro i mille corporativismi e separatismi, ma secondo quelli che chiamavano una volta gli “interessi generali”. Ricomporre le città, i tessuti urbani, il territorio.
E allora le priorità sociali ed economiche diventano sempre più priorità “democratiche” perché la ricomposizione può avvenire solo dentro una visione di sistema che liberi la partecipazione. Si ricompone il ciclo produttivo con un di più di partecipazione dei lavoratori nelle scelte aziendali (attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, che vuol dire più che azionariato ai dipendenti, comitati di vigilanza sul modello tedesco), con una serrata lotta al dumping contrattuale (attuazione art. 39 Costituzione e legge per dare validità erga omnes ai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni rappresentative), con un maggior ruolo di tutele che si auto organizzano – anche in forme mutualistiche – nel mercato del lavoro (quindi non solo tutele sul posto di lavoro, ma anche formazione, collocamento, ecc. sulla scorta per esempio di esempi di sindacato nordico), con una maggiore capacità di avviare vertenza dal basso dove tenere insieme lavoro, occupazione, welfare (tutto il tema della rigenerazione urbana, della città dei 15 minuti, dei Piani locali del lavoro che mettano al centro cura della persona e cura del territorio, altro non sono che forme evolute di “contrattazione sociale”).
Un sindacato che prova a fare questo è quindi, per definizione, un sindacato che vive di più contrattazione collettiva, di più vertenze e meno assistenza, organizzando bisogni e stringendo alleanze. E’ - insomma - non una burocrazia ma un “agitatore sociale”, al passo con i tempi e con i cambiamenti. Questo è il senso del sindacato “di strada” per me. Secondo il sempre valido adagio sindacale per cui “i cambiamenti o si governano o si subiscono”. E’ con questa riflessione, che tanto parla anche al lavoro dell’associazione Nuove Ri-Generazione, che auguro a tutte e tutti, buona festa dei lavoratori.
Buon Primo Maggio
Alessandro Genovesi – Segretario Generale Fillea Cgil
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Un primo commento al PNRR |
La premessa del presidente Draghi è molto chiara e netta. Parte da un’analisi lucida dei lunghi ritardi italiani nell’innovazione, negli investimenti, nell’uso della spesa pubblica, nella produttività, nell’occupazione di giovani e donne rispetto agli altri Paesi europei. Poi indica le riforme necessarie (richieste dall’Europa e rinviate da anni), le “linee guida” del PNRR in sintonia con gli indirizzi del Next Generation EU e le risorse che saranno disponibili. È un’impostazione trasparente che va certamente sostenuta per le sue potenzialità innovative non solo sul piano economico ma anche su quello politico e della governance.
Ciò non toglie, anzi, a maggio ragione, conviene indicare subito alcuni vuoti che ancora si percepiscono nel PNRR rispetto ai bisogni-Paese pre e post pandemici.
Primo vuoto, nel PNRR non ci sono gli anziani. Ci sono giustamente i giovani e le donne che devono trovare maggiori occasioni di lavoro ma in un Paese anziano (colpito anche per questo dalla pandemia più di altri) non si può dimenticare quella componente sociale e civile. Fanno bene i sindacati dei pensionati a dire che la promessa di legge sulla non autosufficienza è un passo importante. E certamente lo sviluppo della telemedicina e l’assistenza domiciliare e di prossimità sono indispensabili anche per gli anziani malati cronici. Ma non può essere solo un intervento sulla non-autosufficienza. I non autosufficienti in Italia sono 3 milioni. E gli altri 11?
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Il Presidente
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PERCHE' MOLTI PENSANO CHE UNA CITTA' VITALE DEBBA ASSOMIGLIARE AD UNA METROPOLI?
di Serena Moriondo
In periodici e quotidiani sono presenti, ogni giorno, decine di classifiche: le città più grandi, più popolose, più creative, più smart e puntualmente in cima alla classifica compaiono città che sono delle metropoli (Shanghai, NewYork, Tokyo, Londra, Parigi o che aspirano ad esserlo, come Milano). In comune hanno, soprattutto, un numero consistente di abitanti, un PIL a due cifre e, magari, la sede delle Borse dove si effettuano le transizioni finanziarie, dove a contare sono gli indici, il mercato azionario, le capitalizzazioni che riflettono l’economia mondiale, per cui, in linea teorica, un miglioramento dell’economia equivale ad un incremento del valore dei titoli, per chi li possiede però, cioè una esigua minoranza. In sostanza è opinione pubblica diffusa utilizzare il termine città per definire una località urbana molto popolosa, che domina in campo economico, tecnologico, politico, culturale. Ma al di là dei criteri gerarchico-dimensionali o di tipo funzionale, la città, per esistere, ha davvero necessità di aspirare a diventare una metropoli, cioè la madre di tutte le città (dal greco antico μήτηρ = madre e πόλις = città)?
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SE TI FANNO SENTIRE INVISIBILE, ALLORA SIGNIFICA CHE DEVI URLARE PIU' FORTE
Nell’anno in cui l’Italia guida il G20, è necessario ripartire dai dati per costruire solide basi per il futuro. E i dati sono più che scoraggianti: un’altra generazione di donne dovrà aspettare per raggiungere la parità di genere. A dirlo è l’ultimo Rapporto sul divario di genere globale 2021 World Economic Forum, noto per non essere un covo di femministe.
Il Global Gender Gap Index valuta l'evoluzione dei divari basati sul genere tra quattro dimensioni chiave (partecipazione e opportunità economiche, rendimento scolastico, salute e sopravvivenza ed empowerment politico) e registra i progressi verso la ricomposizione di questi divari nel tempo.
Poiché la pandemia COVID-19 non si è ancora arrestata, i divari preesistenti ne hanno aggravato l’impatto in modo asimmetrico tra donne e uomini, quindi, a questa velocità, ci vorranno 135,6 anni per colmare il divario di genere a livello mondiale, sempre che non succeda qualcos’altro di “inaspettato”, cosa assai probabile in considerazione della scarsa attenzione che abbiamo per il pianeta e la propensione del genere umano verso le distruzioni di massa.
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L'ARTE DI COSTRUIRE CITTA'
Siamo un Paese insofferente alle regole, eppure sono l’architrave della società civile. Le regole sono elementi costitutivi delle Istituzioni, a queste ultime spetta il compito di organizzare e vigilare sui comportamenti sociali in modo che questi possano concorrere nel modo più efficace al bene collettivo, alla salvaguardia dei beni comuni. Non tutte le regole sono buone, alcune sono migliorabili, altre indispensabili. Parlando di rigenerazione urbana non possiamo non pensare alle regole su cui si basa la pianificazione di una città, che, tramite un sistema di relazioni infrastrutturali, spaziali, funzionali e simboliche governano grandi progetti urbani di trasformazione, e che servono ad evitare la frammentazione decisionale, l’attuazione disorganica delle opere, le violazioni ambientali, della qualità e della sicurezza del lavoro, ecc..“Il futuro del paese – scrive l’urbanista Paolo Berdini nel libro “Le città fallite” - passa per il recupero della città pubblica che, sola, è in grado di garantire integrazione sociale e rimettere in moto le energie migliori della società mortificate dalla cultura individualistica che ha trionfato in questi ultimi decenni....”
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PINQuA: PROGRAMMA INNOVATIVO NAZIONALE PER LA QUALITA' DELL'ABITARE
Teniamo aperta una finestra sulle città per vedere quali progetti le Amministrazioi locali hanno scelto per partecipare al bando del "Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare"..
Link: Scheda Città di Taranto
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LA MODA NON E' QUALCOSA CHE ESISTE SOLO NEGLI ABITI ..HA A CHE FARE CON IL NOSTRO MODO DI VIVERE, I NOSTRI VALORI (COCO CHANEL)
Difficile credere che si possa manifestare una forte sensibilizzazione verso i prodotti di abbigliamento con un minor impatto ambientale e sociale ed esserne conseguenti negli acquisti se si ha una scarsa consapevolezza di come viene realizzato un capo di abbigliamento lavorato nei Paesi meno sviluppati. La disponibilità di manodopera a basso costo ha reso Paesi come il Bangladesh il secondo produttore di indumenti al mondo dopo la Cina: con un mercato da 20 miliardi di dollari all’anno, e l'80% delle esportazioni verso l’Unione Europea. Paesi dove lo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori, spesso minori, è un fatto conclamato e più volte denunciato da Sindacati, Organismi di diritto internazionale e ONG, nell'indifferenza dei governanti e dei cittadini dei Paesi più sviluppati. Sotto l'egida delle Nazioni Unite (UN Climate Change), marchi leader della moda, rivenditori, organizzazioni di fornitori e altri ancora, hanno concordato di affrontare collettivamente l'impatto sul clima del settore della moda lungo tutta la filiera produttiva attraverso la sottoscrizione della Carta_dellindustria_della_moda_a_favore_del_clima.pdf. Gli esempi virtuosi non mancano..
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Un posto bello per un momento brutto
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Gerico, la più antica città del mondo (8000 a.C.) era stata edificata in terra cruda. La stessa terra, una sorta di argilla che rende il progetto estremamente sostenibile con un costo contenuto, è stata utilizzata per creare Tecla. Nata per rispondere alle emergenze ambientali e proporre una soluzione sul tema dell'emergenza abitativa, Tecla (ispirata a una delle città invisibili raccontata da Italo Calvino – la città in continua costruzione) è realizzata a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna ed è il risultato della collaborazione fra SOS - School of Sustainability - (Centro di Formazione fondato dall’architetto Mario Cucinella), lo studio Mario Cucinella Architects e la tecnologia di stampa 3D dell’azienda WASP. La composizione della miscela utilizzata per la stampa 3D è pensata per rispondere alle condizioni climatiche locali e il riempimento dell'involucro è ottimizzato applicando tecnologie parametriche per bilanciare la massa termica, l'isolamento e la ventilazione a seconda delle necessità imposte dal clima che la ospiterà. Tecla è il primo modello innovativo di abitazione costruito impiegando simultaneamente due bracci stampanti sincronizzati nell’ambito di una costruzione, il tutto grazie ad un software in grado di ottimizzare i movimenti evitando collisioni e garantendo l’operatività in simultanea. Replicabile e modulare, Tecla, secondo gli ideatori, è una risposta pratica nelle situazioni di emergenza abitativa, come confermano i numeri relativi alla sua costruzione: 200 ore di stampa, 7000 codici macchina (G-code), 350 strati di 12 mm, 150 km di estrusione, 60 metri cubi di materiali naturali per un consumo medio minore di 6 kW. Sarebbe un bel salto di qualità rispetto alle migliaia di container utilizzati, per anni, nelle aree di accoglienza della popolazione colpita dai terremoti che hanno ferito il nostro Paese. La visione che sta alla base di Tecla vuole ripensare alla casa non come oggetto ma come impatto, imparare dalla storia a trattare la materia ed entrare in empatia con il clima. Tecla è, come dicono gli ideatori, un primo modello costruito per dare una risposta durante un’emergenza, “un posto bello per un momento brutto”.
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"Gli autori indagano la relazione tra pandemia e vulnerabilità, i percorsi attuabili per riadattare la città alla mutazione, puntando l’attenzione su scuola e habitat come motori dell’evoluzione. Tutti, in egual misura, devono essere messi nella condizione di interagire con la città: i giovani (il mondo non è però solo dei giovani), gli anziani (con il loro sostanziale diritto ad abbandonare la fretta) i bambini, ... L’obiettivo collettivo è che il vocato benessere sia democratico e rispettoso dell’ambiente. Non accostatevi alla lettura di questo libro se pensate che contenga una ricetta miracolosa per la città. Progettare una 'città buona' è un impegno collettivo"
Alfonso Femia, Paul Ardenne LA CITTA' BUONA. Per un'architettura responsabile, Editore Marsilio, 2021
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"Forse in un futuro potremmo trovarci a vivere in case fluide, capaci di cambiare forma insieme a noi come il guscio di una chiocciola, o in città capaci di disassemblarsi e scomparire per ricostruirsi spontaneamente altrove. Finché queste prospettive fantascientifiche resteranno inaccessibili, possiamo accontentarci di sapere che le nanotecnologie odierne ci forniscono tutti gli strumenti per costruire e studiare sistemi capaci di organizzarsi, riprodursi e modificarsi in autonomia su diverse scale, mostrandoci che è possibile immaginare e progettare attivamente altre forme di vita e nuove menti."
Laura Tripaldi. MENTI PARALLELE. Scoprire l'intelligenza dei materiali, Ed. Effequ, 2020
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"Prendendo ispirazione dalle piante, scienziati e industrie stanno già progettando metodi più efficienti per produrre energia, cibo, movimento e persino per andare alla conquista dello spazio. L'autore oltre a citare Le Corbusier e Wright, svelando i riferimenti vegetali nelle architetture di Nervi, illustrando progetti sperimentali come Warka Water e Jellyfish Barge, ci mostra la strada per essere più umili e rispettosi. Quando dopo l’ennesimo tentativo riusciremo ad autodistruggerci le piante ci sopravvivranno perché non hanno bisogno di tutte le nostre sovrastrutture, sono molto più efficienti e resilienti di noi. Hanno imparato ad ottimizzare l’energia che deriva da due sole cose: sole e acqua."
Stefano Mancuso, PLANT REVOLUTION, Giunti Ed.,2017.
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CITTA' RACCONTATE NEI LIBRI
James Joyce, ULISSE, La nave di Teseo Editore, 2020 (nuova traduzione)
Joyce stesso scrisse: ”Voglio dare un’immagine di Dublino talmente completa ed esatta, che se la città dovesse improvvisamente scomparire dalla faccia della terra, potrebbe essere ricostruita esattamente uguale grazie al mio libro"
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PORRE FINE ALLA FAME, RAGGIUNGERE LA SICUREZZA ALIMENTARE, MIGLIORARE LA NUTRIZIONE E PROMUOVERE UN'AGRICOLTURA SOSTENIBILE
L’obiettivo è inteso a garantire l'accesso ad una alimentazione sana e nutriente a tutti gli individui. Benché i problemi della fame e della sicurezza alimentare si concentrino nei Paesi in via di sviluppo tutti i Paesi del mondo sono coinvolti nell'attuazione di una strategia che persegue il miglioramento degli aspetti quantitativi e qualitativi della nutrizione (inclusa la lotta all'eccesso di peso nei Paesi più sviluppati) e la promozione dell'agricoltura sostenibile, All'attuazione di tale strategia concorrono diversi fattori, considerati essenziali per garantire sia la sicurezza alimentare a una popolazione mondiale in rapida crescita, sia la sostenibilità ambientale della produzione di cibo: dal buon funzionamento del mercato agricolo a un equo accesso alla terra e alla tecnologia, dalle politiche di sostegno allo sviluppo rurale alla conservazione della diversità genetica e animale.
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Nuove Rigenerazioni | via Giovanni Battista Morgagni, 27 | 100161 Roma
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